Il caso del sindaco
Mimmo Lucano resta sindaco, no di Riace al Viminale
Il Viminale è tornato all’attacco tentando di far rientrare anche la condanna per falso con pena sospesa nel raggio d’azione della legge Severino che sancisce la decadenza degli eletti colpiti da condanna penale. Non è questo, però, che prevede la legge.
Politica - di Redazione Web

Non va in porto la manovra del Viminale contro Mimmo Lucano. Il consiglio comunale di Riace ha respinto la richiesta della Prefettura di Reggio Calabria di farlo decadere dalla carica di sindaco perché condannato a 18 mesi per falso. La Prefettura potrebbe impugnare la decisione in sede civile e potrebbe poi proporre ricorso fino in Cassazione. Ma si tratta di un percorso lungo, tortuoso e non rapido.
La Cassazione lo scorso marzo ha accolto il ricorso di Lucano, oggi eurodeputato di Alleanza verdi sinistra, contro la persecuzione giudiziaria che per distruggere il modello di accoglienza degli immigrati che ha fatto di Riace un caso virtuoso studiato internazionalmente ha montato addosso a Mimmo Lucano fin dal 2018 un castello di menzogne che ha devastato il modello concreto di gestione dell’immigrazione realizzato nel borgo di Riace oltre a rovesciare tonnellate di menzogne diffamanti su Lucano facendolo passare per criminale.
Il castello di accuse infamanti tenuto su dal Tribunale di Locri è stato interamente distrutto dalla Cassazione che ha cancellato la condanna a 13 anni mantenendo però la condanna a 18 mesi per falso, pur se con la sospensione della pena. Il Viminale è tornato all’attacco tentando di far rientrare anche la condanna per falso con pena sospesa nel raggio d’azione della legge Severino che sancisce la decadenza degli eletti colpiti da condanna penale. Non è questo, però, che prevede la legge.
Le norme della Severino impongono la decadenza degli eletti condannati, anche non con sentenza definitiva, per reati di mafia, traffico di droga, corruzione e crimini contro la Pubblica amministrazione, i condannati in primo e secondo grado per reato doloso e gli eletti su cui gravi una misura di prevenzione non definitiva se sospettati di associazione mafiosa o associazione criminale. Le norme della Severino lasciano però margine di manovra al ministero degli Interni nel valutare la possibilità di richiedere la decadenza per poi sottoporla all’assemblea di cui l’eletto fa parte.