Le scelte del governo

Nuovo stop della Corte dei Conti sul Pnrr, si va allo sciopero?

Il governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sul decreto con all’interno l’emendamento che cancella il controllo in fi eri sui lavori da fare

Editoriali - di David Romoli

6 Giugno 2023 alle 11:30

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Nuovo stop della Corte dei Conti sul Pnrr, si va allo sciopero?

Il governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sul dl Pubblica amministrazione, con all’interno l’emendamento che ammutolisce la Corte dei Conti sul Pnrr, e non se ne è stupito proprio nessuno. Era una mossa prevista e annunciata, e non dipende dalla necessità di garantire il passaggio della norma incriminata che, forte dell’appoggio non solo della maggioranza ma anche delle due anime del Terzo Polo, non correva alcun rischio.

Il decreto sarà legge solo oggi, in base al regolamento della Camera che impone 24 ore di pausa dopo la richiesta di fiducia e poi due votazioni distinte, una sulla fiducia stessa e poi quella finale sul provvedimento. Una pausa che tiene alta la tensione, con i magistrati contabili riuniti in assemblea, ma che non inciderà sull’esito dello scontro che si è chiuso di fatto con una inusuale e abbastanza plateale retromarcia della Commissione europea. Dopo aver esplicitato dubbi pesanti sulla scelta di sottrarre alla Corte dei Conti la facoltà di esercitare il “controllo concomitante”, cioè in itinere, sui progetti del Pnrr, la Commissione ha infatti prima assicurato piena fiducia nel sistema dei controlli dell’Italia, poi liquidato l’intera querelle come “un equivoco”.

Per il governo è un punto a favore che controbilancia in parte i segnali di senso opposto: la terza rata del Recovery ancora bloccata dopo oltre tre mesi, la quarta rata, in scadenza a fine giugno, circondata da ombre anche più pesanti. Quei ritardi indicati appunto dalla Corte dei Conti e che il governo, nel merito, non ha mai contestato. Segnali di segno opposto che non offrono certezze sulla vera e decisiva partita in corso tra Roma e Bruxelles, quella su una riscrittura molto radicale del Pnrr, non limitata solo alla cancellazione di alcuni obiettivi ormai chiaramente non raggiungibili e lo spostamento di altri in altri sistemi di finanziamento, come il Fondo di coesione, per spostare di alcuni anni il termine fissato dal Pnrr per la realizzazione piena di tutti gli obiettivi previsti, giugno 2026.

Tutto questo nella trattativa che dovrà concludersi entro il 31 agosto, ma che la commissione spinge per definire prima, naturalmente c’è e la Relazione semestrale sullo stato del Piano inoltrata dal governo alle Camere lo conferma. Ma la proposta italiana è ora più radicale. La ha esposta senza mezzi termini ieri il ministro dello Sviluppo Urso:Il confronto con la Commissione europea è tutto qui, vorremmo utilizzare al meglio le risorse per avere effetti immediati sullo sviluppo economico e sociale. Puntare sulla sostenibilità energetica, la transizione 5.0, la tecnologia verde e digitale”.

Non si tratterebbe più di una “rimodulazione” sia pure “a 360 gradi” ma di una reimpostazione globale. Sembra di capire infatti che al centro del Pnrr non ci sarebbero più le infrastrutture, quelle sulle quali si registrano i ritardi più clamorosi e incolmabili, ma lo sviluppo energetico e la transizione ecologica accelerata di cui ha parlato apertamente ieri il ministro dell’Ambiente Pichetto-Fratin ponendo l’obiettivo di arrivare entro il 2030 a un consumo energetico prodotto per due terzi dalle rinnovabili e solo per un terzo dai fossili, proprozione inversa a quella attuale.

I fondi non spesi, o non spendibili, del Pnrr, verrebbero dirottati sul RePowerEu, che vedrebbe così gonfiarsi come un fiume in piena i propri fondi, attualmente di 2,7 mld. La gestione delle risorse passerebbe così, tra l’altro, nelle mani delle grandi partecipate come Terna, Eni ed Enel, che offrono maggiori garanzie di efficienza rispetto alle amministrazioni locali. Non è un’idea nuova ma sin qui era stata ostacolata dall’impossibilità, per le partecipate, di svolgere i propri compiti e allo stesso tempo gestire la realizzazione delle infratrutture che al momento costituiscono l’asse del Pnrr. Le cose però potrebbero essere diverse se molti obiettivi slittassero nelle aree di competenza proprio delle partecipate.

Ma quanto è realistico il progetto italiano? Pochissimo, almeno stando alle dichiarazioni della principale portavoce della Commissione, Veerle Nuyts. Spiega infatti che i vari Stati possono presentare nuovi progetti nel Pnrr per realizzare gli obiettivi del RePowerEu, non però “spostare i soldi da un capitolo all’altro”. Trattasi solo “di integrare una dimensione tematica supplementare”. Niente da fare dunque, almeno sulla carta. Nella pratica però la Commissione è già passata dal bocciare senza appello, appena pochi mesi fa, qualsiasi ipotesi di riscrittura del Piano, ad accettare la “rimodulazione a 360 gradi”, che se non è una riscrittura piena ci si avvicina molto. E’ possibile che nelle prossime settimane la linea di Bruxelles si ammorbidisca e comunque questa è la scommessa di Roma.

Questa è la partita rilevante, anzi decisiva sul Pnrr, a fronte della quale, nel merito, la querelle sul controllo concomitante della Corte dei Conti, bocciato anche da eminenti costituzionalisti, è decisamente di secondaria importanza. Non nel metodo però, perché il progressivo e già avanzatissimo smantellamento della democrazia parlamentare di secondario non ha proprio niente.

6 Giugno 2023

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