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Hamas è spaccato, cosa sta succedendo tra i capi dopo l’attentato fallito a al-Deif

Mentre a Gaza il numero dei morti continua a crescere, è ufficiale che il leader di Hamas, Mohammed al-Deif, obiettivo dell’attacco israeliano al campo profughi al-Mawasi, è ancora vivo. Dopo nove mesi di guerra si cerca di trattare per un cessate il fuoco permanente. Ma le correnti interne al gruppo terroristico che governa la Striscia non hanno una visione comune e le fratture interne aumentano sempre di più. Bibi non sembra volersi arrestare e dall’altra parte i leader di Hamas non riescono a trovare un punto d’incontro per le trattative.

Esteri - di Marco Mancini

16 Luglio 2024 alle 13:30

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Hamas è spaccato, cosa sta succedendo tra i capi dopo l’attentato fallito a al-Deif

A Gaza la guerra, che si trascina con il suo carico orrendo di morti e sofferenze, vive un’impasse causata da gravi divisioni su entrambi i lati del fronte. Sul lato ebraico, Bibi Netanyahu rifiuta ogni trattativa per la liberazione degli ostaggi, causandogli un’ostilità plateale di famiglie e congiunti dei sequestrati, e una corrosione della leadership cui cerca di rimediare con azioni militari che non mutano le stagnanti sorti del conflitto, con buona parte della Gaza sotterranea ancora intatta. Gli attacchi di alcuni giorni fa a Khan Yunis e Mawasi, non hanno ottenuto il risultato auspicato da Netanyahu. Mohammed al-Deif, uno dei capi militari di Hamas, cui le menomazioni fisiche non impediscono di capeggiare dai tunnel e fuori, le Brigate al-Qassam, non è stato eliminato.

L’intelligence israeliana aveva notizie che l’ex insegnante Rafa’a Salameh, da tempo capo militare del battaglione Khan Yunis di Hamas avrebbe dovuto incontrare Sinwar o Deif. Rafa’a Salameh, controllato dall’intelligence israeliana, ha raggiunto in successione lo stesso giorno 3 luoghi diversi senza riscontrare la presenza di nessun capo militare di Hamas. Il comandante del battaglione Khan Yunis è poi arrivato a Mawasi, quarto appuntamento, nei pressi di un piccolo campo profughi; qui l’intelligence e l’Idf hanno riconosciuto circa trenta agenti del controspionaggio di Hamas, componenti la scorta di al-Deif. Pochi minuti dopo l’identificazione del gruppo di Hamas è stato dato l’ordine di bombardare la zona dell’appuntamento. Rafa’a Salameh e nove agenti della scorta di al-Deif sono morti, quest’ultimo ferito.

Complessivamente 120 morti e oltre 300 feriti. Sul lato palestinese, la notizia esplosiva è la rottura tra Yahya Sinwar e Mohammed al-Deif che coinvolge i loro rispettivi sottoposti. Sinwar, che resta il capo supremo di Hamas a Gaza e ne decide la strategia, oggi vuole le trattative con Israele per uno scambio tra i 60-65 ostaggi sopravvissuti e i prigionieri delle carceri del nemico. Il leader terrorista sente la pressione del popolo di Gaza affranto per le perdite e le condizioni durissime di vita, e deluso per la totale assenza di risultati concreti dopo il 7 ottobre. Deif al contrario vuole che si continui la guerra, ritenendo la trattativa un cedimento. Si è al punto che Sinwar e Deif non si comunicano più la localizzazione dei vari gruppi di ostaggi. Per mostrare la propria forza e ribadire il suo carisma, nei giorni scorsi il primo è uscito a Rafah dalla rete dei tunnel per concionare le sue truppe. Ha anche preso l’iniziativa di interpellare il capo politico Ismail Haniyeh, in via di trasloco da Doha a Baghdad, fin qui disprezzato e tenuto fuori dal comando reale, per chiedergli di attivare subito iniziative efficaci per un accordo con Netanyahu.

Il quale non vuole però ripercorrere la strada che portò alla liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit nell’ottobre del 2011, dopo 5 anni di detenzione nei tunnel di Gaza, in cambio del rilascio di 1.027 carcerati palestinesi, tra cui Sinwar. La filosofia di Israele era sempre stata fin qui quella di privilegiare la vita dei propri civili e militari sequestrati, rimandando la resa dei conti al giorno dopo averli messi in salvo. L’opinione pubblica israeliana è convinta, come il sottoscritto, che i gruppi terroristici vadano annientati ma senza sacrificare cinicamente, per incompetenza o prestigio personale, propri connazionali inermi. Il giudizio, che nasce da esperienze decennali sul campo, è che questo sia il momento in cui la diplomazia parallela all’intelligence deve esercitare il suo ruolo per determinare una evoluzione positiva della crisi. Finora nel conflitto in corso non si sono usati canali che ad esempio i servizi segreti italiani possono attivare per consentire una via di uscita allo stallo che ogni giorno provoca vittime e spinge il mondo sui crinali del conflitto globale.

16 Luglio 2024

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