I casi e le trattative

Da Zaki a Regeni, quali sono le differenze: successo diplomatico e flop giudiziario

Nel 2016, la politica preferì affidarsi alle armi spuntate del processo penale, piuttosto che affrontare a muso duro l’Egitto, importante partner commerciale ed energetico

Editoriali - di Alberto Cisterna

1 Agosto 2023 alle 14:00

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Da Zaki a Regeni, quali sono le differenze: successo diplomatico e flop giudiziario

Il rientro in Italia di Patrick Zaki è un successo della diplomazia italiana. Sarebbe pretestuoso negarlo e i fatti sono tutti allineati a dar conferma dell’abilità del ministero degli Esteri nel venire a capo di una vicenda non facile, perché direttamente riguardante i rapporti tra l’Egitto e un suo cittadino, sia pure ingiustamente tratto a processo per fatti pochi chiari e accuse nebulose.

La mobilitazione è stata lunga, la trattativa sicuramente laboriosa e delicata anche perché il paese nord africano è decisivo per le risorse energetiche dell’Italia e per lo sfruttamento da parte dell’Eni degli enormi giacimenti di gas trovati al largo della costa di competenza de Il Cairo. È del gennaio scorso la notizia che il gruppo Eni e il colosso energetico statunitense Chevron hanno scoperto gas in un giacimento offshore egiziano nel Mediterraneo orientale.

Il pozzo Nargis-1 fa parte del pozzo egiziano di 1.800 km² Nargis Offshore Area, concessione gestita da Chevron, che ne detiene una quota del 45%. Eni detiene una quota del 45%, mentre l’egiziana Tharwa Petroleum Company Sea detiene una quota del 10%. Oddio non sarà un effetto del tanto annunciato “Piano Mattei” del premier Meloni, ma l’Eni come noto costituisce un asset fondamentale della politica estera dell’Italia; o forse è il contrario, ma non importa. La felice conclusione della trattativa per Patrick Zaki rende, tuttavia, ancora più bruciante la sconfitta che segna la triste vicenda dell’assassinio in Egitto del povero Giulio Regeni.

Il processo contro i presunti, e neppure compiutamente identificati e localizzati, mandanti delle torture e dell’eccidio del giovane ricercatore langue tra questioni processuali e dubbi di legittimità costituzionale dopo anni di indagini additate (all’inizio) come la prova della stretta e sincera cooperazione tra i magistrati dei due paesi. Missioni al Cairo, squadre di investigatori, richieste di atti, scambi di informazioni, tutto l’iniziale, propagandato idillio si è arenato a fronte dell’atteggiamento ostruzionistico e di assoluta chiusura delle autorità egiziane. E così, probabilmente, molto probabilmente, quella morte resterà impunita, seppellita dall’impossibilità di svolgere indagini approfondite in una nazione investigativamente ostile e refrattaria come l’Egitto.

Comunque finisca il processo, ora in attesa di un pronunciamento della Corte costituzionale italiana per tentare di venir fuori dalle secche procedurali in cui è purtroppo incappato, è facile prevedere che nessuno risponderà davanti alla giustizia italiana di quell’omicidio. Dopo anni di indagini, a sette anni dalla morte di Regeni – e pur con il lodevole tentativo della Procura di Roma di superare l’impasse sollevando la questione di costituzionalità il maggio scorso – si deve prendere atto di un sostanziale fallimento della via giudiziaria per giungere a un epilogo di verità soddisfacente, prima di tutto per la sua famiglia.

C’è da chiedersi quanto consapevolmente, in quel 2016, la politica abbia preferito affidarsi alle armi spuntate del processo penale, piuttosto che affrontare a muso duro lo scomodo, importante partner commerciale ed energetico. Il caso di Giulio Regeni si consegna come la vivida e tragica rappresentazione di quanto fallace sia l’idea che l’accertamento dei fatti costituisca l’esercizio di un sacerdozio affidato in via esclusiva alle toghe. In un gioco opaco di specchi non si può negare che proprio l’indagine penale, la sua celebrata importanza (memorabili i servizi giornalistici con cortei di auto blindate da una parte e dall’altra del Mediterraneo) abbia offerto all’autorità politica di ogni tempo la possibilità di rimandare la risposta diplomatica ed economica che pur occorreva dare al governo egiziano.

Anche a costo di invocare la solidarietà europea, quella delle Nazioni unite e quella atlantica per scavalcare il muro di gomma eretto dagli egiziani sul caso e per stigmatizzare i plateali tentativi di depistaggio. E non sarebbe stato nulla di esagerato, si badi bene. Nel 2018 il clima diplomatico mondiale era stato surriscaldato per la vicenda dell’ex spia del Kgb Sergej Skripal e di sua figlia, avvelenati con gas nervino a Salisbury, nel Regno Unito. Due cittadini russi, ovviamente. Al sospetto coinvolgimento di Mosca la premier inglese May rispose con l’espulsione di 23 diplomatici russi (il numero più alto dal 1971) che dovettero lasciare la Gran Bretagna nel giro di una settimana.

Poi venne decretata la sospensione di tutti gli incontri bilaterali ad alto livello a partire da quelli con il ministro degli Esteri, Lavrov. E ancora, disposto il boicottaggio dei Mondiali di calcio da parte della famiglia reale e dei ministri del governo inglese. Infine Londra mise in campo una serie di provvedimenti per colpire i patrimoni in Gran Bretagna di uomini d’affari e funzionari russi sospettati di essere coinvolti e il congelamento degli asset della Russia che potevano essere utilizzati per obiettivi ostili.

Londra aveva convocato una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza Onu e aveva raccolto un coro di sostegno dagli alleati, dagli Usa (“solidarietà alla Gran Bretagna), alla Ue («inaccettabile l’uso sul suolo europeo di un agente nervino militare») fino alla Nato («attacco insensato e indiscriminato che mette le vite di civili innocenti a rischio»). Anche l’Italia partecipò alla reazione diplomatica con l’espulsione di due addetti all’ambasciata russa a Roma. Un paese serio, nel rapporto tra Stati, non si rimette alla magistratura e ai suoi tentativi sempre limitati di arrivare alla verità, ma affronta con i mezzi diplomatici di cui dispone le crisi e le aggressioni che subisce; a maggior ragione quando si tratta di inermi e pacifici cittadini.

1 Agosto 2023

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