Il caso del 24enne
Cosa sono i riti sciamanici: la disinformazione e il mistero sulla morte di Alex Marangon
La tragica morte di Alex Marangon ha riacceso i pregiudizi sull’utilizzo delle droghe, ma non è con la disinformazione e l’allarmismo che si fa riduzione del danno. Ecco cos’è davvero l’ayahuasca

La tragica sorte di Alex Marangon, il ventiquattrenne trovato morto su un isolotto del Piave dopo aver abbandonato una cerimonia in cui veniva somministrato la “pozione” amazzonica dell’ayahuasca, ha fatto sbizzarrire la stampa italiana nel solito campionario di pregiudizi, malafede, disinformazione e stigma nei confronti dell’infuso visionario. Senza indugio si è puntato immediatamente il dito contro il presunto rituale sciamanico, istantaneamente diventato “satanico”, e più in generale contro gli effetti del cocktail psichedelico. È come se ogni tragedia imputabile al consumo di alcolici venisse presentata così: «Una donna è morta alla guida della sua auto dopo aver travolto due passanti ignorando un semaforo rosso. La ragazza, durante un misterioso baccanale, aveva assunto il temibile distillato di colore rosso (come il sangue), nonché potente droga usata da millenni nei rituali satanisti. Il vino induce forti accessi psicotropi, una parziale narcosi e uno stato alterato euforico pericolosissimo».
Per fortuna non capita di leggere nulla di simile, da un lato perché se l’alcol venisse trattato così non basterebbero le cronache locali a riportare quotidianamente notizie di questo tipo, e più in generale perché non si parla così di sostanze. Non è con disinformazione e allarmismo che si fa riduzione del danno. Nel caso degli psichedelici, in cui per correre meno rischi è fondamentale la cura di set – stato d’animo e predisposizione individuale – e setting – contesto, in senso ampio – al momento dell’assunzione. La corretta informazione può contribuire in modo decisivo a ridurre i rischi. Per approfondire cosa sia l’ayahuasca ci sono libri, come: Ayahuasca. Dall’Amazzonia all’Italia, a cura del “drogologo” Giorgio Samorini (Shake edizioni); Ayahuasca e cura del mondo, dello psichiatra Piero Cipriano (Politi Seganfreddo edizioni); Il senso della natura. Sette sentieri per la Terra del filosofo Paolo Pecere (Sellerio); o se preferite un romanzo La nuova terra di Sebastiano Mauri (Guanda). Informandoci si scopre che l’ayahuasca è un decotto sacro, con una tradizione secolare, in alcuni paesi del Sudamerica riconosciuta addirittura come patrimonio culturale.
Chi ne fa uso cerca un confronto profondo con i lati più nascosti della propria psiche, così come la possibilità di guardare al mondo con occhi nuovi. Informandoci si capisce che con sostanze come queste esistono rischi, legati soprattutto (ma non solo) a quella che potremmo definire una scorretta posologia. L’ayahuasca è un infuso che si ottiene dalla miscela della liana banisteriopsis caapi solitamente con le foglie di psychotria viridis. La caapi contiene armina, un alcaloide capace di prolungare e mantenere l’effetto allucinogeno del Dmt contenuto nella psychotria viridis o nelle piante sue sostitute. Gli alcaloidi della caapi, oltre alla funzione mao-inibitrice, hanno principalmente effetti emetici e purgativi. Ci sono tuttavia diverse ricette e, sebbene sia impossibile morire per gli effetti del Dmt, in determinate condizioni fisiologiche non lo è a causa di mao-inibitori e beta-carboline, soprattutto nei casi di stress cardio-vascolare. Inoltre nel decotto potrebbero esserci anche altre piante, la cui combinazione potrebbe provocare imprevisti.
Fermo restando la proibizione italiana dell’ayahuasca introdotta nel 2022, le domande da farsi in casi come quello di Marangon sono: chi ha preparato il decotto? I partecipanti alla cerimonia erano informati di possibili effetti collaterali? È stato fatto uno screening pre-cerimonia? Erano previste regole di condotta come il divieto di allontanarsi? Gli organizzatori erano in grado di gestire stati psicologici impegnativi o eccessi psicotici? Chi conduce una cerimonia deve saper utilizzare delle strategie nel caso in cui qualcuno abbia effetti sfidanti. Non ci si improvvisa sciamani. Uno dei rischi del decotto è infatti la proliferazione di sedicenti curanderi, l’accesso alle cerimonie a base di ayahuasca, là dove non è parte di un patrimonio secolare, andrebbe regolato per mezzo di informazioni corrette e disposizioni chiare. La proibizione per legge e la cattiva stampa, insieme all’improvvisazione e alle dicerie, non faranno che aumentare i rischi che ogni tanto possano diventare o causare purtroppo tragedie.