Vince il centro

Roberto Occhiuto, l’ex democristiano che fa tremare la Meloni: in Calabria ha sbaragliato anche la destra

Con una manovra lesta, è riuscito a salvare la candidatura dalle grinfie di Meloni, surclassandola alle urne. Ora potrebbe essere lui il dopo Tajani

Politica - di David Romoli

8 Ottobre 2025 alle 11:30

Condividi l'articolo

Foto Marco Alpozzi/LaPresse
Foto Marco Alpozzi/LaPresse

Non c’è ancora un nuovo sceriffo nella cittadella della destra italiana ma potrebbe spuntare presto e il governatore rieletto ieri della Calabria Roberto Occhiuto è forse quello che ha più carte per ambire a quella stella. In Calabria ha vinto lui, non il centrodestra. Fratelli d’Italia e la Lega hanno preso meno voti sia del Pd che del M5s, se al 6,43% arrivato al partito di Conte si somma il 7,62% della Lista intitolata al candidato pentastellato. A fare la differenza è stata Forza Italia, il partito del governatore, con il suo 17,98% a cui va aggiunto il corposo 12,39% della Lista Occhiuto.

In termini di voti il presidente della Calabria ha sbaragliato la concorrenza, sia esterna, quella rivale, che interna, quella alleata. Per certi versi è però anche più significativa l’abilità dimostrata da Occhiuto nel gioco politico, anche in questo caso sia sul fronte esterno che su quello interno e forse sul secondo ancora più che sul primo. Doveva vedersela con l’indagine dei giudici sul suo conto e non ha esitato a cantare vittoria a gola spiegata rivendicando il merito di aver impedito che la destra fosse “sconfitta per via giudiziaria”. Ma doveva fare i conti anche con le manovre della premier, fortemente sospetta di mirare a non riconfermarlo l’anno prossimo per sostituirlo con un candidato del suo partito. Occhiuto ha giocato d’anticipo. La decisione di presentare le dimissioni con annessa ricandidatura ha spuntato le unghie alle toghe ma anche a Giorgia. Certo, prima di fare quel passo il governatore sull’orlo delle dimissioni aveva avvertito la premier e ottenuto il suo semaforo verde. Ma nelle circostanze date Meloni non avrebbe potuto in alcun modo negare quel via libera a Occhiuto, che ne era del resto ben consapevole.

Ex democristiano, transitato nella Cdu di Rocco Buttiglione, Occhiuto era passato per Forza Italia nel 2000 ma ne era uscito appena un paio d’anni dopo per passare alla Udc di Pierferdinando Casini salvo rientrare nel 2014, a era berlusconiana già in fase di avanzato declino: tra i forzisti emergenti è quello che meno di tutti proviene da una delle tante covate del sovrano di Arcore. Come presidente della Calabria è il governatore che più di tutti ha ostacolato l’autonomia regionale della Lega, dicendosi del tutto d’accordo ma rallentando i tempi con la richiesta di moratoria e di definizione dei lep prima di procedere oltre. Una campagna che di certo lo ha reso più popolare nella sua regione e nel Sud. Appena rieletto Occhiuto ha chiarito di non ambire al posto di Tajani e di voler restare alla guida della sua regione per altri cinque anni. È probabile che non menta. Se mai tenterà il gran salto e la sfida all’interno della destra nazionale non sarà ora, in vista delle elezioni politiche del 2027, ma cinque anni dopo, quando in un modo o nell’altro Giorgia Meloni sarà vicina a uscire da palazzo Chigi. È probabile che la premier avverta l’esistenza di un certo rischio.

Nel suo messaggio per la vittoria, già dopo le prime proiezioni, ha evitato di complimentarsi direttamente con il rieletto e di lodarlo per il lavoro svolto: uno sgarbo raro in politica e significativo. Del resto la leader di FdI non esce benissimo dalle elezioni calabresi. In realtà è la prima volta che, sia pure in un test limitato e locale, la sua marcia trionfale viene frenata. Dalle europee, la prova più vicina nel tempo, il suo partito ha perso l’11% dei consensi e in più si rende conto di dover affrontare una FI più aggressiva e competitiva di quanto non sia mai stata.
Ieri il centrodestra ha ufficializzato la candidatura del sottosegretario agli Esteri Cirielli per la Campania. FI non si è opposta ma ha provato a puntare i piedi, sfidando non solo il sottosegretario ma la stessa premier, per strappare le dimissioni del candidato dalla carica che ricopre oggi al governo. Un po’ è che Tajani lo considera ingombrante nel suo ministero e un po’ è probabilmente anche la scelta di passare a un ruolo più autonomo e più aggressivo, come del resto chiede da un pezzo la famiglia Berlusconi.

Ma se Occhiuto avrà le carte per tentare la scalata a livello nazionale dipenderà dalla risposta a uno dei quesiti centrali nella politica italiana: se cioè c’è ancora ampio spazio per forze centriste come il partito azzurro o se, come invece ritiene la segretaria del Pd, la partita si giochi ormai tutta sul recupero del proprio elettorato passato all’astensione e sia quindi necessario sfuggire alle sirene centriste e puntare su radicalità e politiche identitarie. La risposta, centrale non solo per le sorti del Pd e della sua attuale segretaria, la daranno gli elettori.

8 Ottobre 2025

Condividi l'articolo