L'infinita battaglia

Caso Regeni, crolla il muro: la Consulta prova a piegare l’Egitto

“Sottrarre i propri cittadini alla giurisdizione italiana è antidemocratica”, scrive il giudice Ranazzi

Cronaca - di Umberto De Giovannangeli

1 Giugno 2023 alle 14:30

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Caso Regeni, crolla il muro: la Consulta prova a piegare l’Egitto

Il gup di Roma, accogliendo la richiesta della Procura, ha deciso di inviare alla Consulta gli atti del procedimento sulla morte di Giulio Regeni. Il giudice chiede alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla questione relativa all’assenza degli imputati, i quattro 007 egiziani, per superare la “stasi” del processo. Per il gup di Roma la questione sollevata dalla Procura in tema di assenza degli imputati, è “rilevante e non costituzionalmente infondata”.

“La scelta delle Autorità egiziane di sottrarre i propri cittadini alla Giurisdizione italiana e all’accertamento delle responsabilità, è una scelta anti-democratica, autoritaria – afferma il gup nell’ordinanza con cui ha inviato gli atti alla Consultache di fatto crea in Italia, Paese che si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai cittadini stranieri di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati”. A giudizio quattro 007 accusati della morte di Regeni torturato e ucciso a gennaio 2016 in Egitto.

La procura di Roma aveva sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 420 bis nella parte in cui prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte dell’imputato derivi dalla mancata attivazione della cooperazione dello Stato estero. Ora la questione passa in mano alla Corte Costituzionale. Scrive il gup di Roma Roberto Ranazzi nell’ordinanza: ‘’Di fatto lo Stato egiziano rifiutando di cooperare con le Autorità italiane, sottrae i propri funzionari alla giurisdizione del giudice italiano, creando una situazione di immunità non riconosciuta da alcuna norma dell’ordinamento internazionale, peraltro con riguardo a delitti che violano i diritti fondamentali dell’uomo universalmente riconosciuti.  Tale situazione di immunità determina una inammissibile ‘zona franca’ di impunità per i cittadini-funzionari egiziani nei confronti dei cittadini italiani che abbiano subito in quel Paese dei delitti per i quali è riconosciuta la giurisdizione del giudice italiano in base alle convenzioni internazionali”.

“La scelta delle Autorità egiziane di sottrarre i propri cittadini alla giurisdizione italiana per l’accertamento delle responsabilità in ordine a delitti che ledono i diritti inviolabili dell’uomo, è una scelta anti-democratica, autoritaria – sottolinea il giudice – che di fatto crea in Italia, Paese che si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai cittadini stranieri di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati”.  ‘’La vicenda del ‘processo Regeni’ ha mobilitato pressoché tutte le forze politiche e sociali del nostro Paese e non vi è partito politico o associazione umanitaria, che non si sia espressa nel senso che questo processo ‘deve’ essere celebrato. Perché ripugna al senso comune di giustizia, che un fatto così grave non possa essere oggetto di un processo”, scrive il gup di Roma. “Non vi è processo più ‘ingiusto’ di quello che non si può instaurare per volontà di un’Autorità di governo”, sottolinea il giudice.

“Sotto questo profilo, appare irragionevole e sproporzionata la impossibilità di procedere in assenza quando manchi la cooperazione dello Stato estero di appartenenza o di residenza, perché – sottolinea il gup di Roma – mentre agli imputati è sufficiente sapere che vi è un procedimento a loro carico in Italia per l’omicidio di Giulio Regeni per sottrarsi al processo, al gup si chiede invece di provare la consapevolezza e volontà di sottrarsi non già al procedimento, ma al processo e cioè dimostrare che gli imputati, che si sottraggono al procedimento penale, conoscano anche i capi di imputazione e la vocatio in iudicium”.

