L'ultima strage

Altri 61 morti in mare grazie alla legge Piantedosi, e la magistratura che fa?

Il Comando delle capitanerie di porto di Roma sapeva dalle 17,30 del 14 dicembre del gommone in distress in acque internazionali. Perché non l’ha soccorso subito?

Cronaca - di Angela Nocioni - 19 Dicembre 2023

CONDIVIDI

Altri 61 morti in mare grazie alla legge Piantedosi, e la magistratura che fa?

C’è stata una strage in mare la sera del 14 dicembre e c’è stata omissione di soccorso. Sono affogate almeno 61 persone, tra cui molti bambini. Dalle 17,30 di quel giorno, molte ore prima del naufragio, il Comando delle capitanerie di porto (l’Mrcc di Roma) sapeva di un gommone stracolmo in balìa delle onde alte due metri e mezzo e non è intervenuto. La magistratura italiana vuole occuparsene?

Non è avvenuto in Libia il naufragio, è avvenuto in acque internazionali. Il Comando generale del Corpo delle capitanerie di Porto della Guardia costiera (Italian maritime rescue cordination center, Mrcc) è stato avvisato alle 17,30 da Alarm Phone che aver ricevuto l’Sos dei naufraghi con le coordinate esatte del gommone.

Dalle 17,30 in poi ha avuto tutto il tempo di organizzare una soccorso ai naufraghi, se l’avesse fatto li avrebbe salvati. Avrebbe potuto ordinare alle navi nell’area di andare a cercarli.

Avrebbe potuto chiedere di invertire la rotta e di fare un secondo salvataggio alla Ocean Viking della ong Sos mediterranée che il 13 dicembre alle 16 ha salvato 26 persone proprio in quello specchio di mare dove poi è avvenuta la strage e alle 18 del 13 ha ricevuto dall’Mrcc di Roma l’ordine di andarsene da lì e di dirigersi con i suoi 26 naufraghi nel porto di Livorno.

Non in qualsiasi porto siciliano, ma a Livorno, a 100 chilometri di distanza in mezzo a un temporale con raffiche forza 9 e onde alte 4 metri di prua lungo la rotta assegnata.

Dopo le 17,30 del 14 dicembre, cioè dopo aver avuto notizia certa dell’emergenza con le coordinate certe del gommone (posizione GPS, N 33°26’57.60 E 012°05’25.80), l’Mrcc di Roma ha avuto comunicazioni sia via email sia per telefono con la Ocean Viking che per ripararsi dal maltempo aveva chiesto prima di avere un porto più vicino (richiesta negata) poi il permesso di mettersi a ridosso nella rada di Sciacca, in Sicilia.

In queste comunicazioni l’Mrcc avrebbe potuto avvisare l’equipaggio che c’era un gommone a rischio naufragio nel mare da cui era stata fatta allontanare. Ci avrebbe messo forse 14 ore la Ocean Viking ad arrivare, forse meno. E’ una nave molto grande, può tenere a bordo molte persone. E’ attrezzata e esperta in salvataggi. Comunque l’Mrcc non ha avvisato l’equipaggio. Ha forse avvisato altri natanti più vicini al punto del naufragio? Non risulta. Gliel’abbiamo chiesto e non ha risposto.

Ricevuto l’allarme di Alarm Phone l’Mrcc di Roma ha preferito fingere si trattasse non di un salvataggio da fare, ma di un caso di contrasto all’immigrazione clandestina da far gestire ai libici, con comodo, come operazione di polizia. I naufraghi, notoriamente, affogano se non soccorsi in tempo.

L’Mrcc di Roma ha aspettato che intervenissero i libici fingendo che la guardia costiera libica sia composta da soccorritori. Notoriamente non lo è, le persone di mare della guardia costiera se ne lamentano sempre e a ragione. Anche i muri all’Mrcc di Roma sanno che i libici non fanno salvataggi, spesso nemmeno rispondono al telefono.

Sanno che la guardia costiera libica non è una guardia costiera, ma un accrocco di varie bande di miliziani e trafficanti spesso in lotta tra loro. Eppure anche stavolta l’Mrcc di Roma ha preferito che intervenissero i miliziani libici. Che, a differenza delle navi di soccorso delle ong, portano i naufraghi nei lager libici, e non in Italia. Tutte le principali organizzazioni internazionali considerano la Libia, per questa ragione, un porto non sicuro. E per questo le navi delle ong si rifiutano di portare in Libia le persone soccorse.

Il naufragio è avvenuto in acque internazionali, in zona Sar libica. Le zone Sar non indicano acque territoriali. Sono grandi rettangoli disegnati da tratti di matita, in cui convenzionalmente, sono state divise le acque internazionali per dare una indicazione di massima su quale Paese può per primo organizzare il salvataggio in mare.

