Il caso dell'ennesima strage
Così sono affogate 61 persone, il mistero dell’allarme bloccato per 4 ore
Perché l’Mrcc di Roma non ha diramato subito, alle 17,30 di giovedì, un ordine di ricerca e soccorso a tutte le navi nell’area del naufragio?
Cronaca - di Angela Nocioni
C’è un buco di quattro ore. Quattro ore durante le quali il Comando centrale delle capitanerie di porto della Guardia costiera avrebbe potuto salvare oltre sessanta persone lasciate affogare il 14 dicembre in mezzo al mare in acque internazionali al largo della Libia. C’erano molti bambini tra gli annegati, non sapremo mai quanti.
Erano le 17,30 quando il Comando centrale (l’Mrcc di Roma, il centro di coordinamento italiano dei salvataggi) ha ricevuto l’avviso di emergenza di Alarm phone con la posizione Gps del gommone sgonfio con oltre 80 persone a bordo in balia di onde altre 2,5 metri in acque internazionali nel Mediterraneo centrale.
Soltanto alle 21,40, secondo quanto risulta ad Alarm Phone, ha allertato i soccorsi ordinando alle navi presenti in zona di andare verso il punto del naufragio. Chissà se la procura di Roma – il Mrcc ha sede a Roma – si occuperà mai della omissione di soccorso che ha portato a questa strage.
Perché quella lunga attesa? Nei soccorsi in mare il tempo è prezioso, perché perdere quattro ore? Il Comando evita di spiegarlo.
Gli abbiamo chiesto via email: “Cosa ha fatto l’Mrcc di Roma quando il 14 dicembre ha saputo del gommone in distess? Con chi ha gestito l’emergenza? Chi ha chiamato? Da chi e quando ha avuto risposta? Si è occupato di chiamare tutti i mezzi nell’area perché intervenissero a soccorso? A che ora l’ha fatto? Vorremmo sapere per favore cosa l’Mrcc ha fatto quando ha avuto la notizia da Alarm phone”.
La risposta, assai elusiva, omette di chiarire la questione fondamentale: gli orari. Eccola: “L’Italian Maritime Rescue Coordination Centre (Mrcc n.d.r.) ha appreso la sera del 14 dicembre della presenza di un’imbarcazione in difficoltà con migranti a bordo, al largo di Sabratha (Libia), in area di responsabilità Sar libica e ha proceduto, per conto della Guardia Costiera Libica, all’invio di un messaggio satellitare a tutte le unità presenti in area che potessero utilmente intervenire in soccorso dell’imbarcazione. Tra queste anche la nave Vos Triton”.
Abbiamo chiesto: “Confermate che l’allarme l’avete lanciato alle 21,40?”. Non hanno più riposto. Forse se glielo chiede un magistrato rispondono. Perché non hanno diramato subito, già alle 17, 30 un allarme Immarsat di ricerca e soccorso a tutte le navi presenti nell’area? Li avrebbero salvati. Quel tratto di Mediterraneo centrale è molto trafficato.
Ci sono mercantili, petroliere, numerosi mezzi che operano a supporto delle piattaforme petrolifere, come la Vos Triton che è intervenuta allertata dall’Mrcc di Roma in tarda serata, quando ormai era troppo tardi. La Vos Triton ha preso a bordo 25 naufraghi e – come ha già fatto nel giugno del 2021 – li ha portati a Tripoli consegnandole ai libici che li hanno rinchiusi nella galera di Tarek al Sika. Un respingimento indiscriminato ed illegale di cui l’Italia è responsabile.
Perché l’Mrcc di Roma che si dovrebbe occupare di coordinare i salvataggi in mare ed è costituto da personale della Guardia costiera, gente di mare che i salvataggi li ha sempre fatti e ne fa ancora tanti, tratta allarmi che riceve per imbarcazioni a rischio naufragio non come operazioni di soccorso da organizzare ma come casi di immigrazione clandestina da contrastare? E lascia in mano ai miliziani libici i naufraghi che secondo la legge del mare dovrebbe proteggere? Per compiacere chi? La Gc risponde al ministero dei Trasporti, diretto da Salvini, e a quello della Difesa, che fa capo a Crosetto.
Perché applicare ad occhi chiusi, senza nessuna considerazione del più elementare buon senso, il decreto Piantedosi che in modo del tutto illegale vieta due salvataggi consecutivi obbligando le navi di soccorso grandi, capienti, attrezzate, ad abbandonare aree in cui sono prevedibili altri naufragi e costringerle a giorni e giorni di navigazione per raggiungere porti nel nord Italia togliendole dal mare dove è immaginabile saranno utili per un intervento di soccorso? Perché lasciare il Mediterraneo centrale ai miliziani libici e ai loro traffici?
“Ci sono persone nella catena di comando lì dentro che hanno venduto lo spirito di corpo della Guardia costiera e pensano che così facendo si spianano la strada a una carriera facile” ci dice un vecchio ammiraglio. E’ da chiarire anche se e quando l’Mrcc il 14 dicembre si è accertato, come prevede la Convenzione di Amburgo, che i libici avessero mandato o no motovedette. Non le hanno mandate.
Non si sono proprio mossi a soccorso. D’altronde non lo fanno mai. Si muovono per pattugliare il mare a caccia di imbarcazioni piene di gente che poi sbattono in lager e torturano. Numerosissimi dossier internazionali lo provano e basta ascoltare qualsiasi testimonianza di chi in quei lager è passato per trovarne conferma.
Perché poi l’Mrcc ha agito, come ci scrive, “per conto dei libici” se la Libia non ha un porto sicuro, non è considerato tale dalle organizzazioni internazionali? L’Mrcc sa che far deportare naufraghi in Libia significa consegnarli a chi li rinchiude in lager.