Rapporto Oxfam
Dramma acqua a Gaza: manca il 94% di disponibilità idrica nella Striscia
Gli attacchi israeliani nella Striscia hanno preso di mira e distrutto 5 infrastrutture idriche o sanitarie ogni tre giorni. La popolazione sopravvive al di sotto della soglia minima del fabbisogno giornaliero
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Morire di sete. Una sete indotta. Usata come arma di guerra. Non è il deserto del Sahara. È Gaza. L’inferno in terra dove dall’inizio della guerra la disponibilità d’acqua è crollata del 94% e sono state distrutte 5 strutture idriche e sanitarie ogni 3 giorni: il 26% della popolazione è colpita da gravi malattie, facilmente prevenibili. A Gaza city sono stati distrutti o danneggiati l’88% dei pozzi e il 100% degli impianti di desalinizzazione. Si sopravvive con 4,74 litri d’acqua a persona: meno di un terzo del fabbisogno quotidiano raccomandato in situazioni di emergenza. A Gaza, Israele sta usando la mancanza d’acqua come arma di guerra contro la popolazione, violando apertamente il diritto internazionale. Il taglio delle forniture idriche, la distruzione sistematica di infrastrutture essenziali e il blocco all’ingresso degli aiuti internazionali da parte di Israele, hanno infatti ridotto del 94% la disponibilità d’acqua dentro la Striscia.
È quanto ha denunciato Oxfam pubblicato ieri. Al momento ogni abitante può contare in media su appena 4,74 litri al giorno, ossia meno di un terzo del minimo raccomandato in situazioni di emergenza e al di sotto della quantità che consumiamo ogni volta che tiriamo lo sciacquone del water. L’analisi di Oxfam rivela inoltre che: gli attacchi israeliani hanno danneggiato o distrutto 5 infrastrutture idriche e sanitarie ogni 3 giorni dall’inizio della guerra; la distruzione delle infrastrutture idriche ed elettriche – sommate alle restrizioni all’ingresso di pezzi di ricambio e carburante (ne entra solo un quinto di quanto necessario) – hanno ridotto la produzione d’acqua all’interno della Striscia dell’84%, mentre l’azienda idrica nazionale israeliana Mekorot ha tagliato le forniture del 78%; Israele ha distrutto il 70% di tutte le pompe per lo smaltimento delle acque reflue e il 100% di tutti gli impianti di trattamento, nonché i principali laboratori di analisi della qualità dell’acqua, limitando l’ingresso delle attrezzature di analisi usate da Oxfam; a Gaza City, l’88% dei pozzi e il 100% degli impianti di desalinizzazione dell’acqua sono stati danneggiati o distrutti.
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Rischio genocidio
L’attuale situazione sta generando un’emergenza sanitaria, che si aggrava di giorno in giorno. A causa della mancanza di acqua potabile e servizi igienici, ad oggi il 26% della popolazione si ammala gravemente di malattie che sarebbero facilmente prevenibili. «Lo scorso gennaio la Corte Internazionale di Giustizia ha chiesto a Israele di garantire l’ingresso e la distribuzione degli aiuti umanitari, per scongiurare il rischio concreto che a Gaza si compisse un vero e proprio genocidio. – spiega Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Da allora però nulla è cambiato, anzi siamo stati testimoni diretti degli ostacoli che Israele ha posto sistematicamente per rendere impossibile una risposta umanitaria adeguata a salvare la popolazione palestinese».
Meera, membro dello staff di Oxfam a Gaza, racconta: «La vita è stata incredibilmente dura, soprattutto per le donne e le ragazze, a causa del conflitto in corso. Sono mesi che non vediamo scorrere l’acqua dai nostri rubinetti. Camminare per 300 metri solo per riempire uno o due contenitori è una lotta quotidiana. Lo spettacolo più straziante sono le lunghe file di intere famiglie, tra cui bambini e donne anziane, che aspettano di ricevere la poca acqua disponibile. I volti inzuppati di sudore, le schiene piegate sotto il peso delle taniche, sopportano questa estenuante routine due o tre volte al giorno. La pressione e le difficoltà che devono affrontare sono inimmaginabili. Anche se mi considero fortunato perché l’accesso all’acqua è leggermente migliore, è comunque molto limitato. La mancanza di forniture di base come sapone e shampoo per oltre due mesi aggiunge ulteriore sofferenza. Nonostante la mia relativa facilità, provo un profondo dolore per coloro che riescono a malapena ad avere un po’ d’acqua».