Ma quelle acque sono di tutti. Chiunque, se avvisato di un rischio naufragio, deve intervenire. E deve farlo assolutamente se vede che nessuno interviene. Alarm phone racconta cosa è avvenuto in quelle ore. Alle 17,30 ha avvisato via Italia, Malta, Libia e la nave di salvataggio delle Ong Sea Eye 4 via e-mail e ha “anche cercato di raggiungere la cosiddetta guardia costiera libica. Tuttavia, nonostante molti tentativi, solo alle 17:55 è stato possibile raggiungere un ufficiale libico che, inizialmente, ha suggerito che avrebbero inviato una motovedetta”. Alle 18:00 è stato chiamato di nuovo dai naufraghi che dicevano: Stiamo perdendo la vita qui!.

“Abbiamo anche ricevuto una posizione Gps aggiornata dalla barca – spiega Alarm Phoneabbiamo trasmesso le informazioni ricevute a tutte le autorità via email, ma abbiamo ricevuto solo una risposta da Sea Eye 4, che avvisava di poter arrivare sul posto solo la mattina seguente alle 6:00”.

E i libici? Non si è mosso nessuno, al solito. E “alle 20:44 – racconta sempre Alarm Phone – hanno detto che siccome c’erano le onde alte non avrebbero inviato nessuno”. “Alarm Phone è consapevole, tuttavia, che almeno due mezzi della cosiddetta guardia costiera libica erano in mare durante il giorno. Hanno intercettato almeno 3 barche e hanno costretto la gente a tornare in Libia”.

Soltanto alle 21:40, quando ormai le persone erano spacciate, l’Mrcc di Roma ha ordinato di avvicinarsi alla posizione del gommone strasegnalato ormai da quattro ore alla Vos Triton, una nave di rifornimento di piattaforma petrolifera che in passato, coinvolta in soccorsi, ha sempre portato i naufraghi in Libia contro la loro volontà.

Durante la notte Vos Triton è arrivata sul posto, non si sa ancora cosa sia successo con esattezza. Si sa solo che 25 persone sono state prese a bordo e costrette a tornare in Libia. Le altre, di certo almeno 61 persone forse di più, sono annegate. Frontex, l’agenzia europea che si occupa di pattugliare il mare dal cielo, ha detto di essere stata allertata dall’Mrcc di Roma “nella notte tra il 14 e il 15 dicembre”.

Questo scrive: “All’arrivo sul posto, il nostro aereo ha individuato un gommone parzialmente sgonfio. La maggior parte delle persone sono state trovate in acqua. Erano in grave pericolo a causa delle condizioni meteorologiche avverse, con onde che raggiungevano altezze di 2,5 metri”.

A quel punto Frontex “ha inviato un Mayday Relay (richiesta di soccorso per conto di altri) a tutte le navi vicine e ha informato il centro di coordinamento dei soccorsi libico, nonché i centri di soccorso in Italia, Malta e Tunisia”. Che già sapevano tutto dalle 17,30 del 14 dicembre e non si erano mossi.

Il fatto che l’Mrcc di Roma si sia anche questa volta piegato al decreto Piantedosi – che contro ogni norma internazionale e contro la legge del mare vieta due salvataggi consecutivi – questa volta ha causato una strage.

La logica sempre quella è: non soltanto cercare di tenere lontane le navi delle ong dal Mediterraneo centrale – dove devono poter agire lontano da testimoni i miliziani libici (da inizio anno 15mila deportazioni, 955 morti accertati e 2250 dispersi secondo i dati delle Nazioni Unite) – ma anche costringere chi i soccorsi li fa comunque a sbarcare i naufraghi più lontano possibile con il maggior numero di disagi e di rischi possibili. Pena per chi disobbedisce: fermo amministrativo della nave e multe di decine di migliaia di euro. Un esempio per tutti, solo uno degli ultimi.

La Ocean Viking – che il 10 novembre dopo aver salvato 33 persone in acque internazionali in Sar libica e aver ricevuto l’ordine dall’Mrcc di Roma di sbarcarle tutte al porto di Ortona, ha avuto notizia di altri 34 naufraghi a sole 16 miglia nautiche di distanza da dove si trovava e ha prima cercato invano di mettersi in contatto con i libici come ordinatole dall’Mrcc di Roma e poi si è permessa di andare a salvare quelle 34 persone invece di lasciarle annegare contravvenendo alle norme Piantedosi e rispettando la legge del mare – è stata punita con 20 giorni di fermo e 3.300 euro di multa. Anche questo è il governo Meloni.

19 Dicembre 2023

Condividi l'articolo