Il caso del video del tycoon

Trump e il video degli escrementi sui manifestanti: cosa ne pensa il ‘segnaposto’ Giorgia Meloni?

Sarebbe necessario sapere che genere di pensieri albergano nella attuale premier davanti alla melma politica del linguaggio eversivo di Donald Trump

Politica - di Fulvio Abbate

21 Ottobre 2025 alle 13:30

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Trump e il video degli escrementi sui manifestanti: cosa ne pensa il ‘segnaposto’ Giorgia Meloni?

Dopo la Z, ora l’orgia del potere ha trovato la M. Lettera che in questa nostra ripugnante storia sta per “merda”. In faccia all’idea stessa di democrazia. Splash! Se le cose stanno così, trovandoci a ridosso di una fogna certificata ufficialmente, una volta per tutte occorrerà decidersi a rispondere a una semplice domanda di opportunità, se non decoro: chi ha davvero diritto di superare la linea che misura la decenza, soprattutto da una posizione apicale planetaria che, per evidenti ragioni di ufficialità e senso appunto del rispetto altrui, pretenderebbe invece tatto, controllo degli “sfinteri” istituzionali e ancora di più senso del limite?

Il video realizzato con i liquami peggiori concessi dalle idrovore dell’Intelligenza artificiale e prontamente postato da un Trump con freddezza accompagnata dal ghigno delle sue piazze – dove questi, proprio il Presidente Incoronato da sé stesso, scarica letteralmente, fantasmaticamente letame sui volti dei manifestanti di un’America smarrita, un gesto altrove degno della “jacquerie” dei peggiori “gilet gialli” – segna, appunto, un dato oggettivo tragicamente desolante, ossia che siamo oltre ogni possibile ripugnanza consentita al potere costituito da chi dovrebbe porsi invece da semplice governante. Diceva Pier Paolo Pasolini, del quale fra pochi giorni ricorrono i cinquant’anni della morte tragica e violenta all’idroscalo di Ostia, diceva appunto il nostro poeta “corsaro” che “soltanto il potere può concedersi d’essere pienamente anarchico”, fino al punto di concepire l’annientamento, la distruzione, dei corpi che reputi estranei a sé stesso. Bene, si sappia che l’avvento di Trump, sullo sfondo del Campidoglio già violato dall’orda populista – in quel caso le corna in testa – sembra confermare plasticamente un paradosso dialettico non meno drammatico.

Il paesaggio delle narrazioni odierne riesce a innalzare, accanto ai corpi straziati di Gaza, il plusvalore osceno del letame scaricato dall’attuale residente della Casa Bianca sull’altro lato della strada. I cinici, gli amorali, gli sciocchi, i servi, gli acefali, i cortigiani dell’orrore temperato di cinismo probabilmente ravviseranno in questo gesto materialmente osceno la necessità e gli acidi per nutrire ulteriormente il proprio sarcasmo plebeo. Sempre su questo medesima condotta fognaria qualcuno certamente citerà, magari per depotenziare il carico di astio che ancora giunge dal primo inquilino di Washington D.C., perfino il finale di un film esemplare, perfetto, adeguato a ogni nostro discorso. Penso a Il Dottor Stranamore, dove l’invasato guerrafondaio, lo “stetson” di John Wayne sul capo, cavalca la bomba “fine di mondo”. Di sicuro, al momento, il mondo della decenza ha già raggiunto l’obitorio delle peggiori intenzioni, della più ripugnante amoralità, così fuori da qualsiasi nozione di pace, sia reale sia morale, ancor meno etica. Lo si è già detto: il limite è stato oltrepassato, e a compiere questo gesto è stato proprio chi ha la pretesa di mostrarsi come “sensale” in grado di stabilire i tempi della pace tra Gaza e la martoriata Ucraina.

Contestualmente al letame destinato a sfigurare crudelmente ogni possibile critica dell’esistente, ogni semplice obiezione alla tracotanza del potere, e dei singoli governi sempre più marcatamente, orgogliosamente illiberali, porta il marchio e il ghigno sadico delle destre riunite, non meno incoronate, le stesse che hanno cura di accusare ogni possibile opposizione d’avere la pretesa di inchiodare il pensiero al “politicamente corretto”. Tali mostri, si sappia, hanno buon gioco essendo riusciti a ribaltare l’idea stessa di dialogo tra popolo ed “élite”, dove queste ultime risponderebbero proprio coloro che hanno invece cura di provare a mantenere intatti i margini della democrazia e del linguaggio che dovrebbe esserlo proprio. Anche la merda, il letame, lo stallatico, la “diarrea” populista riversata da Trump vanno letti come ulteriori “dazi” imposti a ogni possibile sentore di democrazia.

Occorrerebbe chiedere a Giorgia Meloni (e, già che ci siamo, all’intero circo euforico dei suoi affezionati) proprio alla nostra attuale premier orgogliosa nel ruolo, diciamo così, di segnaposto dell’osceno Donald, cosa voglia intendere esattamente quando denuncia la “cultura woke”. Soprattutto sarebbe necessario sapere che genere di pensieri albergano in lei davanti alla “melma” politica del linguaggio eversivo di Donald Trump. Il mattino del giorno dopo la pioggia di liquami, scopriamo che Giorgia Meloni sfrutta il video-messaggio spedito alla National Italian American Foundation per bersagliare di nuovo la “cultura woke”, che punterebbe a dividere Italia e Usa, il clamoroso filmato, rilanciato direttamente da Donald Trump, sul suo social Truth, mette in serio imbarazzo Palazzo Chigi”. In verità hanno creato un deserto concimato di tracotanza non prima di cancellare ogni possibile sentore di naturale vergogna. L’imbarazzo? Occorre immaginarlo trapassato da tempo.

21 Ottobre 2025

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