Militari mandati per fermare la nave
Vendetta del Capitano Salvini sulle ONG l’ispezione sulla Mare Jonio per sbarcare le attrezzature che hanno salvato 2mila persone
Una ispezione ingiustificata durata 10 ore. Mandata dal ministero dei trasporti, furioso per la richiesta di condanna a 6 anni del ministro. Tutto in regola. Ma viene ordinato lo sbarco delle attrezzature di primo soccorso
Cronaca - di Luca Casarini
Le ispezioni previste sulla Mare Jonio, in origine dovevano essere tre: la tecnico-sanitaria, il sistema di comunicazione radio e il verbale dei servizi di bordo. Sono controlli ai quali ogni nave battente bandiera italiana, periodicamente, deve sottoporsi e riguardano aspetti fondamentali della sicurezza della navigazione. La Mare Jonio e il suo equipaggio poi, trattandosi di una nave del soccorso civile in mare, e quindi sottoposta dal governo a “sorveglianza speciale”, di ispezioni ne ha avute così tante, da essere più che preparata. Ma questa volta alle tre ispezioni, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto di Roma, ne ha aggiunta un’altra: “visita occasionale”. E l’ha piazzata lo stesso giorno, cioè il 17 settembre, previsto per le altre tre. Non solo.
In virtù di questa ispezione a 360 gradi, che di solito viene disposta per navi battenti bandiera estera che arrivano in un porto, il Port State Control, la Capitaneria di Porto di Trapani, forse ritenuta “troppo corretta” con la Mare Jonio, è stata completamente bypassata e il comando di tutta l’operazione affidato alla cosiddetta “squadra anti-ong” messa in piedi dal Comando Generale per tentare di bloccare per via amministrativa, le navi del soccorso civile. Questa “occasionale” ispezione che di occasionale, è palese, non ha proprio nulla, non è stata motivata dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Ma basta leggere il nome di chi lo presiede, Matteo Salvini, per avere risposta ad ogni domanda. “Mi scusi Capitano, ma qui c’è scritto che questa ispezione è in base all’articolo 27 del regolamento. Che però dice che si dispone in caso di gravi avarie. Noi non abbiamo avarie…”.
Da bordo, l’ufficiale di navigazione della Mare Jonio fissa quello che comanda la squadra inviata da Roma. Ma non riceve alcuna risposta, perché forse, quella vera non si può dire. Il Capitano di corvetta Andrea Zaffagnini, soprannominato “il killer” nell’ambiente marittimo, va avanti come una macchina da guerra. Il suo passato da bluesman, batterista e cantante, sembra morto e sepolto, sostituito da quello del grigio ma inflessibile burocrate, un “marinaio da ufficio” come dicono vecchi ed irrispettosi lupi di mare. Ma dopo sette ore di controlli, valvola per valvola, certificato per certificato, Zaffagnini non trova niente che non vada. Comincia a preoccuparsi, perché evidentemente la “consegna” ricevuta da Roma è quella di fermare quella nave. Si attacca al telefono, cammina nervosamente avanti e indietro. “E quindi che faccio?”.
Da Roma devono avergli detto che fare. “Ordino lo sbarco immediato dei mezzi di soccorso, di tutto ciò che è correlato al soccorrere persone in mare”. Ora, che un ufficiale della guardia costiera, corpo glorioso della storia di mare del nostro paese, arrivi a dire una cosa del genere, è davvero incredibile. “Ma come? Ci ordinate di non soccorrere? Di togliere tutto ciò che in questi anni ha salvato duemila persone? Ma siete sicuri?”. Evidentemente la “difesa dei confini” si dota di un altro, inedito strumento amministrativo, l’ordine di diminuire e non di incrementare i mezzi di soccorso su una nave, per aggirare meglio convenzioni internazionali e nazionali, che “obbligano” al soccorso in mare, non lo prevedono né come concessione di un ministro, né come optional. La legge del mare, il principio di solidarietà umana, il buon senso: tutto buttato a mare, e senza mezzi di soccorso.