Da Teheran a Roma

In fuga dall’Iran, la testimonianza di Leila: “Il popolo l’unica vittima, cresce la repressione. Davvero dobbiamo scegliere tra guerra e dittatura?”

Ha 37 anni, è laureata in matematica e informatica e lavora come data scientist. Dal 2016 vive in Italia ed è una delle attiviste del movimento 'Donne, vita, libertà'. La sua famiglia vive ancora nella Repubblica Islamica. La triplice morsa: da un lato il regime spietato degli ayatollah, dall'altro il conflitto contro Israele e il pericolo del nucleare. "Mia sorella è bloccata a Dubai, senza soldi e da sola - ci ha raccontato - Ho paura, sono in ansia come lo sono tutti gli iraniani in esilio. A causa della censura non riusciamo ad avere informazioni reali. Stanno distruggendo il mio Paese"

Esteri - di Andrea Aversa

17 Giugno 2025 alle 14:46

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In fuga dall’Iran, la testimonianza di Leila: “Il popolo l’unica vittima, cresce la repressione. Davvero dobbiamo scegliere tra guerra e dittatura?”

L’avevamo sentita nell’aprile del 2024, allora la guerra tra IsraeleIran era condotta dalla Repubblica Islamica tramite i suoi proxi alleati nella regione: Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e i gruppi jihadisti in Cisgiordania. Oggi abbiamo ascoltato di nuovo la testimonianza di Leila, 37 anni attivista iraniana che dal 2016 vive a Roma dopo essere sfuggita alle grinfie del regime degli ayatollah, quando lo scontro tra lo Stato Ebraico e il suo Paese è esploso in modo diretto. La sua città, Teheran è vittima dei bombardamenti israeliani. Allo stesso tempo la repressione della dittatura dei Pasdaran ha raggiunto limiti mai visti, tra violenze e censure.

Parla Leila, giovane attivista iraniana che vive in Italia ma che ha la famiglia a Teheran

La famiglia e gli amici di Leila vivono proprio nelle vicinanze della capitale iraniana. La sorella, invece, è al momento bloccata a Dubai, da sola e senza soldi. Ritornava dall’Italia ma l’inizio della guerra ha costretto il suo aereo a fermarsi negli Emirati Arabi Uniti. Nel frattempo, la 37enne membro del collettivo ‘Donna, vita e libertà‘, laureata in matematica e informatica e che lavora come data scientist, fa fatica ad ottenere informazioni reali su ciò che sta accadendo a casa sua. Paura e ansia sono le emozioni principali che sta vivendo in questi giorni orribili. A l’Unità Leila ha rivolto il suo sfogo, il suo appello affinché finiscano le atrocità che da troppo tempo colpiscono i suoi concittadini.

L’intervista e la testimonianza durante la guerra tra Iran e Israele

Cosa stai provando in questi giorni di guerra?

Rispondere a questa domanda non è facile per me. Provo sentimenti contrastanti. È impossibile gioire della guerra che è sempre sinonimo di distruzione, di perdita di vite innocenti, di bambini. Quando vedo le immagini degli edifici crollati e dei quartieri distrutti in cui sono cresciuta e che sono legati a migliaia di ricordi, sento un dolore profondo. Mi chiedo se potrò mai rivedere quei luoghi. Sono preoccupata per la mia famiglia, per le mie amiche e i miei amici, e per le persone a me care. Vorrei tanto poterli riabbracciare. So che, anche se stanno bene fisicamente, le loro anime sono provate. Proprio come quella di ogni iraniana e iraniano in esilio. Allo stesso tempo, provo un senso di sollievo per la morte di coloro che considero responsabili: quelli che hanno tolto la vita a migliaia di innocenti e ci hanno inflitto tanto dolore. Ma anche in questo caso, mi invadono emozioni contrastanti. Non sarebbe stato più giusto vederli affrontare un processo equo, anziché andarsene così facilmente?“.

Dove vive in Iran la tua famiglia? È al sicuro?

La mia famiglia vive nei dintorni di Teheran. Al momento la loro zona è sicura e lontana da esplosioni e bombardamenti. Però noi stiamo vivendo la guerra sulla nostra pelle. La guerra non è solo una parola. In guerra nessuno è al sicuro. Ogni momento può succedere qualsiasi cosa a chiunque. Dall’altra parte, mia sorella, che era venuta in Italia a trovarmi dopo tre anni, era in viaggio di ritorno quando questa maledetta guerra è scoppiata. Si è trovata bloccata a Dubai, dove aveva una sosta, senza soldi, senza aiuto; non può né proseguire il viaggio né tornare indietro. Ho scritto una mail all’ambasciata italiana negli Emirati, chiedendo un appuntamento urgente e di rinnovarle il visto per poter tornare, ma non ho ricevuto nessuna risposta. La guerra è così: rimani senza protezione, lontana da casa, e nessuno ti aiuta“.

Hai avuto modo di sentirli o di sentire i tuoi amici per sapere cosa sta davvero accadendo?

