L'inchiesta della Procura

Esplosione al deposito di Calenzano, dirigenti Eni tra i nove indagati: “Evento evitabile, tentativo di inquinare le indagini”

Cronaca - di Redazione

19 Marzo 2025 alle 16:40

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Foto Alessandro La Rocca/LaPresse
Foto Alessandro La Rocca/LaPresse

Nove persone indagate, oltre alla società Eni SpA, per i reati contestati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Sono questi gli avvisi di garanzia inviati dalla Procura di Prato in relazione all’esplosione avvenuta lo scorso 9 dicembre al deposito di idrocarburi Eni di Calenzano, in provincia di Firenze.

A comunicarlo è stato il procuratore Luca Tescaroli, che ha seguito l’inchiesta sull’esplosione costata la vita a cinque persone e che provocò anche 28 feriti, alcuni rimasti a lungo in condizioni gravi.

Esplosioni che per la Procura son erano un “evento prevedibile e evitabile“, frutto di un “errore grave e inescusabile”.

Il tentativo di ostacolare le indagini su Calenzano

Tescaroli ha spiegato che nel corso delle indagini sono emerse condotte di responsabilità oggettiva da parte di Eni SpA, che è “oggetto di illecito amministrativo” anche per via di uno dei nove indagati, il quale avrebbe “tentato in qualche modo di ostacolare le indagini” sulle cause dell’esplosione creando una cartella documentale emersa più di un mese dopo l’esplosione.

Una cartella, con documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio, in cui si dà conto della richiesta di Eni a Sergen, società appaltatrice che aveva in carico le attività di manutenzione, di rimuovere due valvole.

La cartella emerge durante una perquisizione: Sergen srl avrebbe ricevuto da Eni spa delle indicazioni per fare interventi non dovuti a due valvole (la rimozione), lungo l’area in cui partì l’avaria che causò la prima esplosione seguita da altre tre (furono quattro in tutto). “Tale documentazione – ha spiegato il procuratore Luca Tescaroli – non avrebbe dovuto esserci a valle”, oltre un mese dopo “l’incidente” e il non averli scoperti “avrebbe potuto ostacolare” le indagini nella loro ricostruzione tecnica generale. Tali documenti graverebbero sul comportamento, sulla condotta penalmente rilevante, di uno dei nove indagati nella vicenda”, ha spiegato il procuratore.

I reati a vantaggio di Eni

I dirigenti dell’azienda sono accusati accusati di “una pluralità di delitti di omicidio colposo e lesioni colpose”, per aver operato “a vantaggio della stessa Eni in assenza di un modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile ed evitabile che ha prodotto le quattro esplosioni e l’incendio”.

Reati che per Tescaroli sono stati commessi dai rappresentanti dell’organo dirigente di Eni “Patrizia Boschetti e Luigi Collurà” e dagli altri indagati “inseriti nella struttura di Eni”, “Di Perna, Bini, Ferrara e Proietti“, “nell’interesse e a vantaggio di Eni“, “in assenza del modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile e evitabile che ha prodotto le esplosioni e l’incendio, tipologia di evento che Eni spa, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa”.

In particolare secondo il procuratore capo gli interventi di manutenzione, quel giorno, non potevano e dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne. Gli inquirenti hanno calcolato che se le pompe fossero rimaste chiuse come dovevano, dalle 9 alle 15 di quel 9 dicembre, sarebbero stati persi circa 255mila euro di guadagni.

di: Redazione - 19 Marzo 2025

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