Il retroscena

Sulla Corte dei Conti Fitto non vuole finire fritto per Giorgia Meloni

Il nodo con Bruxelles è politico, non formale. In discussione non ci sono i controlli, ma la possibilità di esercitarli in itinere, passo dopo passo

Editoriali - di David Romoli

4 Giugno 2023 alle 11:00

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Sulla Corte dei Conti Fitto non vuole finire fritto per Giorgia Meloni

La Commissione corregge e attenua di molto. Dopo lo scambio di mazzate di venerdì sui controlli e la norma che sottrae alla Corte dei Conti il “controllo concomitante” sul Pnrr, un portavoce della Commissione europea stessa abbassa i toni: “Come regola generale non commentiamo i progetti di atti legislativi. Ricordiamo che il Dispositivo per la ripresa richiede un quadro di controllo su misura e proporzionato. L’Italia ha posto in essere un solido sistema di audit e controllo”.

E’ un’assoluzione con formula piena ed è chiaro che dopo la critica molto dura di Bruxelles e la replica anche più tagliente di Chigi le diplomazie hanno lavorato senza posa per ricucire l’incidente prima che diventasse grave. Il portavoce sparge anche miele sulla trattativa per la terza rata del Recovery:Sono in corso scambi costruttivi. Comunicheremo la conclusione della nostra valutazione quando la raggiungeremo”.

Qui però non c’è davvero nulla di nuovo rispetto a quanto più volte ripetuto da Bruxelles e le cose non si sono ancora smosse. La terza rata del Recovery, 19 miliardi, resta congelata dal 28 febbraio e sulla quarta tutti lascia pensare che le cose non andranno meglio. Si spiega così, più che con pulsioni dittatoriali di Raffaele Fitto, la decisione di adottare una soluzione sbrigativa e quasi brutale: non una trattativa con la Corte dei Conti ma un emendamento cotto e mangiato che risolve la questione con lo stile di Gordio.

In concreto come? Con la sottrazione secca della facoltà di esercitare il controllo concomitante sul Pnrr. La risposta dell’Italia all’attacco di Bruxelles porta l’inconfondibile marchio dell’approccio di Fitto. E’ una disanima puntigliosa delle questioni procedurali e delle norme specifiche che autorizzavano il governo a fare ciò che ha fatto. Il nodo però è politico, non formale. In forse non c’è il diritto del governo di muoversi come si è mosso ma l’opportunità politica di varare in poche ore e senza consultare nessuno una norma che di punto in bianco mette fuori gioco i controlli della magistratura contabile sino alla realizzazione dei progetti e degli obiettivi previsti dal Piano. In discussione infatti non ci sono i controlli, ma la possibilità di esercitarli in itinere, passo dopo passo.

La fretta e la decisione drastica di Fitto, sostenuta dalla premier probabilmente dietro insistenza del ministro, non derivano dall’estremo e giustificato nervosismo dell’uomo. Se il Pnrr fallisse sarebbe una disastro per tutto il Paese e un colpo micidiale per tutto il governo. Ma per lui, responsabile in prima persona dell’attuazione del Piano, sarebbe politicamente la fine e non si tratta di un’eventualità remota e teorica ma di un rischio assolutamente concreto e realistico. “Non si tratta di tagliar fuori la magistratura contabile dal Pnrr ma solo di prevedere controlli compatibili col massimo dell’efficienza possibile”, ha provato a gettare acqua sul fuoco ieri il viceministro dell’Economia Leo, l’uomo di FdI in via XX settembre.

Nell’incontro tra la delegazione del governo e quella della Corte di tre giorni fa, del resto sul tavolo c’era una chiara proposta di mediazione: riscrivere e ridefinire insieme le regole per quanto riguarda sia il controllo concomitante che la responsabilità erariale, l’altro fronte sul quale il governo è intervenuto prorogando lo scudo erariale già adottato da Conte e da Draghi, però solo dopo aver “messo al sicuro” il Pnrr dal rischio temutissimo di ritardi dovuti ai controlli in corso d’opera che, nella situazione data, potrebbero davvero essere esiziali. Il governo, insomma, avrebbe nel merito argomenti reali da mettere in campo, suffragati anche dal parere di costituzionalisti come Sabino Cassese, secondo cui “il governo ha fatto benissimo a limitare il controllo preventivo della Corte”, o Franco Mirabelli, che considera “in questo caso giustificato eliminare il controllo concomitante per rendere più snella la procedura”.

E’ certo che questi argomenti hanno pesato sull’ammorbidimento di Bruxelles. Inaccettabile, e rivelatore di un approccio di fondo allarmante, resta però il metodo scelto: la decisione di risolvere il problema nel modo più drastico e veloce possibile, con un emendamento scritto di sorpresa e fatto approvare dalla commissione all’ultimo momento, senza consultarsi con nessuno. La scelta di varare la norma tramite emendamento dell’ultima ora a un decreto, proprio ciò che Mattarella aveva chiesto ai presidenti delle Camere di evitare.

Dietro la mossa in realtà estrema del governo contro la Corte dei Conti c’è sicuramente il panico per un Pnrr sempre più a rischio, e sarebbe stato consigliabile comunque non mostrarlo così evidentemente. C’è l’eterna paura della destra di essere circondata. Ma c’è anche la tentazione di uscire dalle situazioni difficili con sterzate autoritarie che rischia di prendere sempre più piede. Ed è un nodo che la pace con Bruxelles non basta a sciogliere.

4 Giugno 2023

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