Disastro umanitario
Gaza, caos a Rafah: assalto al centro di distribuzione degli aiuti umanitari, spari per fermare la folla

Scene che evidenziano il sostanziale fallimento del piano progettato da Stati Uniti ed Israele per distribuire nuovamente, e in maniera estremamente limitata, aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Sono quelle emergono dai video postati sui social e che ritraggono il caos assoluto di Rafah, dove migliaia di sfollati palestinesi hanno preso d’assalto uno dei centri di distribuzione aperti nella città al confine con l’Egitto.
Per fermare l’assalto, secondo alcune fonti locali, sarebbe stato aperto il fuoco contro la folla: non è chiaro al momento se a sparare siano stati gli agenti della sicurezza privata americana che sorvegliano i siti o le forze di difesa israeliane.
Aid distribution to displaced families has failed due to Israel’s ongoing starvation policy in Gaza. The Israeli occupation forces have established only one aid distribution point for 2 million people, worsening the situation.
The continued blockade and obstruction of aid have… pic.twitter.com/R6e4Vzdap1
— Quds News Network (@QudsNen) May 27, 2025
Tre dei centri di distribuzione si trovano nell’area di Tel Sultan, a Rafah, nella parte meridionale della Striscia, mentre il quarto si trova nell’area del corridoio di Netzarim, a sud di Gaza City.
Oggi l’IDF aveva annunciato che due dei quattro siti, quello di Tel Sultan e quello nel corridoio di Morag, tra Khan Yunis e Rafah, avevano iniziato a funzionare distribuendo i pacchi alimentari attesi ormai da oltre due mesi, da quando il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha bloccato l’accesso degli aiuti umanitari nell’enclave palestinese.
Il Times of Israel cita a proposito di quanto accaduto a Rafah una dichiarazione della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), cioè l’organizzazione incaricata del nuovo meccanismo di distribuzione, che ha sminuito l’episodio dicendo che “i bisogni sul campo sono enormi” e che “nel tardo pomeriggio il numero di persone presenti al centro di distribuzione era tale che il team della Ghf ha deciso di ritirarsi per consentire a un piccolo numero di abitanti di Gaza di prendere gli aiuti in sicurezza e poi andare via”.
Prima dell’irruzione, Ghf aveva fatto sapere che “finora sono state distribuite circa 8.000 scatole di cibo. Ogni scatola sfama 5,5 persone per 3,5 giorni, per un totale di 462.000 pasti“.
Gaza Humanitarian Foundation che è stata scossa nelle scorse ore dalle clamorose dimissioni del suo Ceo, l’ex marine Usa Jake Wood, che aveva preferito fare un passo indietro proprio alla vigilia dell’apertura nella Striscia dei centri di distribuzione: “Non è possibile applicare questo piano mantenendo i principi fondamentali di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, che non sono disposto ad abbandonare”, le parole durissime di Wood, che prima della Ghf si era occupato per anni con una sua ong (Team Rubicon) di soccorso alle popolazioni colpite da catastrofi.
Una retromarcia che arriva anche a seguito delle numerose inchieste internazionali che hanno sollevato dubbi sulla Gaza Humanitarian Foundation, fondazione nata lo scorso febbraio e registrata a Ginevra col sostegno di Israele e Stati Uniti: ad oggi non è chiaro chi siano i fondatori ma soprattutto chi siano i suoi finanziatori. Un sistema duramente criticato anche dall’Onu, che si era rifiutata di parteciparvi denunciando la militarizzazione degli aiuti umanitari e quella che appare come una copertura di un piano di trasferimento forzato dei palestinesi.