A 77 anni

È morto Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse

Condannato per omicidio, banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona. Si pentì, ripudiò la violenza ma non divenne mai collaboratore di Giustizia

Cronaca - di Redazione Web

27 Aprile 2025 alle 08:52

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©Claudio Papi/LaPresse 04-05-1978 Torino Archivio Storico Politica – Varie Nella Foto: Da sx Renato Curcio , Mario Moretti e Alberto Franceschini leggono il giornale durante un processo
©Claudio Papi/LaPresse 04-05-1978 Torino Archivio Storico Politica – Varie Nella Foto: Da sx Renato Curcio , Mario Moretti e Alberto Franceschini leggono il giornale durante un processo

È morto Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse, insieme con Renato Curcio e Mara Cagol. Aveva 78 anni, è morto lo scorso 11 aprile ma la notizia è stata diffusa soltanto nella serata di ieri. Franceschini aveva sempre legato, da un punto di vista ideologico, la sua militanza nelle Br alla lotta partigiana, come un seguito. Non ha mai collaborato con la magistratura pur dissociandosi, nel 1982, dalla lotta armata. Sarebbe rimasto in carcere comunque per altri dieci anni.

Franceschini era nato nel 1947 a Reggio Emilia, figlio di una famiglia di tradizione comunista. Era entrato in politica molto giovane, rimase deluso all’interno della Federazione Giovanile Comunista dopo degli scontri con il servizio d’ordine del Pci in una manifestazione nel 1969 contro la base Nato di Miramare di Rimini. Fu il primo brigatista latitante dopo non essersi presentato nel 1971 al servizio militare di leva.

Ha fondato, nel 1970 a Milano, le Brigate Rosse con Renato Curcio. Divenne uno dei leader dell’organizzazione. A 25 anni aveva preso parte al sequestro di Idalgo Macchiarini, dirigente della Siemens, e due anni dopo a quello del magistrato e politico Mario Sossi. Con Curcio venne arrestato per una serie di accuse, tra cui quella dell’omicidio di due membri del Movimento Sociale Italiano a Padova, grazie alla collaborazione di Silvano Girotto, conosciuto come ‘frate mitra’.

È stato considerato colpevole, con sentenza definitiva, in tutto per una sessantina di anni di carcere. Le accuse: duplice omicidio, costituzione di banda armata, costituzione di associazione sovversiva, sequestro di persona, oltraggio a pubblico ufficiale e rivolta carceraria. È stato uno dei brigatisti più attivi nelle carceri speciali, da dove aderì al Partito Guerriglia di Senzani dopo la scissione di quest’ultimo dalle Br di Moretti.

È considerato uno dei fautori della caccia agli “infami” dell’organizzazione, membri accusati di delazione. Detenuto fino al 1992, per 18 anni, prese le distanze dalla lotta armata senza mai rinnegare il suo passato. Ripudiò la violenza esprimendo pentimento ma non divenne mai collaboratore di Giustizia. Venne scarcerato dopo i primi permessi premio e i domiciliari. La sua pena gli era stata ridotta. Dopo la reclusione lavorò presso l’Arci ora d’aria. A febbraio 2024 era stato identificato a Milano con altre persone che si erano ritrovate nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaya per commemorare Alexei Navalny.

27 Aprile 2025

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