La giovane dissidente

Leila, da Teheran a Roma: “Fuggita dall’Iran per una vita migliore. Non posso tornare, il regime è spietato. Non ho potuto abbracciare papà prima che morisse”

Laureata in matematica e informatica, ha 37 anni e lavora come data scientist. Dal 2016 vive in Italia ed è una delle attiviste del movimento 'Donne, vita, libertà' che da due anni, nella Repubblica Islamica e all'estero (molto di meno), hanno scatenato manifestazioni e proteste contro la dittatura degli ayatollah. Amici arrestati e vittime di violenze, in tanti sono dovuti scappare via. Il ruolo della religione, la guerra contro Israele e l'Occidente, la percezione che hanno gli iraniani e che abbiamo noi di quel contesto. E la grande paura: quella del nucleare. La testimonianza

Storie - di Andrea Aversa - 29 Aprile 2024

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Leila, da Teheran a Roma: “Fuggita dall’Iran per una vita migliore. Non posso tornare, il regime è spietato. Non ho potuto abbracciare papà prima che morisse”

L’ambiente è soffocante, abbiamo paura. La repressione contro i giovani e le donne è aumentata. Il regime ha timore, per questo è diventato più feroce. Ma i media e la comunità internazionale ci stanno abbandonando. Devono capire che abbiamo bisogno di loro, da soli non possiamo abbattere la dittatura“, è uno sfogo ma anche un appello quello lanciato da Leila su l’Unità. Di lei possiamo riportare solo il nome. Il cognome è meglio non scriverlo. Perché lei vive in Italia ma la sua famiglia è ancora in IranLeila teme per la loro sicurezza. Ha il terrore che il governo iraniano possa mettere in campo delle violente ritorsioni. Leila è venuta a Roma nel 2016. Lo ha fatto per motivi di studio ma soprattutto per avere una vita migliore e libera. Laureata in matematica e informatica, 37 anni e iscritta al Partito Radicale (l’unico ad essere sceso in piazza per le donne iraniane), oggi lavora per un’azienda privata come data scientist.

La storia di Leila

Nel settembre del 2022 sono tornata in Iran per fare visita a papà, malato di cancro. – ha spiegato LeilaOra papà non c’è più ed io non ho potuto neanche salutarlo. Perché in Iran non posso più tornare, rischierei l’arresto. Da quando, a partire dalla morte di Masha Amini, sono esplose di nuovo le proteste la dittatura è diventata ancora più violenta“. Avvolgiamo un po’ il nastro degli eventi e facciamo un salto indietro nel tempo. Già in passato, ci sono state diverse manifestazioni contro il regime, nelle principali città della Repubblica Islamica. Nel 2009 è nato il Movimento Verde, sulla scia delle Primavere arabe e come presidente c’era il ‘falco’ Mahmoud Ahmadinejad. Altri moti ci sono stati nel 2017 e nel 2019. Durante quest’ultimo anno, “il regime staccò internet e uccise più di 2mila persone“, ha ricordato Leila.

In fuga da Teheran

E arriviamo così al 2022. Il 16 settembre di due anni fa, perse la vita la giovane Masha Amini, picchiata fino alla morte dagli agenti della Polizia Morale (un nome che rende bene l’idea dei quali possano essere i compiti di chi ne fa parte), perché ‘colpevole’ di aver indossato male il velo. Quest’omicidio spinse migliaia di giovani in piazza, tra questi centinaia di donne sono state immortalate mentre toglievano il velo o tagliavano ciocche dei propri capelli. Immagini che hanno fatto il giro del mondo. “Sono sincera – ha detto Leila – Fui colpita del fatto che l’opinione pubblica occidentale rimase sconvolta da quegli episodi. Questo mi fece capire quanto poco si sa dell’Iran e del suo regime“. Quelle proteste sono state le prime che hanno chiamato in causa la Guida Suprema Ali Khamenei.

Le proteste e la repressione

Ho un’amica che ha partecipato a quelle manifestazioni insieme a me – ha affermato Leila – Anche lei è venuta a vivere in Italia per motivi di studio. Quando nel 2023 è tornata in Iran, è stata fermata in aeroporto e arrestata per due giorni. Le hanno sequestrato tutti i dispositivi elettronici e i documenti. È stata interrogata, minacciata e condannata a 5 anni di prigione. Dopo due mesi che era stata emessa la sentenza, è riuscita a scappare per tornare in Italia. Ora anche lei non può più tornare a casa“. La repressione del regime è diventata più spietata. All’ingresso delle università e in generale dei luoghi pubblici, vi sono gli agenti della Polizia Morale che effettuano controlli, sequestrano auto e molestano le donne. Non solo, un dispositivo del governo autorizza chiunque a intervenire, se nota un comportamento non consono alle regole islamiche imposte dalla dittatura e dalla religione di Stato.

Il ruolo della religione e i giovani iraniani

L’Iran è un paese religioso – ha spiegato Leila – Noi non combattiamo contro la religione in se ma contro l’uso che ne fa il potere. Chi non ci capisce, dice che c’è il rischio di una deriva islamofobica. Ma io dico, è normale! Siamo noi che siamo islamofobici. È ovvio dopo decenni di repressione in nome dell’Islam. Ma noto che sul tema c’è molta ignoranza che spesso porta all’intolleranza. E non è bello che ciò accada nei paesi occidentali, dove esistono libertà e diritti“. Un po’ di numeri: dal 2022, in Iran, “sono state uccise più di 600 persone, di queste almeno 74 erano minorenni. A 580 persone sono stati mutilati gli occhi, 46 sono state condannate a morte“, ci ha detto Leila. Infine, l’attualità: com’è la situazione economica oggi in Iran e cosa pensano i giovani sulla guerra contro Israele? Anche su questo Leila è stata molto chiara.

La guerra con Israele e la propaganda

Quello che sta accadendo tra Israele e Hamas è stato molto importante per il regime. Questo conflitto ha distratto i media e la comunità occidentale da ciò che la dittatura iraniana rappresenta. Perché gli ayatollah abbiano sostenuto questo scontro? È evidente, è stata una scelta fatta per nascondere le proteste interne e aumentare la repressione contro i dissidenti. Il ruolo della propaganda di Stato è ancora molto forte e fondamentale per il regime. La maggior parte delle persone che sono scese in piazza per applaudire all’attacco scatenato contro Israele, sono state pagate. Poi è ovvio che c’è chi supporta la dittatura. Io personalmente quando ho visto in tv, qui dall’Italia, quelle scene mi sono arrabbiata tantissimo“.

La povertà e il pericolo dell’atomica

Si è trattato dello stesso fenomeno accaduto negli anni ’80, durante il conflitto contro l’Iraq di Saddam Hussein, “la maggior parte del popolo iraniano – ha affermato Leilaquelli che lottano per la libertà, oggi come allora sono contro qualunque tipo di guerra. Lo sappiamo benissimo che il regime ne ha approfittato e ne approfitterà per aumentare la violenza contro noi e per fare propaganda“. Eppure, la povertà dilaga in tutto il Paese: “Tutti i giorni i prezzi dei beni cambiano anche per quelli di prima necessità – ha raccontato Leila – Molte famiglie non riescono più a comprare la carne e la frutta. La situazione peggiora. Certo ci sono le sanzioni, ma anche un grande pericolo: quello del nucleare. È incredibile come non ci sia una condanna forte da parte dell’Occidente contro i piani del regime sull’atomica. Io ho molta paura. Se gli ayatollah dovessero riuscire e realizzare la bomba nucleare, diventerebbero una vera minaccia per la sicurezza mondiale“.

29 Aprile 2024

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