La "guerra dei 12 giorni"

Iran, regge il cessate il fuoco imposto da Trump: ma l’intelligence Usa smentisce i toni trionfali sul programma nucleare

Esteri - di Carmine Di Niro

25 Giugno 2025 alle 11:55

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Iran, regge il cessate il fuoco imposto da Trump: ma l’intelligence Usa smentisce i toni trionfali sul programma nucleare

Il fragile cessate il fuoco imposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump ad Iran e Israele dopo 12 giorni di intenso conflitto, di fatto conclusosi dopo i raid Usa con i bombardieri B-2 sui siti nucleari del regime islamico, regge.

Alle sei del mattino di mercoledì 25 giugno è scaduto il termine entro cui Israele si era impegnato a non attaccare l’Iran, dopo che quest’ultimo a sua volta si era impegnato a non attaccare il territorio israeliano nelle ore precedenti. Erano queste infatti le regole imposte ai due Paesi da Washington: sia da Tel Aviv che da Teheran i due governi si erano detti disposti ad accettare il cessate il fuoco trumpiano purché lo avesse fatto anche l’altro e, salvo “l’incidente” legato ad un presunto lancio di due missili balistici iraniani nel nord di Israele, la tregua ha retto.

Così la vita nei due Paesi, soprattutto in Israele, sta tornando ad un barlume di normalità: il governo di Benjamin Netanyahu ha ritirato le disposizioni d’emergenza ai civili imposte per la guerra in corso, compresa la chiusura delle scuole.

Lo stato del programma nucleare iraniano

A tenere banco ora è il “dibattito” sull’esito dei bombardamenti statunitensi e israeliani sui siti nucleari iraniani, avviati per distruggere il presunto piano del regime dell’Ayatollah Ali Khamenei di ottenere armi nucleari.

Per Trump l’intervento americano in Iran “ha posto fine alla guerra” tra Israele e la Repubblica Islamica, ma soprattutto il programma nucleare di Teheran “è andato, per anni”. “Non penso che lo faranno ancora – afferma – penso che sia finita.  Sono passati attraverso l’inferno e penso che l’ultima cosa che vogliono fare è arricchire” l’uranio, ha detto parlando dall’Aia per il vertice Nato.

Sull’effettivo “annientamento” del programma nucleare iraniano, così si era espresso nei giorni scorsi il presidente Usa, in realtà non c’è al momento chiarezza. Anche Israele ha ammesso che è troppo presto per valutare i danni agli impianti nucleari iraniani, come sottolineato dal portavoce dell’esercito Effie Defrin: “Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi dell’operazione che ci eravamo prefissati, e abbiamo fatto anche meglio di quanto pensassimo. Ma è ancora troppo presto per determinare i risultati degli attacchi alle diverse aree del programma nucleare iraniano, li stiamo ancora indagando”.

Ma è soprattutto un rapporto dell’intelligence Usa, definito come low confidence, cioè con un livello di affidabilità bassa, un dato ovvio considerando che è passato troppo poco tempo dagli attacchi Usa sull’Iran, a gettare acqua sul fuoco rispetto alle dichiarazioni trionfanti di Trump.

Le conclusioni di questo rapporto, redatto dalla Defense Intelligence Agency (DIA), la principale agenzia militare d’intelligence per l’estero, e diffuso da New York Times e Cnn, smentiscono Trump.

In sostanza il report sostiene che i bombardamenti statunitensi e israeliani sui siti nucleari iraniani di Fordow, Natan e Isfahan non hanno distrutto le strutture e, nel migliore dei casi, rallentato di qualche mese le capacità del regime di arricchire l’uranio, il procedimento che può poi portare alla costruzione di un’arma atomica.

Come già emerso nei giorni scorsi grazie a foto satellitari, nel rapporto la DIA scrive che una grossa parte delle scorte di uranio sarebbe stata portata via prima degli attacchi, in particolare nel sito più importante e protetto, quello di Fordow.

25 Giugno 2025

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