Urne aperte
Elezioni in Olanda, il ritorno al voto dopo la crisi provocata da Wilders: la sua estrema destra in testa ma isolata
Esteri - di Carmine Di Niro
Ci risiamo. Dopo appena due anni l’Olanda torna nuovamente alle urne per rinnovare il Parlamento e scegliere il nuovo governo. Oggi si vota infatti per tutti i 150 seggi della Camera dei rappresentanti, camera bassa del Parlamento locale (quella alta, il Senato, ha invece 75 seggi).
Ritorno al voto causato dalla caduta del precedente governo guidato da Dick Schoof, ex capo dei servizi segreti indicato per guidare una fragilissima maggioranza composta da quattro partiti, giunti ad un accordo di governo dopo otto mesi di trattative: l’estrema destra xenofoba del Partito per la Libertà di Geert Wilders, colui che ha innescato la crisi ritirando il suo movimento dal governo perché considerato troppo “morbido” nelle politiche anti-immigrazione, il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (il partito liberale dell’ex primo ministro Mark Rutte), il Movimento dei contadini e dei cittadini (partito populista vicino alla destra) e i centristi del Nuovo Contratto Sociale.
Il governo Schoof poteva contare su una maggioranza di 86 seggi sui 150 della Camera bassa olandese: senza i 37 del partito di Wilders gliene restavano solamente 51, inferiori alla maggioranza di 76.
Oltre 13 milioni di elettori sono chiamati alle urne oggi e i temi al centro della campagna elettorale: clima, sicurezza, immigrazione e crisi abitativa. I sondaggi prima del voto vedono un equilibrio sostanziale tra i principali partiti, anche se la politica olandese è notoriamente frammentata in un numero incredibili di partiti che in un sistema proporzionale puro (con soglia di sbarramento dello 0,67%) rende impossibile governare da soli: Wilders è in testa ma in calo (24-28 seggi), l’alleanza tra Sinistra Verde e Laburisti di Frans Timmermans regge stabile (22-26), subito dietro gli ecologisti liberali D66 di Rob Jetten sono in crescita (21-25) e considerati la possibile sorpresa del voto. In corsa anche i moderati di centrodestra di Appello Cristiano Democratico (CDA) di Henri Bontenbal (18-22) e il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) di Dilan Yesilgoz (15-19), erede di Mark Rutte.
Dopo il biennio al governo, tutti i principali partiti alla vigila del voto hanno chiuso le porte a Wilders e a possibili accordi post-elezioni: “Marilyn”, come viene chiamato per la sua chioma bionda, è considerato totalmente inaffidabile proprio per aver scatenato la crisi di governo lo scorso giugno. Un aspetto a sua volta paradossale: i partiti della vecchia coalizione infatti non hanno messo in discussione le proposte estreme di Wilders sull’immigrazione.
Un “effetto Wilders” sulla politica olandese è indiscutibile: vari partiti si sono spostati a destra per rincorrere un elettorato sempre più attratto dai toni apocalittici proposti dal Partito per la Libertà. Anche Frans Timmermans, l’ex commissario europeo e leader della coalizione tra Laburisti e Sinistra Verde, ha parlato apertamente di un “problema dei rifugiati” nel Paese inasprendo le sue proposte sul tema dell’immigrazione, nonostante i Paesi Bassi siano quattordicesimi sui 27 stati dell’Unione Europea per numero di richieste d’asilo in rapporto alla popolazione.