Moderato con gli Usa, guerrigliero in Patria
Il piano di Netanyahu per deportare i palestinesi
Il premier israeliano favorevole a una tregua di 60 giorni, ma pensa a un piano di deportazione per i palestinesi. Hareetz: “Un crimine di guerra”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
A Washington va in scena il “Netanyahu bifronte”. Ai giornalisti israeliani al seguito, manda un messaggio-proclama ad uso interno: “A Gaza dobbiamo finire il lavoro”. Ai media americani, invece, mostra il profilo più moderato, soprattutto per non innervosire ulteriormente l’amico tycoon: ci sono «buone possibilità» che si arrivi a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Così Netanyahu, in un’intervista a Fox Business, registrata durante la sua visita negli Stati Uniti. «Stiamo parlando di un cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale verrebbero restituiti metà degli ostaggi, sia in vita che deceduti», ha precisato il capo del governo israeliano.
L’inviato Usa Steve Witkoff ha dichiarato alla Casa Bianca: «Confidiamo che entro fine settimana si raggiunga un accordo per un cessate il fuoco di 60 giorni nella Striscia di Gaza». Il presidente Trump ha fissato una scadenza stringente per l’intesa, mentre Netanyahu rimane fermo nel volere la distruzione completa di Hamas prima di fermare le operazioni militari. La trattativa va avanti. Ma se cessate il fuoco ci sarà, non metterà in discussione l’obiettivo finale: quello messo in chiaro dal fedelissimo di “Bibi” nel governo: il ministro della difesa Israel Katz.
Un piano stigmatizzato con forza da Haaretz in un editoriale: “Il Popolo Eletto, l’unico Paese democratico del Medio Oriente con l’esercito più morale del mondo, sta progettando una ‘città umanitaria’ nella Striscia di Gaza. Non importa con quale cellophane orwelliano la si avvolga. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz stanno apertamente portando avanti i piani per trasferire i gazawi in campi profughi, in vista del loro trasferimento fuori dall’enclave. Il fatto che Katz presenti il suo piano di ‘città umanitaria’ per Rafah, destinata a centinaia di migliaia di palestinesi bloccati e sorvegliati senza alcuna possibilità di andarsene, come soluzione umanitaria, non è altro che una spaventosa distorsione del linguaggio. Netanyahu sta promuovendo questo piano contorto a Washington, dove ha spiegato, offendendo l’intelligenza del mondo intero, che ‘si chiama libera scelta. Se la gente vuole restare, può restare, ma se vuole andarsene, deve poterlo fare’. Il primo ministro ha aggiunto, senza un briciolo di vergogna, che ‘Gaza non dovrebbe essere una prigione. Dovrebbe essere un luogo aperto’. Anche se sembra una parodia dell’idea di ricostruzione, non si tratta solo di teoria. Fonti diplomatiche riferiscono che l’obiettivo di questa mossa è concentrare la maggior parte della popolazione di Gaza in una città chiusa, fornirle aiuti umanitari e ‘incoraggiarla’ a emigrare ‘volontariamente’. Tutto questo è coordinato con i funzionari statunitensi. Netanyahu si è persino vantato di essere ‘vicino a trovare diversi paesi’ disposti ad accogliere i gazawi.
Questa non è una soluzione umanitaria – rimarca ancora il quotidiano progressista di Tel Aviv – ma un trasferimento forzato. Solo in una realtà distorta si può parlare di libera scelta in relazione a persone che hanno trascorso gli ultimi 20 mesi sotto bombardamenti continui, affrontando la fame, la mancanza di acqua, di elettricità e di medicine. La realtà è che si tratterebbe di un crimine di guerra: il trasferimento forzato di civili, vietato dal diritto internazionale. L’establishment della difesa è allarmato. In una discussione molto accesa con il Gabinetto di sicurezza, il Capo di Stato Maggiore dell’IDF, Eyal Zamir, ha chiesto di sospendere il voto per chiarire le implicazioni, ma Netanyahu ha rifiutato con fermezza. ‘Assolutamente no’, ha detto. ‘Ne abbiamo già discusso’. Quando il capo di Stato maggiore ha chiesto se l’esercito sarebbe stato chiamato a controllare due milioni di civili, Netanyahu ha risposto: ‘Sto portando 10 D9 per preparare lo spazio umanitario’. Le riserve dell’esercito sono state respinte e la decisione è stata approvata all’unanimità. In Israele, quando qualcuno nell’establishment della difesa mette in guardia sui pericoli o sulle implicazioni di una politica rischiosa, è solo un motivo per sbarazzarsene. Il capo di Stato maggiore, che non è molto gradito dal governo, è ora ancora meno apprezzato dopo averlo costretto a guardare in faccia la realtà. Ecco come si manifesta un pericoloso deterioramento: dai bombardamenti continui al tentativo di manipolare il futuro di Gaza, ignorando il diritto internazionale, passando per la distruzione dell’esercito, la trascuratezza del benessere dei soldati e la corruzione della società e del governo. Non si può permettere che tutto questo accada. Questo piano pericoloso deve essere fermato immediatamente”, così Haaretz.
Intanto, Gaza è una “città disumanizzata”, come tutta la Striscia. Medici Senza Frontiere (Msf) ha pubblicato un’indagine retrospettiva sulla mortalità a Gaza, condotta tra i membri dello staff e i loro familiari, che mette in evidenza un tasso di mortalità allarmante nella Striscia, in particolare tra i bambini, a causa della guerra portata avanti da Israele. Rispetto alle stime precedenti al 7 ottobre 2023 del ministero della Salute, il tasso di mortalità nella popolazione esaminata è risultato 5 volte superiore. Nei bambini sotto i 5 anni, la mortalità è risultata invece 10 volte superiore, mentre nei neonati sotto il mese di vita 6 volte superiore. I risultati emersi dall’indagine si rivelano coerenti con i dati forniti dal ministero della salute palestinese. Inoltre, è emerso che il 75% delle morti sono attribuibili a ferite da guerra, causate in gran parte da esplosioni. Il 48% delle vittime da esplosione erano bambini e il 40% aveva meno di 10 anni.
I militari israeliani affermano di aver allargato le operazioni di terra contro Hamas a Beit Hanun, nel nord di Gaza. «L’unità di combattimento della Brigata Givati – riferisce il sito di notizie israeliano Ynet sulla base di quanto reso noto da un portavoce delle Idf – si è unita alla Divisione 99 e ha avviato le operazioni per accerchiare Beit Hanun». Le Idf affermano di «operare per distruggere le infrastrutture del terrore, eliminare i terroristi e annientare le capacità di Hamas nell’area». La difesa civile di Gaza ha dichiarato il 9 luglio che tra 20 e 26 persone, tra cui almeno sei bambini, sono state uccise in due attacchi aerei israeliani durante la notte nel territorio palestinese di Khan Yunis. Ma sarebbero almeno 105 i palestinesi morti e altri 530 i feriti degli attacchi messi a segno dalle forze israeliane nelle ultime 24 ore nella Striscia di Gaza. Lo riferisce il ministero della Sanità dell’enclave palestinese, facendo salire a 57.680 il numero dei morti dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre 2023. I feriti nel frattempo sono 137.409. E il “lavoro” non è finito.