La tragedia a Firenze

A Calenzano l’ennesima strage sul lavoro, la rivolta servirebbe contro le morti bianche

Perché succede questo? Perché da almeno 40 anni il lavoro non è considerato un problema, né un aspetto fondamentale della vita nazionale. È considerato quasi un regalo che viene fatto a chi potrà avere il privilegio di avere uno stipendio e di arricchire i suoi padroni.

Cronaca - di Piero Sansonetti

10 Dicembre 2024 alle 07:00

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Foto Alessandro La Rocca/LaPresse
Foto Alessandro La Rocca/LaPresse

È esploso un deposito di carburante, in un impianto dell’Eni a Calenzano, a due passi da Firenze, e ha provocato una nuova strage sul lavoro. I morti finora accertati sono due, ma ci sono nove feriti e tre dispersi. Sembra che sia esplosa prima un’autocisterna, carica di benzina, mentre faceva rifornimento sotto una pensilina, e poi l’incendio ha fatto saltare una parte dell’immenso deposito. Si è sentito un boato fino ai quartieri più a sud di Firenze, molto lontani da Calenzano, che è a nord. E poi si è alzata una nuvola nera che ha spinto la Regione a chiedere ai fiorentini di starsene a casa e di chiudere ben bene le finestre.

E così anche quest’anno il numero dei morti sul lavoro si ingrandisce, settimana dopo settimana. Per la verità non c’è quasi mai una giornata intera senza morti sul lavoro. Negli ultimi tre anni il numero dei morti è sempre aumentato, sfiorando ormai le mille unità. Che vuol dire che, in media, ogni giorno muoiono due o tre persone. I giornali ne parlano poco. Ne parlano solo quando, come in questo caso, l’incidente è spettacolare. La politica fa pochissimo per combattere questo fenomeno. Anche i sindacati non è che brillino. Meno che mai la magistratura. Una volta i morti sul lavoro, nel gergo della sinistra, venivano chiamati “omicidi bianchi”. Ora si cerca di usare parole meno crudeli.

Eppure, mettetela come volete, ma quella degli operai uccisi dal lavoro è il principale problema che l’Italia ha di fronte: almeno in termini aritmetici. Fare l’operaio è il mestiere più pericoloso che si possa immaginare. Pensate quanti soldati sono morti nel 2024. O quanti agenti di polizia. Quanti carabinieri. Oppure pensate a quanti sono stati gli omicidi di mafia. Nessun paragone è possibile con il numero di operai morti. Spesso muoiono i più giovani, sotto i 24 anni, forse perché sono meno esperti. Spesso invece i più anziani, sopra i 60 anni, forse perché meno forti e reattivi fisicamente.

Gli agenti di polizia, più finanzieri e carabinieri impegnati nella lotta alla mafia e alla difesa della nostra sicurezza, e quindi alla riduzione costante – che si sta realizzando – degli omicidi, sono circa 300mila. E gli omicidi sono più o meno 300 all’anno (dei quali circa la metà in ambito familiare). Gli omicidi bianchi, invece (riprendiamo questo termine) sono quasi mille all’anno e gli ispettori del lavoro (che funzionano da polizia giudiziaria) sono più o meno 3mila. Cioè cento volte meno degli agenti impegnati per la difesa dell’ordine pubblico, sebbene il problema sia numericamente tre volte superiore.

Perché succede questo? Perché da almeno 40 anni il lavoro non è considerato un problema, né un aspetto fondamentale della vita nazionale. È considerato quasi un regalo che viene fatto a chi potrà avere il privilegio di avere uno stipendio e di arricchire i suoi padroni. Sempre più risicato, lo stipendio, ma comunque uno stipendio. Sale lo sfruttamento. Salgono i morti. Scendono i salari. Aumentano i morti. Poi il Premier fa un telegramma, il sindacato organizza uno sciopero regionale, le coscienze sono a posto. E le anime, forse, volano in cielo.

10 Dicembre 2024

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