I risultati
Elezioni in Olanda, testa a testa tra l’estrema destra di Wilders e i liberali progressisti D66: boom inatteso di Rob Jetten
Esteri - di Carmine Di Niro
Le urne olandesi ribaltano i pronostici della vigilia. Le elezioni parlamentari anticipate, convocate mercoledì 29 ottobre a seguito della crisi di governo dello scorso giugno innescata dall’estrema destra di Geert Wilders, il partito di maggioranza relativa nell’esecutivo guidato dall’ex capo dei servizi segreti Dick Schoof, vedono un clamoroso testa a testa tra il Partito per la Libertà di Wilders e i liberali progressisti D66, Democratici66, movimento di Rob Jetten.
Col 98 per cento dei voti scrutinati i due partiti risultano appaiati: entrambe le formazioni dovrebbero ottenere 26 seggi alla Camera dei Rappresentanti, la camera bassa del Parlamento olandese, secondo i dati quasi definitivi diffusi dall’agenzia nazionale Anp.
Se le cose stessero così, il PVV di Wilders, favorito della vigilia, perderebbe 11 seggi rispetto alla scorsa legislatura: ne guadagnerebbe altrettanti invece il D66 di Jetten, che se nominato premier sarebbe il primo apertamente omosessuale nella storia dei Paesi Bassi. Un risultato sorprendente per il 38enne Jetten, che ha aumentato del 10 per cento i voti rispetto a due anni fa. Al contrario la delusione è palpabile per Wilders, leader del partito islamofobo e xenofobo, che aveva innescato la crisi di governo con l’intenzione di andare ad elezioni anticipate e capitalizzare il suo consenso: le urne invece lo hanno respinto, così come gli altri partiti che in coro avevano annunciato di non essere disponibili ad alcun accordo col Partito per la Libertà a causa della sua “inaffidabilità”.
Sempre secondo le proiezioni il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia dell’ex primo ministro Mark Rutte, oggi guidato dalla sua “delfina” Dilan Yesilgoz, di origini turche, è il terzo partito dei Paesi Bassi con 22 seggi, due in meno rispetto alle elezioni del 2023. Altra delusione dalle urne olandesi arriva dalla sinistra di Frans Timmermans, l’ex Commissario Ue alla guida di una coalizione comprendente Laburisti e Sinistra Verde: il ticket è arrivato quarto con 20 seggi, cinque in meno rispetto a due anni fa, con Timmermans che ha già annunciato le sue dimissioni.
Poco sotto Appello Cristiano Democratico, il partito moderato di centrodestra guidato da Henri Bontenbal, che ha ottenuto 19 seggi, un vero e proprio boom rispetto ai soli cinque ottenuti due anni fa. Sono andati malissimo invece gli altri due partiti che facevano parte del governo Schoof: il Movimento dei contadini e dei cittadini, un partito populista e vicino alla destra nato da una serie di proteste nel 2019, ha ottenuto meno del 3 per cento dei voti e dovrebbe riuscire ad eleggere solamente quattro parlamentari; il Nuovo Contratto Sociale, partito liberale di centro, è precipitato sotto l’uno per cento e potrebbe non entrare alla Camera dei Rappresentanti.
Quali dunque gli scenari? La premessa è d’obbligo: nei Paesi Bassi vige un sistema proporzionale puro con soglia di sbarramento inferiore all’uno per cento, circostanza che frammenta la politica e impedisce la formazione di governi monopartitici. Serviranno dunque accordi post-voto per raggiungere i 76 seggi su 150 che costituiscono la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti.
Se i D66 dovesse risultare primo partito, spetterà a Jetten l’incarico di guidare le trattative per formare un governo. Il 38enne liberal-progressista potrebbe guardare a sinistra, “reclutando” laburisti, verdi e i cristiano-democratici, ma mancherebbero comunque una decina di voti; non molto diversa la situazione con uno spostamento a destra, portando al governo il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia e i soliti cristiano-democratici, ma con la necessità di inglobare i voti di qualche partito dell’estrema destra. Infine l’ipotesi di “larghe intese”, un esecutivo a guida D66 con dentro i popolari di Yesilgoz, i laburisti e i cristiano-democratici.
Proprio l’incertezza sull’esito finale del voto di mercoledì ha spinto gli stessi partiti a rinviare a martedì prossimo la nomina del cosiddetto “verkenner”, o “candidato esplorativo”, il cui compito è quello di sondare tutti i 15 partiti in Parlamento sulle loro opinioni su chi dovrebbe formare il governo e se sono disposti a farne parte. La nomina era inizialmente prevista per la giornata di domani, venerdì 31 ottobre.
Il compito del “candidato esplorativo” è quello di riferire le conclusioni e indicare quali potenziali coalizioni godano del maggior sostegno fra i partiti. È una fase che richiede solitamente circa due settimane, in modo che la relazione possa essere presentata al nuovo Parlamento quando si riunirà per la prima volta a metà novembre.