La polemica
Cosa ha scritto il generale Vannacci, il generale rimosso per il libro ‘Mondo al contrario’
A Vannacci, ieri destituito dal comando, non bastano tre lauree per sapere che la “anormalità”, per lui neutralmente oggettiva, è la causa della discriminazione delle persone omosessuali
Politica - di Iuri Maria Prado
Ha perfettamente ragione il generale Vannacci, quando dice che tanta gente la pensa proprio come lui a proposito di certe “anormalità” (la condizione omosessuale, per esempio) e del lavorìo delle solite lobby per imporre il “pensiero unico” che lui coraggiosamente contraddice. Idem per certe puntatine sul difetto di italicità degli atleti di colore e sugli ebrei che va bene che c’è stata la Shoah, ma non facciamone una cerchia di intoccabili.
Ha ragione: sono convincimenti diffusi. I discorsi del paracadutista sulla famiglia tradizionale, inibita alle infertili coppie omosessuali e giudiziosamente composta nei due lotti della produzione del reddito e dell’accudimento dei figli, ripete il comizio medio del raduno Falily Day e la parlata ricorrente del parlamentare di riferimento. Le divagazioni cui questo militare si abbandona nel lamentare che ormai non si sa più come definire uno con la pelle scura, perché c’è rischio di passare per razzisti, ripropone il canone politico-giornalistico in disappunto perché non può dire pane al pane e vino al vino e cioè che il ladro è uno zingaro e che lo stupratore è un africano.
Il saggista in mostrine che deplora il welfare in equilibrio discriminatorio, con l’immigrato per il quale lo Stato spende più che per il bisognoso nazionale, usa soltanto qualche parola supplementare per mettere in prosa i versi sintetici della poetica xenofoba e sovranista, e cioè “prima gli italiani”. Si tratta insomma della traduzione editoriale di una mozione sociale non solo profonda e diffusa, ma millimetricamente coincidente con il grande e rozzo schema politico-elettorale di una destra per cui quel ciarpame è e continua a essere il punto irriducibile del proprio accreditamento, l’indefettibile mistura di confessionalismo intollerante e nazionalismo antiliberale che tiene insieme gli intendimenti e le disinvolture di governo di una maggioranza altrimenti vacua.
Preoccupa dunque molto poco che un alto ufficiale dell’esercito se ne esca con quegli spropositi: dovrebbe preoccupare abbastanza, invece, che per molti non si tratti in nessun modo di spropositi ma di verità interdette, le cose che il “pensiero unico” fa divieto di pronunciare a pieno detrimento di un’Italia tanto migliore se i ricchioni potessero essere chiamati ricchioni e se fosse finalmente possibile stabilire un’aggravante se lo stupro è commesso da un immigrato.
Il conseguimento di tre lauree (leggo che tante ne ha ottenute) non è bastato a questo Vannacci per sapere che esattamente la “anormalità”, per lui neutramente oggettiva, è stata e continua a essere la causa della discriminazione delle persone omosessuali, o per sapere che proprio il preteso “privilegio” ebraico ha rappresentato la tintura per la redazione delle leggi razziali, o per capire che la graduatoria del bisogno si fa misurando il bisogno, non il grado di melanina. Ma questo è un problema solo suo. È invece un problema di tutti se lui ha ragione quando dice che tanti la pensano come lui. E ha ragione.