Si allarga il fronte anti-Netanyahu
Gaza, Meloni tra lapsus e paure: alla premier scappa il “genocidio”, ma resta l’unica fedele a Trump e Netanyahu
A sinistra anche gli esponenti più filoisraeliani (Piero Fassino) condannano le scelte di Tel Aviv. A destra nasce l’insofferenza. Resta la fedeltà a Trump
Politica - di David Romoli
“Io lavoro tutti i giorni sul genocidio palestinese” si è lasciata scappare ieri Giorgia Meloni, adoperando il termine più controverso e carico di significati politici, peraltro indebiti, che ci sia. Basta aprire i social per trovare piogge di insulti contro la senatrice a vita Liliana Segre, che si è schierata contro i massacri di Gaza ma rifiutando di definirli “un genocidio”. Applausi corali invece per lo scrittore israeliano David Grossman che, pur se in accezione molto diversa da quella adoperata dal movimento filopalestinese, ha usato la parola magica considerata oggi (poco importa se a torto) il discrimine tra chi è contro lo sterminio dei gazawi e chi invece è comunque complice di Netanyahu.
E’ quasi certo che quella della premier sia stata una svista o forse un lapsus. Rispondeva di getto a un giovane che le aveva chiesto cosa faccia il governo per “fermare il genocidio palestinese”. Molto difficilmente in un discorso calibrato avrebbe fatto ricorso a quel termine. Ma le distrazioni sono spesso eloquenti e i lapsus lo sono sempre. Il fatto che Meloni abbia pronunciato quella parola resta comunque significativo. Rivela la consapevolezza di non potersi attestare sulle posizioni sin qui assunte se, come è probabile, Netanyahu passerà davvero a invadere Gaza. La reazione del mondo è già corale, unanime e furibonda. Il governo tedesco ha annunciato la sospensione dell’invio di attrezzature militari che “potrebbero essere utilizzate nella Striscia di Gaza”. Non si tratta di un governo qualsiasi. Per ovvie ragioni storiche, la Germania è sempre stata il Paese più contrario a scelte contro Israele. Sono stati proprio il cancelliere Merz e Giorgia Meloni a frenare la proposta votata dalla maggioranza dei Paesi Ue di congelare il trattato commerciale Ue-Israele come sanzione per la prosecuzione delle ostilità e delle stragi nella Striscia. La stessa Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea e notoriamente in ottimi rapporti con la premier italiana, ha chiesto ufficialmente al governo israeliano di “riconsiderare la sua decisione” e il presidente del Consiglio europeo Costa è andato molto oltre, affermando che l’occupazione di Gaza “deve avere conseguenze sulle relazioni tra Ue e Israele”.
In Italia l’intera opposizione bersaglia il governo e la leader che lo guida, accusandoli di tenere bordone a Netanyahu. Conte parla di “macchia indelebile per l’Italia”, Elly di “inerzia che è ormai complicità”. Si espongono anche esponenti del Pd molto vicini a Israele come l’ex segretario Piero Fassino, che va giù più duro di quanto non abbia mai fatto: “La folle decisione del governo Netanyahu va fermata”. Del resto, in questo caso è persino difficile evitare critiche ad Israele: con l’ Idf e il Mossad contrari alla mossa di Netanyahu nel mirino, per una volta, c’è davvero solo il governo di quel Paese. Siamo solo alla vigilia dell’occupazione. E’ facile immaginare quanto più arroventato sarà il clima politico nazionale e internazionale se e quando le truppe di Tashal entreranno davvero a Gaza City. Di certo se lo immagina Giorgia Meloni. Decidere che fare però non è affatto facile. E’ molto probabile, salvo un improbabile cessate il fuoco nell’arco di poche settimane, che il grosso dei Paesi europei riconoscerà lo Stato palestinese. Gli Usa sono di parere opposto: “Non ci pensiamo nemmeno”, ha chiarito ieri il vicepresidente Vance, aggiungendo però che gli Usa non condividono la decisione di Netanyahu. Meloni sta in mezzo e oltretutto, avendo sin qui dichiarato che “non è il momento”, ripensarci senza apparire come trascinata dai partner europei, immagine che detesta, non sarebbe facile. L’ipotesi di sanzioni commerciali rigide per ora non è presa in considerazione, anche perché la stessa Germania su quel fronte ancora non si è spostata.
Resta la fornitura di armi, materia sulla quale l’Italia ha giocato sin qui la partita appunto “all’italiana”. Il governo ha interrotto la stipula di nuovi contratti dopo l’attacco contro Gaza ma continua a onorare quelli firmati in precedenza e Crosetto non aveva sin qui alcuna intenzione di andare oltre e denunciare anche quegli accordi. Ma farcela potrebbe rivelarsi impossibile. Con Gaza, il M5S ha centrato un obiettivo propagandistico eccellente. Per il popolo di sinistra il tema è sempre stato centralissimo, a maggior ragione negli ultimi 22 mesi, e Conte è apparso come il più rigido e coerente difensore dei palestinesi e nemico senza chiaroscuri di Israele. Ma a essere sdegnato dalle immagini che arrivano dalla Striscia non è solo il popolo di sinistra. La spinta per decisioni reali contro Netanyahu arriva ormai anche dalla base di destra e per la premier non dare ascolto a quegli umori e non fare niente potrebbe rivelarsi molto, anzi troppo pericoloso.