Lo scontro al confine
La storia del conflitto tra India e Pakistan: perché le due potenze nucleari sono in guerra
Turchia: rischio di conflitto totale. Preso di mira il Kashmir anche nella provincia più popolosa, il Punjab. Continuano i colpi di artiglieria pesante lungo la Linea di Controllo
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Non bastavano l’Ucraina e il Medio Oriente. La “Terza guerra mondiale a pezzi” di cui più volte aveva parlato Papa Francesco, ora si estende all’Asia e coinvolge due potenze nucleari. L’India ha attaccato il Pakistan: il governo di Nuova Delhi ha confermato di aver effettuato, nelle prime ore di mercoledì (ora locale; la notte italiana) «attacchi missilistici di precisione contro nove siti terroristici» nella parte del Kashmir controllata da Islamabad, dopo gli scontri dei giorni scorsi seguiti all’attentato del 22 aprile che ha causato la morte di 26 turisti nella regione contesa. Nuova Delhi aveva accusato il Pakistan di aver appoggiato l’attentato; Islamabad ha negato ogni responsabilità.
Il Pakistan ha definito quanto avvenuto nelle scorse ore «un atto di guerra»; per l’India è invece un attacco «preventivo» per sventare «nuovi attentati» che sarebbero stati «in fase di preparazione». Il governo di Islamabad ha poi autorizzato le sue forze armate a reagire con «azioni corrispondenti», appellandosi alla Carta Onu sul diritto alla legittima difesa. Si tratta del più violento scontro da due decenni a questa parte tra i due Paesi, entrambi dotati di armi atomiche.
Gli attacchi missilistici indiani, condotti da aerei che non hanno mai violato lo spazio aereo pachistano, sono stati confermati anche da Islamabad: l’esercito pachistano ha dichiarato che sono state prese di mira diverse località nel Kashmir e anche nella provincia più popolosa del Paese, il Punjab, al confine con l’India. Le segnalazioni di scontri a fuoco con colpi di artiglieria pesante tra truppe indiane e pakistane lungo la Linea di Controllo, il confine di fatto che divide il Kashmir tra India e Pakistan, continuano ad arrivare. Secondo quanto dichiarato dall’esercito pachistano, sarebbero almeno 26 i pachistani uccisi e 46 i feriti negli attacchi dell’esercito indiano. Tra le vittime, 13 persone – tra cui ci sono «donne e bambini» – sono morte nell’attacco missilistico indiano alla moschea di Bahawalpur, nel Punjab pachistano. Il gruppo estremista islamico Jaish-e-Mohammad ha detto che dieci membri della famiglia del suo leader – Masood Azhar – sono stati uccisi. Secondo quanto riportato dall’Associated Press, i missili lanciati dall’India avrebbero danneggiato almeno 4 moschee e una clinica medica.
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Il bilancio dello scontro
È salito a 15 morti e 43 feriti il bilancio degli indiani che hanno perso la vita a causa del contrattacco sferrato dalle forze armate pakistane in risposta all’attacco missilistico e con colpi d’artiglieria sferrato dall’India. Lo rende noto l’esercito indiano secondo cui i raid pakistani hanno colpito zone civili a Poonch e Tangdar, nel Kashmir amministrato dall’India. Le autorità pachistane hanno chiuso lo spazio aereo intorno alle città di Lahore e Karachi. Air India ha cancellato tutti i voli da e verso il Kashmir: quasi 200 voli interni sono stati cancellati nel nordovest del Paese, e diversi aeroporti sono stati chiusi, tra cui quello di Srinagar, la capitale del Kashmir indiano. All’aeroporto di Nuova Delhi sono stati annullati almeno 20 voli di varie compagnie, mentre due voli internazionali destinati ad Amritsar sono stati dirottati e fatti atterrare nella capitale. Qatar Airways ha temporaneamente sospeso tutti i voli per il Pakistan.
«Giustizia è fatta» ha scritto su X il ministero della Difesa di Nuova Delhi, che poi in un comunicato ha parlato di attacchi “precisi, misurati e non atti a provocare un’escalation”. Le autorità indiane hanno aggiornato le controparti di diversi Paesi tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e la Russia. Nuova Delhi ha battezzato l’operazione “Sindoor” che è la polvere rossastra che le donne indiane si mettono sulla fronte per simboleggiare che sono sposate. Il premier Modi ha annullato la missione che aveva in programma in alcuni Stati nel Nord Europa. Modi ha poi elogiato le forze armate affermando che l’operazione Sindoor è «motivo di orgoglio nazionale» e ha portato all’uccisione di «80 terroristi». Tra le vittime ci sarebbero diversi familiari di Masood Azar, fondatore dell’organizzazione terroristica Jaish-e-Mohammed (Jem) .
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif ha affermato che le forze armate del Paese sono state “autorizzate a intraprendere azioni corrispondenti” in seguito agli attacchi dell’India. Lo riportano i media internazionali. “In conformità con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, il Pakistan si riserva il diritto di rispondere, per legittima difesa, nel momento, nel luogo e nel modo che riterrà più opportuno, per vendicare la perdita di vite innocenti di pachistani e la palese violazione della sua sovranità”, ha aggiunto una dichiarazione dell’ufficio del primo ministro «Queste azioni dell’India rivelano la vera natura del loro governo fascista. Il Pakistan risponderà alle provocazioni indiane con tutta la sua forza» aggiunge il capo dello Stato Asif Alì Zardari. L’India è anche accusata di aver “causato gravi pericoli alle compagnie aeree commerciali appartenenti ai Paesi fratelli del Golfo, mettendo a repentaglio la vita di migliaia di passeggeri a bordo”, e di aver “deliberatamente preso di mira anche il progetto idroelettrico di Neelum-Jhelum, in violazione delle convenzioni internazionali”, come riporta il sito di Dawn.
Cresce la preoccupazione internazionale. Gli Stati Uniti chiedono una ricomposizione della crisi, il presidente americano Donald Trump ha definito «una vergogna» l’attacco indiano. La Cina «deplora» gli attacchi dell’India contro il Pakistan ed esprime preoccupazione per la nuova escalation delle tensioni tra i due vicini, ai quali ha chiesto «moderazione»: è la dichiarazione di un portavoce del ministero degli Esteri cinese in una nota. Per la Turchia invece c’è ora il rischio che gli attacchi sfocino in una «guerra totale». Un appello alla moderazione e al dialogo è arrivato anche dalla Russia. «Il mondo non può permettersi uno scontro militare» tra India e Pakistan, ha detto Stéphane Dujarric, il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres: «L’Onu invita entrambi i Paesi a dare prova di moderazione militare». Ma la moderazione non è di casa né a Nuova Dehli né a Islamabad.