Ogni giorno chiedo notizie a tutti, pregandoli di rassicurarmi sulla loro salute. Tuttavia, so che il governo iraniano si interessa solo alla propria sopravvivenza. In una situazione così critica, invece di garantire maggiore sicurezza ai cittadini e fornire istruzioni utili per affrontare la guerra, si limita a diffondere poesie e slogan vuoti, oltre a inviare messaggi minacciosi e intimidatori. Inoltre, siamo anche preoccupati per possibili interruzioni di internet e delle comunicazioni. Tutti, sia gli iraniani residenti nel paese sia quelli all’estero, sono ormai giunti al limite del crollo psicologico“.

In questi giorni è aumentata la repressione del regime nei confronti degli oppositori?

Sì. Il regime prosegue con le sue politiche repressive in ogni circostanza, e anche in questo periodo critico arresti ed esecuzioni non si sono fermati. Alla popolazione vengono inviati regolarmente messaggi minacciosi e intimidatori per i motivi più vari: dal tipo di abbigliamento ai post pubblicati sui social network, fino alla semplice condivisione di foto e video relativi agli attacchi israeliani. Sui social, i sostenitori del regime etichettano come traditori della patria tutti coloro che hanno espresso anche solo una minima gioia per la morte di alcuni comandanti militari. Le minacce che rivolgono sono inquietanti: dichiarano apertamente che, una volta finita la guerra, intendono ripetere qualcosa di simile ai massacri degli anni ’80, in particolare quelli del 1988 contro i prigionieri politici“.

Credi che per gli iraniani sia più forte la tristezza per la guerra o la gioia per la possibile fine del regime?

Davvero non so che risposta dare a questa domanda. Se ti chiedessero di scegliere tra restare prigioniera nella tua stessa casa, sotto oppressione e tortura, oppure ricevere indietro solo le macerie di quella casa, perdere le persone che ami… e forse, solo allora, essere libera — tu cosa sceglieresti?“.

Credi che il regime cadrà?

È possibile che questo accada — ed è proprio questo il mio desiderio, come sicuramente lo è per milioni di altri iraniani. Ma forse la guerra finirà e questo regime continuerà comunque a esistere. In quel caso, la sconfitta più grande sarà toccata al popolo iraniano. Come sempre, saranno le persone comuni a pagare il prezzo delle decisioni dei politici. L’unica cosa di cui sono certa è che nessuno straniero farà mai qualcosa davvero per il bene di un altro popolo. Lo farà solo se ci sono in gioco i propri interessi. Il destino di questa guerra, purtroppo, è nelle mani dei potenti e dei politici. E, come sempre, a pagarne il prezzo sono le persone innocenti“.

Che futuro immagini per il tuo Iran?

Siamo intrappolati in una situazione complessa. Da un lato, c’è un regime crudele che non ha alcuna strategia chiara per la guerra, non dà valore alla vita del proprio popolo e, bombardando deliberatamente aree civili in Israele, mette in pericolo ancora maggiore gli iraniani. Dall’altro lato, un altro regime spietato che fa di tutto per distruggere le infrastrutture dell’Iran, indebolire e disarmare il regime…ma in mezzo, a morire, ci sono ancora una volta persone innocenti. Noi proviamo sentimenti contrastanti. Nessuno di noi vuole questa guerra, né la sostiene. Ma allo stesso tempo, non vogliamo questo regime e non ci fidiamo di esso. In tutto questo, il regime continua a reprimere la popolazione e a imporre una censura durissima su internet. Nessun media fornisce dati precisi e trasparenti sul numero delle vittime, sull’entità delle distruzioni, o sulle vere emozioni della gente. In una situazione del genere, è vitale che la nostra voce venga ascoltata. Non sono ottimista sul futuro. Il solo pensiero di cosa potrebbe uscire da uno scontro fra due regimi estremisti mi paralizza. Le minacce del presidente degli Stati Uniti di oggi, e l’allarme per evacuare Teheran, sono profondamente preoccupanti. Ma vi siete mai chiesti: come si può evacuare una città di 15 milioni di abitanti in una sola notte? Cosa ne sarà di chi non ha un posto dove andare, di chi non ha soldi per spostarsi? Di chi ha persone care in carcere o familiari malati negli ospedali? Come possono lasciare Teheran?

Quanto è grande la minaccia nucleare iraniana?

Un anno fa, durante un’intervista con te, avevo parlato del pericolo rappresentato dall’accesso dell’Iran a un’arma nucleare, un rischio che riguarda tutto il mondo. Oggi lo ripeto: questa guerra è una minaccia non solo per l’Iran e per il Medio Oriente, ma per il mondo intero. Credo che ormai sia tardi perché gli altri paesi ascoltino la nostra voce (lo avrebbero dovuto fare, non per noi iraniani, ma per proteggere i propri interessi). Ma più tardi verrà ascoltata questa voce, più gravi saranno le conseguenze. Non solo per il futuro dell’Iran, ma per tutto il mondo.  Cosa succede se gli impianti nucleari in Iran subiscono danni gravi? Temo che una catastrofe umanitaria sia imminente. E se ciò accadrà, il mondo — quel mondo che non ha ascoltato per tempo la nostra voce e ha continuato a sostenere il regime islamico — dovrà fare i conti con le conseguenze“.

17 Giugno 2025

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