Si allargano le proteste

Cosa sta succedendo a Los Angeles: la protesta contro Trump mette a ferro e fuoco la città

A differenza che in Italia, in California la popolazione locale e le istituzioni (vedi il governatore che ha intrapreso un’azione legale contro il tycoon) appoggiano i più deboli, perseguitati dal truce Donald

Esteri - di Filippo La Porta

10 Giugno 2025 alle 15:00

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AP Photo Jae Hong – Associated Press/LaPresse
AP Photo Jae Hong – Associated Press/LaPresse

Qual è la principale differenza tra la rivolta attuale dei migranti a Los Angeles (30 arresti) e San Francisco, repressa dalla Guardia Nazionale schierata da Trump – con un arbitrio denunciato da Kamala Harris e che gli costerà almeno una causa da parte del governatore della California – e una possibile, per certi versi auspicabile rivolta (ovviamente nonviolenta) dei migranti in Italia? Che lì, in California, la popolazione locale e l’amministrazione sono perlopiù dalla parte dei migranti!

Quando si sono presentati in tenuta anti-sommossa 300 soldati della Guardia Nazionale – che tra l’altro hanno ferito con i proiettili di gomma due reporter – un signore con il berretto della squadra di baseball di LA gli ha gridato “Voi qui non siete i benvenuti!”. Ora, i raid contro i migranti irregolari erano pianificati da tempo. Ricordate il discorso di Trump alla Fox in ottobre? “Noi abbiamo un nemico interno e uno esterno, e quello interno è più pericoloso della Cina o della Russia…gente malata, i pazzoidi – lunatic – della sinistra radicale”. La California sembra proprio il bersaglio ideale di questa campagna terroristica, in quanto covo della wokenesse della immigrazione illegale. Migliaia di persone a Los Angeles hanno invaso le strade intorno al municipio, al tribunale federale e al centro di detenzione. La rivolta non è rimasta isolata. In particolare la comunità ispanica, ben coesa e integrata, ha saputo creare una rete di solidarietà intorno alla protesta. Per ora la situazione sembra sotto controllo, dopo due giornate di scontri violenti, auto incendiate, negozi vandalizzati, uso di molotov, etc., ma si teme una escalation. Già Trump ha minacciato, come in un film surreale-parodistico di Tim Burton, l’impiego dei marines. E ha già evocato lo spettro dell’Insurrection Act, che dà un potere smisuratamente ampio al presidente (altro che lo “stato di eccezione”!).

Ora, può darsi che per deformazione “professionale” io tenda a sopravvalutare il ruolo della letteratura, ma quella solidarietà è resa possibile dai romanzi di John Steinbeck, che hanno raccontato con scrupolo e amore la condizione degli immigrati messicani in California, una epopea di disperazione e fraternità, e sui quali si sono formate generazioni di americani. In Furore Tom Joad, citando un predicatore, dice “Uno non ha un’anima tutta sua ma solo un pezzo di un’anima grande”. Va bene, non abbiamo avuto Steinbeck, ma basterebbe meditare su questa frase per sottrarsi a qualsiasi moralismo o retorica umanitaria. Ciascuno di noi ha solo un pezzetto di un’anima assai più grande, collettiva. Siamo – fatalmente – interconnessi. Riconoscerlo è il primo passo perché qualsiasi protesta dei migranti non resti isolata dentro la società civile.

10 Giugno 2025

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