Alla Corte d'Assise di Roma
Caso Regeni, si riapre il processo anche senza gli imputati per l’omicidio: chi sono gli 007 egiziani accusati
Situazione sbloccata grazie alla Corte Costituzionale: procedimento avviato anche senza la notifica agli agenti accusati. I genitori del ricercatore ucciso al Cairo: “Attendevamo questo momento da 8 anni”. Prossima udienza il 18 marzo
News - di Redazione Web

Senza la notifica agli accusati: accusati di aver prelevato, sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni, il ricercatore friulano sparito e ritrovato a Il Cairo, in Egitto, nel 2016, il corpo seviziato da evidenti torture. Senza la notifica degli atti ai quattro 007 egiziani accusati si riapre comunque il processo sul caso che ha generato enorme attenzione mediatica e crisi nei rapporti diplomatici tra Roma e Il Cairo. Ai quattro agenti dei servizi segreti imputati non sono stati notificati gli atti e il processo era così fermo al palo. La Corte Costituzionale, con una sentenza, ha comunque stabilito che si può procedere.
La prima udienza si è svolta questa mattina alla Corte d’Assise di Roma, presenti i genitori di Regeni. “Oggi è una giornata molto importante”, hanno detto Claudio e Paola Regeni. La prossima udienza è stata fissata per il 18 marzo: i giudici dovranno decidere su alcune richieste della difesa che vorrebbe annullare il procedimento. Le indagini che proseguono dal 2016 sono state a lungo ostacolate se non proprio ostruite, anche tramite depistaggi, dall’atteggiamento non collaborativo delle autorità egiziane. Le autorità italiane non sono mai riuscite a rintracciare gli indagati e a notificare loro gli atti processuali.
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Chi sono gli imputati del processo Regeni
Gli imputati sono membri della National Security: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi, e il maggiore Magdi Sharif. Sono accusati di concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato. A Magdi Ibrahim Abdelal Sharif è contestato anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Lo scorso dicembre il giudice per l’udienza preliminare (gup) di Roma aveva rinviato a giudizio i quattro agenti dei servizi segreti egiziani grazie a una sentenza della Corte Costituzionale che lo scorso settembre aveva deciso che il processo sarebbe potuto cominciare anche senza la notifica degli atti, in deroga alla legge italiana. La Consulta ha deciso che nei casi di tortura, quando lo Stato straniero non collabora, si può tenere comunque il processo, anche senza notifiche. Gli avvocati degli 007 egiziani hanno chiesto di dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio sostenendo che, tra le altre cose, lo Stato italiano non ha giurisdizione per poter procedere.
“Abbiamo chiesto di far sapere all’Egitto che sono cambiati i presupposti – ha spiegato l’avvocato Tranquillino Sarno, difensore di uno dei quattro agenti della sicurezza egiziana imputati – La sentenza della Corte costituzionale dice che anche in mancanza di notifica agli imputati in questo specifico caso il processo si può fare. E visto che la sorte degli imputati dipende da un terzo, ossia lo stato egiziano che non mi risulta un paese tendenzialmente democratico, abbiamo prospettato la questione alla corte”.
Chi era e com’è morto Giulio Regeni
Regeni, dottorando dell’università di Cambridge, nel Regno Unito, aveva 28 anni. Al Cairo si stava occupando di alcune ricerche sui sindacati. Sparì nel nulla il 25 gennaio del 2016, il suo corpo venne ritrovato una settimana dopo lungo una strada alla periferia della capitale egiziana. Sul cadavere i segni di evidenti torture: contusioni, fratture, abrasioni, dita di mani e piedi rotte, bruciature di sigarette, coltellate. Il sospetto emerso fin da subito fu quello di un omicidio motivato politicamente.
Le autorità egiziane negarono qualsiasi coinvolgimento. Furono diversi i tentativi di depistaggio: si parlò di un incidente stradale, di un omicidio nell’ambito di una relazione omosessuale, di un regolamento di conti tra spacciatori di droga. Queste ricostruzioni furono tutte smentite. Il governo del premier Matteo Renzi nel 2016 richiamò l’ambasciatore italiano in Egitto. La Procura di Roma, nel 2020, ha chiuso l’inchiesta decidendo il rinvio a giudizio di quattro agenti dei servizi segreti. I magistrati egiziani annunciarono che non avrebbero collaborato e non fornirono informazioni utili alle indagini delle autorità italiane. Il processo cominciato nell’ottobre del 2021 si era bloccato per la mancata notifica degli atti processuali sbloccata dalla Corte Costituzionale.