La guerra di Israele
Gaza, la crudeltà israeliana per proteggere il “bottino”: terra, acqua e le libertà da cui hanno espulso i palestinesi
Una grande giornalista israeliana scrive che gli ottimisti sperano che “verrà un giorno...”. Un giorno nel quale le nuove generazioni chiederanno conto degli orrori commessi a Gaza
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Tra tutti i giornalisti, non solo israeliani, che in questi decenni hanno raccontato la tragedia palestinese, Amira Hass, storica firma di Haaretz, conosciuta e apprezzata a livello internazionale, è la più coraggiosa, capace. La più brava.
Amira Hass la vita dei palestinesi non l’ha solo raccontata in centinaia di reportage, e in libri, che hanno fatto il giro del mondo e che le sono valsi, più che meritatamente, premi e riconoscimenti internazionali; quella vita Amira l’ha vissuta in prima persona, quando ha deciso di trasferirsi per un lungo periodo in Cisgiordania, attirandosi, anche per questo, l’odio, condito da minacce di morte, da parte della destra messianica e dei coloni pogromisti. La sua opinione nasce da una conoscenza pluridecennale della realtà palestinese e di quella israeliana. Che la porta a scrivere su Haaretz un pezzo del quale riportiamo ampi stralci.
Scrive Hass: “Gli ottimisti dicono che, alla fine, gli israeliani comprenderanno la portata delle atrocità che hanno commesso nella Striscia di Gaza. La verità penetrerà nella loro coscienza. I vecchi video dei bambini fatti a pezzi dalle nostre bombe a un certo punto raggiungeranno il cuore degli israeliani e li trafiggeranno. Improvvisamente vedranno bambini ricoperti dalla polvere del cemento frantumato sotto cui sono stati salvati, che tremano incontrollabilmente e fissano il vuoto con un’espressione che è un grande punto interrogativo. A un certo punto, dicono gli ottimisti, gli israeliani smetteranno di dire: ‘Se lo meritavano, a causa del 7 ottobre. Hanno attaccato loro’. I numeri smetteranno di essere astrazioni di ‘Chi crede a Hamas’. I lettori capiranno che più di 20.000 bambini sono stati uccisi – un terzo di tutti i morti – per mano nostra. Più di 44.000 bambini sono stati feriti – un quarto di tutti i feriti. Si renderanno conto di aver favorito e sostenuto una guerra di annientamento contro un popolo e di non aver sconfitto una feroce organizzazione armata”.
“Ad un certo punto – prosegue Amira Hass – si renderanno conto che la ferocia individuale della vendetta dimostrata da così tanti soldati – spesso accompagnata da scoppi di risate e sorrisi che hanno invaso TikTok – e la fredda, chirurgica e anonima ferocia letale di coloro che giocano ai videogiochi dalle cabine di pilotaggio e dalle sale di controllo – non sono un segno di eroismo, ma una grave malattia. Sociale e personale. I genitori, credono gli ottimisti, non riusciranno a dormire la notte, preoccupati che le X sui fucili dei loro figli segnino donne, anziani e semplici giovani che raccolgono erbe per nutrirsi. Verrà il giorno in cui gli adolescenti chiederanno ai loro padri, che allora erano soldati, se anche loro hanno obbedito all’ordine di sparare a un anziano che aveva oltrepassato una linea rossa sconosciuta. Le figlie dei piloti decorati chiederanno se hanno sganciato una bomba proporzionata che ha ucciso un centinaio di civili per colpire un comandante di medio livello di Hamas. Perché non ti sei rifiutato? singhiozzerà la figlia. I nipoti di una guardia carceraria in pensione chiederanno: hai picchiato personalmente un detenuto ammanettato fino a farlo svenire? Hai obbedito all’ordine di un ministro e negato ai prigionieri cibo e docce? Hai stipato 30 detenuti in una cella destinata a sei? Dove hanno contratto le malattie della pelle? Conoscevi qualcuno delle decine di detenuti morti in una prigione israeliana per fame o per percosse e torture? Come hai potuto, nonno? I nipoti dei giudici della Corte Suprema leggeranno le loro sentenze che hanno permesso tutto questo e smetteranno di andare a trovarli durante lo Shabbat. A un certo punto, credono gli ottimisti, l’oscuramento della realtà da parte dei media israeliani smetterà di fare il lavaggio del cervello e di intorpidire i cuori. L’espressione ‘il contesto’ non sarà più considerata una parolaccia e il pubblico collegherà i puntini: oppressione, espulsione, umiliazione, deportazione, occupazione e tutte le sofferenze che stanno in mezzo. Non sono slogan coniati da ebrei che odiano se stessi, ma descrivono la vita di un intero popolo, per anni, sotto i nostri ordini e le nostre armi”.
Scrive Amira Hass: “Le persone non nascono crudeli, lo diventano. La crudeltà dei palestinesi nei confronti degli israeliani è ampiamente trattata dai nostri media, articoli e primi piani. Si è sviluppata in risposta e in resistenza al nostro dominio straniero e ostile. La nostra crudeltà, quella della società israeliana, sta diventando sempre più sofisticata con l’obiettivo di proteggere il nostro bottino: la terra, l’acqua e le libertà da cui abbiamo espulso i palestinesi. Gli ottimisti credono che ci sia una via di ritorno. Quanto sono fortunati, gli ottimisti”.