Il ministro interpella il Presidente
Nordio chiede l’aiuto di Mattarella per svuotare le carceri
Nordio si rivolgerà direttamente al presidente della Repubblica sulla nuova legge: Mattarella interpellato sugli istituti detentivi
Politica - di David Romoli
La decisione del guardasigilli Nordio di rivolgersi direttamente al capo dello Stato, dato e non concesso che alle parole seguano i fatti, non è affatto ordinaria amministrazione. È al contrario dirompente. Martedì, subito dopo l’approvazione di un decreto Carceri che non risolve niente e casomai peggiora la situazione con le nuove fattispecie di reato, il ministro ha visto la premier ma senza concludere niente. La posta in gioco è sfoltire la popolazione carceraria nei soli modi possibili: riducendo il numero esorbitante di detenuti in attesa di giudizio agli arresti, finanziando strutture per ospitare quei detenuti che potrebbero usufruire dei domiciliari se disponessero di condizioni adeguate che invece non ci sono e, dunque, in mancanza di strutture pubbliche, restano in galera. L’ostacolo è politico: né la Lega né il partito della premier, FdI, sono disposti ad accettare riforme che contraddirebbero la vocazione securitaria del governo.
Mattarella, in questa situazione, può giocare un ruolo importante. Ieri il presidente ha promulgato il dl Carceri e oggi dovrebbe promulgare, nell’ultimo giorno utile, anche la legge sull’abuso d’ufficio. Il ritardo, ufficialmente, si deve ai molti impegni del presidente nell’ultimo mese, ma è evidente che la decisione di firmare all’ultimo secondo, promulgando invece a strettissimo giro la legge sulle carceri, veicola un monito implicito e molto chiaro, anche se Mattarella, salvo ripensamenti in extremis non accompagnerà con un messaggio la firma sull’abuso d’ufficio. Nel suo ultimo discorso, in occasione della cerimonia del Ventaglio, il presidente ha voluto a tutti i costi inserire il passaggio sulle carceri, quello che più di ogni altro è suonato come critica circostanziata e precisa al governo e non solo come discorso generale, solo implicitamente critico, e ha scelto di adoperare termini molto forti, poco usuali per il suo stile sobrio.
È evidente che una sortita pubblica ancora più specifica del presidente, dopo un summit col ministro della Giustizia avrebbe il suo peso. È vero che il presidente, per scelta molto convinta, rifugge dall’intromettersi direttamente nelle scelte del governo e in materia è sempre stato molto rigido. Ma è anche vero che considera il disastro della situazione carceraria non solo un dossier tra tanti ma una questione di civiltà che riguarda i fondamentali della democrazia in Italia. Ci sono però elementi che pesano anche sul piatto opposto della bilancia. Per la Lega,, ma in realtà anche per Fd’I, la campagna securitaria è essenziale, non solo in termini di propaganda, dal momento che sanno quanto gran parte del loro elettorato questo si aspetti da loro. Ma c’è di più: una politica repressiva fa parte della loro cultura e della loro visione del mondo. Senza contare le spese, argomento al quale in questo momento la pragmatica Meloni è giocoforza particolarmente sensibile. Il finanziamento di strutture sia pubbliche che private costa. È vero che si possono trovare strade per rientrare almeno in buona parte nelle spese, però ci vorrebbero comunque alcuni anni e le tasche del governo sono al verde ora.
Una posizione del Colle anche più esplicita di quella assunta nella cerimonia del Ventaglio ma che rimanesse poi lettera morta, come successe a papa Giovanni Paolo II in occasione del suo “storico”, quanto assolutamente inutile, intervento in Parlamento nel novembre 2002, potrebbe ledere il prestigio stesso del Quirinale e diminuire la sua possibilità di esercitare la moral suasion.
La questione, tuttavia, rinvia a una ambiguità che il governo di destra non sembra in grado neppure di affrontare, figurarsi poi di risolvere: la pretesa di tenere insieme un approccio non solo garantista ma anche liberale, nel senso pieno del termine, e un altro, prevalente, securitario e puramente repressivo. Sono opzioni opposte che sulla carta possono sì essere tenute insieme, ma solo con un’immensa capacità di equilibrio e la disponibilità a fare almeno ogni tanto scelte impopolari agli occhi del proprio stesso elettorato. Doti entrambe di cui questo governo e questa maggioranza non sembrano disporre.