Patria e Governo
Da Lampedusa agli Us Open di tennis, passando per Vannacci: solidarietà sociale e impegno civico sono ormai distrutti
La sottile filigrana di carità, solidarietà e valori costituzionali è spezzata. Progetti antagonisti covano dentro una società sempre più intollerante
Editoriali - di Alberto Cisterna
Us Open di tennis, uno spettatore urla la frase nazista «Deutschland Über Alles» e il campione tedesco di origini russe, Alexander Zverev, interrompe la partita e segnala l’episodio all’arbitro che fa espellere l’esaltato dalla sicurezza. Nel profluvio di inutili discussioni sugli hate speech, sulla violenza verbale a sfondo sessuale, politico o razziale questo è un esempio da non dimenticare.
È la dimostrazione che occorrono comportamenti individuali, una sensibilità ben radicata, una cultura dell’attenzione verso l’altro che non si improvvisa, ma che anzi è troppo facile disperdere. Sarebbe sciocco nascondersi che il paese, la società civile sta vedendo scorrere su un orrido crinale la compostezza del proprio linguaggio, la postura del proprio contegno verso gli altri, la misura dei propri ragionamenti, insomma quella che avremmo definito l’antica saggezza popolare.
È come se quella sottile filigrana intrecciata di carità cristiana, di solidarietà sociale, di impegno civico che é stata per decenni la veste riconoscibile della società italiana fosse stata irrimediabilmente dilaniata, fatta a brandelli dai morsi di una modernità subita e mai profondamente condivisa. Non è del tutto così è chiaro. Esempi quotidiani di civismo (se non di eroismo) attestano la salda resistenza di segmenti importanti della popolazione intorno a quel nocciolo duro di valori che, a ben guardare, sono tutti puntualmente fissati nella Costituzione. A Lampedusa la lezione é quotidiana. Tuttavia, il fatto che quel nucleo fondante sia messo in discussione, dal lavoro alla famiglia, dall’accoglienza al ripudio della guerra, e in modo disinvolto da pezzi importanti della politica, se non delle istituzioni, pone un problema immane di tenuta complessiva della società cui occorre apprestare un argine e un rimedio.
Non c’è da essere complottisti, ma sembra evidente l’emergere di visioni e progetti antagonisti che intendono, per un verso, annacquare la base etica e valoriale della società in una generica e indistinta tolleranza (che non ha alcuna legittimazione costituzionale) di stampo anglosassone, per altro, intendono proporre modelli di emarginazione o di irriducibile contrapposizione in nome di una malintesa e forzata “tradizione patriottica” che si intende affermare a ogni costo e a dispetto della modernità. Trovare una sintesi è un’operazione dannatamente complessa e a cui, sia consentito dirlo, la classe dirigente di questo paese è in gran parte impreparata o, addirittura, inadeguata. Ecco che l’operazione mediatico-editoriale del generale Vannacci, militare di alto lignaggio e profilo professionale, non può essere affrontata a colpi di clava proibizionisti o da esaltazioni solidali, ma richiederebbe una composta analisi e una seria discussione.
Le parole ironiche e sferzanti con cui il libro è stato accolto da una parte importante dello schieramento politico o la strisciante condivisione di cui è segno evidente il successo di vendite a poco servono. Non esiste un arbitro che butti fuori dallo stadio lo spettatore scorretto. In una stagione politica che – forse chissà – annuncia l’ennesimo progetto di riforma costituzionale che riguardi la parte “strutturale” dell’assetto repubblicano, la vita quotidiana, i social, la cronaca, i comportamenti sui luoghi di lavoro ci consegnano a lampi la fibrillazione evidente della prima parte della Carta del 1947, la crisi dell’assetto dei valori fondanti l’etica democratica.
Il generale Vannacci, a suo modo e con i suoi evidenti limiti, da militare esperto ha dato fuoco alle polveri intuendo che la scissione e la frattura sul terreno di quei valori sia stata ignorata per troppo tempo e riposta sotto lo zerbino; volutamente dimenticata perché troppo doloroso sarebbe il lavacro che attende la società italiana se quei temi fossero finalmente affrontati con serietà. I peana recitati nelle occasioni pubbliche a elogio della Repubblica e della sua etica sono un vacuo maquillage e non sono certo sufficienti a risaldare i cittadini intorno a quei valori.
Se si vuole evitare il rischio di una pericolosa scissione tra enunciati formali e comportamenti materiali che renderebbe sempre più schizofrenica la vita collettiva si deve prendere atto che una parte non marginale degli italiani la pensa esattamente come il generale Vannacci e mostra la medesima insofferenza. È un problema enorme con cui occorre fare realisticamente i conti, sbarazzandosi della solita retorica; scuola, università, sindacato, chiesa, volontariato sono chiamati a una rifondazione etica del paese ossia a consolidarne l’aggregazione intorno ai valori costituzionali fondanti.
Sia chiaro la pandemia e la guerra e la crisi economica sono eventi che, in rovinosa successione, hanno e stanno profondamente corrodendo il comune sentire dei cittadini. La propaganda bellicista che viola la Costituzione, le campagne vaccinali imposte a colpi di sanzioni, le profonde diseguaglianze sociali, lo sfruttamento del lavoro, l’inesistenza di politiche migratorie e di integrazione corrodono in profondità la società e il problema non sono le idee in libertà di un generale, ma il fatto che tutta la politica si limiti a farne oggetto di un misero tornaconto elettorale.