“Secondo l’articolo 9 della Convenzione sulla tortura, ‘gli Stati Parte si accordano l’assistenza giudiziaria più vasta possibile in qualsiasi procedimento penale relativo ai reati di cui all’articolo 4, compresa la comunicazione di tutti gli elementi di prova disponibili e necessari ai fini del procedimento’. Tale ultima disposizione della Convenzione non solo è stata ignorata dalle Autorità di Governo e dalle Autorità giudiziarie egiziane, ma è stata ‘osteggiata’ in modo palese”, scrive il giudice. “La violazione della Convenzione internazionale sulla tortura da parte dello Stato egiziano (che ha ratificato il trattato), impedisce allo Stato italiano, a sua volta, di osservare la medesima Convenzione, e cioè di processare i presunti autori del delitto di tortura commesso nei confronti di Giulio Regeni”.

“Siamo tutte e tutti in attesa di sapere se la Corte Costituzionale darà il via libera, anche in contumacia, al processo contro i quattro imputati, tutti militari, egiziani, amici di Al Sisi, accusati di essere sequestratori, torturatori, assassini di Giulio”, ha scritto l’ex presidente della Federazione nazionale della stampa, Beppe Giulietti. I quattro agenti degli apparati di sicurezza egiziani coinvolti sono Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Sono accusati di sequestro di persona, mentre Abdelal Sharif risponde anche di lesioni e concorso nell’omicidio.

“Nella nostra impostazione questa era l’unica possibilità, nel caso in cui la Corte Costituzionale dovesse accogliere la questione che è stata sollevata, per poter celebrare il processo, salvo ipotizzare delle modifiche legislative di cui per la verità al momento non si vede alcuna proposta – ha detto il procuratore di Roma Francesco Lo Voi al termine dell’udienza preliminare in cui il gup ha accolto la richiesta della Procura inviando gli atti alla Consulta – Abbiamo un’ulteriore strada da percorrere rispetto a quelle percorse finora e che purtroppo non hanno portato ad alcun risultato utile perché la situazione di impantanamento è tale che non si riusciva a venirne fuori”.

Nella scorsa udienza, il 3 aprile, la procura di Roma aveva chiesto l’invio degli atti alla Corte Costituzionale per superare la stasi legata alle mancate notifiche ai quattro 007 egiziani imputati. Il procuratore capo, aveva sollevato in aula la questione di costituzionalità legata all’articolo 420 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte di un imputato, derivi dalla mancata cooperazione di uno Stato estero. Giulio venne rapito la sera del 25 gennaio 2016 e il suo cadavere ritrovato dieci giorni dopo, lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria. Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono: prima si parlò di un incidente stradale, poi di una rapina finita male, successivamente si insinuò che fosse finito in un giro di spaccio di droga, di festini gay.

A un mese dalla morte di Giulio alcuni testimoniarono di averlo visto litigare con un vicino che gli aveva giurato morte. Il 24 marzo del 2016 arrivò l’ennesima ricostruzione non credibile e questa volta c’erano di mezzo cinque morti: criminali comuni uccisi in una sparatoria con ufficiali della National Security egiziana, alla periferia del Cairo.

I documenti di Giulio furono trovati quello stesso giorno in casa della sorella del capo della presunta banda e si disse che i cinque erano legati alla morte del giovane. Le verifiche di piazzale Clodio smentirono tutte le bugie del Cairo e chi indaga è convinto che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia ai servizi egiziani dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.

“C’è una speranza in più e speriamo che questa sia la volta definitiva nella quale venga sancito che questo processo si può e si deve fare. Visto che noi diciamo sempre che Giulio ‘fa cose’, ci auguriamo che Giulio possa intervenire anche in una riforma legislativa che consenta di non lasciare impuniti i reati di questa gravità quando gli stati non collaborano”. Così l’avvocata Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, commenta la decisione del gup di Roma.

“Ci auguriamo che il ‘popolo giallo’ e la scorta mediatica continuino a starci vicino con le antenne dritte”, ha aggiunto, riferendo che anche a seguito delle indagini difensive, hanno presentato una denuncia a Roma “‘per intralcio alla giustizia’ perché le nostre telefonate erano palesemente ascoltate”. Silenzio da Palazzo Chigi e dalla Farnesina. Non bisogna “disturbare” il presidente Egiziano Abdel Fatah al-Sisi. Gli affari, per chi governa, valgono più della ricerca della verità e della giustizia per un nostro connazionale rapito, torturato e ucciso in Egitto. Una vergogna italiana.

1 Giugno 2023

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