L'inchiesta a Roma
Villa Pamphili, il Dna conferma che i corpi sono di madre e figlia: le tracce di una terza persona, i tatuaggi e le testimonianze

Sono madre e figlia la donna di circa 40 anni e la neonata di sei mesi trovata morte nel pomeriggio di sabato 7 giugno nel parco di Villa Pamphili a Roma. Dalle attese analisi del Dna è arrivata la conferma alle ipotesi degli inquirenti sul rapporto di parentela tra le due.
Come scoperto dalle analisi già effettuate sulle salme delle vittime, le due sono morte a distanza di quattro giorni l’una dall’altra, salvo essere ritrovate a distanza di poche decine di minuti sabato pomeriggio.
La bimba di sei mesi potrebbe essere morta per strangolamento, anche se sul corpo sono stati trovati dei segni dovuti a traumi ad un braccio e alla gamba destra, oltre che alla nuca. La madre, morta almeno quattro giorni prima della piccola, era stata rinvenuta sotto un sacco nero e senza alcun vestito addosso: su di lei non risultano segni di una morte violenta e una delle ipotesi è sia morta per overdose, ma sarà l’esame tossicologico a confermarlo. Sul sacco che copriva il corpo della madre però sono state trovate tracce genetiche di una terza persona.
Le indagini per duplice omicidio aggravato, coordinate dal pm Antonio Verdi e dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, restano complicate. Al momento vi sarebbero due segnalazioni ritenute di maggiore interesse investigativo tra quelle giunte finora: una donna ha riferito agli investigatori di aver visto venerdì sera a Villa Pamphili un uomo con una bimba in braccio nei pressi di dove poi è stata ritrovata, racconto che troverebbe riscontro con quanto raccontato anche da tre minorenni che hanno contattato il 112 fornendo la stessa versione su un uomo che si aggirava nella villa con in braccio un fagotto.
Agli inquirenti stanno arrivando anche le prime telefonate dopo la diffusione delle immagini dei tatuaggi presenti sul corpo della donna trovata morta. Tentativi di identificare la vittima che si sono allargati anche all’estero: le sue impronte dattiloscopiche sono state inviate anche all’estero per effettuare verifiche nelle banche dati dopo che quelle italiane non hanno fornito risultati.