La morte del presidente
Raisi non contava più nulla in Iran: è stato il tempo, la meteorologia come killer perfetto
Dal pericolo corso da Raisi a bordo dell’elicottero alle notizie sulla obsolescenza del velivolo diffuse prima dell’ “incidente”: semplice fatalità?
Editoriali - di Marco Mancini
Sono state le turbolenze atmosferiche a far cadere l’elicottero iraniano? Probabile, ma siccome questa è la notizia diffusa dalle fonti ufficiali, conviene mantenere una riserva mentale.
E mostrare l’esistenza di altre turbolenze di vario genere e forza che si sono date convegno in suggestiva coincidenza nei pressi del disgraziato aeromobile.
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Qui metterò in fila, oltre ai tre elicotteri, fatti noti e meno noti che aiutano a vedere un pochino meglio nella nebbia da cui sono state inghiottite le vite del presidente Seyyed Ebrahim Raisi, del ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian, di altri dignitari e dei due piloti.
Esaminiamo la questione per punti. E insisto sulla premessa: fatti, e lascio ai frequentatori di corsi serali di complottismo globale certezze che al momento sono temerarie.
A dire il vero una certezza c’è: non c’è da aspettarsi dalle autorità di Teheran alcun moto di sincerità, che è stata subito soffiata lontano dalle pale dell’apparecchio caduto.
Hanno alternato menzogne e silenzio, in attesa non di elaborare il lutto ma una versione conveniente per evitare di palesare il più possibile la fragilità del regime sciita.
• Il corteo volante aveva salutato Ilham Aliyev, il presidente dell’Azerbaijan, unico alleato nel Caucaso forte e fidato di Israele, che di Baku è il primo fornitore di armi e droni ricevendone in cambio gas.
Un commercio con il compendio di dichiarazioni pubbliche di sostegno reciproco. Non è passato molto tempo da che l’Iran aveva denunciato la supposta esistenza di una base del Mossad in terra azera.
• A quale logica di prudenza e di sicurezza obbedisce la composizione di una delegazione che comprende il numero due del regime, qual è Raisi? Perché esporlo?
• Esiste una intelligence meteorologica? Anche se può far sorridere, qui è di sicuro entrata in gioco. Le nebbie e il maltempo non sono a disposizione di nessun servizio segreto, ma è impossibile che le cattive condizioni atmosferiche non fossero state previste.
Dei tre elicotteri è caduto, trovandosi nelle identiche condizioni degli altri, quello che avrebbe dovuto essere più sicuro e con i piloti che davano maggiori garanzie. I quali mai avrebbero accettato di alzarsi in volo e di prendere una rotta che includesse un rischio e su una macchina imperfetta.
• Di certo i collegamenti tra i tre velivoli era continuo. Ovvio che sia stata comunicata immediatamente la caduta dell’elicottero presidenziale. Perché il silenzio?
• Raisi è di certo un carnefice e capo dei carnefici. Magistrato di punta ha condannato alla forca migliaia di oppositori. È complice delle torture sistematiche praticate nel carcere di Evin.
È stato tra coloro che hanno deciso per mano di spie-killer l’assassinio a Roma (16 marzo 1993) di Mohammad Hossein Naqdi, rappresentante del Consiglio nazionale della resistenza iraniana in Italia (leader del Mek, Mojahedin-e Khalq).
Raisi è stato voluto presidente dell’Iran da Seyyed Ali Khamenei, la guida suprema, i rapporti col quale si erano negli ultimi tempi raggelati, ed era perciò stato esautorato da qualsiasi potere reale.
Era stato ad esempio contrario alla impiccagione di cinque presunti sabotatori iraniani al servizio del Mossad. Magari contava di farsi voler bene da qualcuno: da nessuno, invece.
• Con tutto questo, Raisi se come persona non contava più assolutamente nulla per il regime al quale era persino di peso, e ciò era risaputo da Israele e dai gruppi di opposizione interna, restava comunque un simbolo importante da abbattere.
• Chi ha usato la meteorologia come killer perfetto?
• Di sicuro la sua morte è tra tutte le cattive notizie che potevano essere comunicate all’Imam Khamenei, che ha deciso con Hezbollah e Hamas l’attacco del 7 ottobre, quella che lo ha addolorato di meno.
• Domande. Era stata fatta trapelare sin dal primo pomeriggio di domenica la notizia che l’elicottero era vecchio, che i pezzi di ricambio erano di scarsa qualità. Crederci? Basta non volerli trovare. Ancora. Hanno risorse e tecnologia per fare droni sofisticati da vendere alla Russia.
Eppure Khamenei telefona personalmente a Erdogan per chiedere un drone fabbricato da un cognato del Sultano turco (fino a poco tempo avversario giurato ed ora sodale nel sostegno a Hamas) per ritrovare i rottami e i resti delle vittime.
Perché fanno sapere tutto ciò, non proprio informazioni conformi allo standard di tracotanza che caratterizza l’immagine che vuol dare di sé la Repubblica khomeinista? Riduzione del danno?
• La morte di Raisi è stata salutata dai mujaheddin con giubilo, mentre non è stata enfatizzata in chiave di propaganda accusatoria da Teheran né agitata come monito da Gerusalemme.
Ha un carattere simbolico, accentua la vulnerabilità del regime terrorista iraniano, ma tutto sul terreno procede come prima. La prova. Nei giorni scorsi il Mossad ha “neutralizzato”, sulle colline della Bekaa, Sharhabil-al-Saed, il successore di Saleh-al-Arouri (liquidato a Beirut il 2 gennaio scorso) nel comando degli attacchi di Hezbollah contro Israele.
Ieri sono continuati i lanci di missili contro Eilat da parte degli Hutu succursale di Teheran. Di recente in Oman diplomatici statunitensi si sono incontrati con delegati di Teheran per chiedere loro di attenuare gli attacchi a Israele. È la prima volta che era accaduta una cosa del genere, e comunque è stato un fiasco.
In conclusione. Tecnicamente il meteo ha fatto una riuscita operazione di intelligence. Senza rinunciare alla pietà per i morti, qualunque colpa essi abbiano, non è accaduto (quasi) nulla.
Anche perché sta già accadendo di tutto, nell’impotenza di tutti. E dire che una volta l’Italia avrebbe saputo essere perno di mediazione per la forza della sua presenza di intelligence. E forse potrebbe ancora esserlo.