L’appello alla comunità internazionale
«Abbiamo assistito all’uso da parte di Israele della fame come arma di guerra, a cui si aggiunge anche l’intenzionale privazione dell’acqua potabile, con conseguenze drammatiche per la popolazione civile. – aggiunge Valentina Bidone, coordinatrice della risposta umanitaria di Oxfam Italia per Gaza – Purtroppo non si tratta di una tattica nuova, il Governo israeliano ha ostacolato la fornitura dell’acqua potabile già per troppi anni, privandone sistematicamente i palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia. Tuttavia, mai si erano raggiunti questi livelli. È perciò cruciale che la comunità internazionale eserciti al più presto ogni pressione diplomatica possibile per proteggere la popolazione di Gaza e risparmiarle ulteriori sofferenze, mettendo in campo un’azione incisiva in grado di tutelare i diritti umani fondamentali, compresi quelli sanciti dalle Convenzioni di Ginevra e sul genocidio». «I miei colleghi e io abbiamo vissuto un incubo in questi nove mesi, ma sentiamo ancora la responsabilità e il dovere di garantire a tutti gli abitanti di Gaza il diritto fondamentale all’acqua. – aggiunge Monther Shoblak, direttore generale della Cmwu, l’azienda idrica della Striscia di Gaza – È stato molto difficile, ma non ci arrendiamo, anche quando vediamo colleghi uccisi da Israele mentre svolgono il loro lavoro.
Oxfam chiede inoltre: un’azione urgente, per arrivare a un cessate il fuoco immediato e permanente; che il Governo di Israele ponga fine all’assedio e rimuova il blocco su Gaza per consentire una risposta umanitaria su larga scala; facendosi carico della ricostruzione delle infrastrutture idriche e igieniche». In questo contesto, inoltre, circa il 96% della popolazione (2,15 milioni di persone) soffre di insicurezza alimentare acuta; di questi, oltre 495 mila sono in condizioni di insicurezza alimentare catastrofica. A incorrere nei rischi maggiori sono donne incinte e bambini: 346mila bambini sotto i 5 anni e 557mila donne soffrono di alti livelli di insicurezza alimentare e hanno bisogno urgente di cibo o di integratori. «Nella Striscia di Gaza la popolazione è allo stremo: alla distruzione causata da nove mesi di conflitto, si aggiunge una grave crisi alimentare e idrica. La mancanza quasi totale di acqua potabile sta generando un’emergenza igienica e sanitaria senza precedenti. Le persone sono costrette a bere acqua contaminata, con gravi danni per la propria salute. I rifiuti e le acque reflue si accumulano ovunque creando un ambiente insopportabile e favorendo la diffusione di malattie. A questo si aggiunge la difficoltà di trovare cibo, le scorte di beni essenziali si sono dimezzate e i prezzi sono alle stelle. Molte famiglie passano intere giornate senza mangiare». L’allarme di Oxfam trova eco in quello della Fondazione Cesvi, presente sul campo con un team emergenza che sta lavorando da mesi per offrire sostegno alla popolazione.
«Stiamo morendo di fame – racconta un abitante della Striscia in coda per riempire dalle cisterne di Cesvi una tanica di acqua – non abbiamo a disposizione nemmeno un boccone di cibo o un sorso d’acqua pulita. La situazione qui è disastrosa perché non c’è acqua potabile adatta al consumo umano, soffriamo di problemi renali a causa dell’acqua inquinata…siamo costretti a bere acqua di mare». «Stiamo morendo giorno dopo giorno, ci sono lunghe file e molto caos per l’acqua che scarseggia – testimonia una donna in coda per avere qualche litro dalle distribuzioni – Ottenere acqua potabile pulita è una delle sfide più difficili che affrontiamo quotidianamente».