Il dibattito alla Camera
Sfiducia a Santanchè, la ministra parla di “ergastolo mediatico” ma apre alle dimissioni: “Non voglio essere un problema”

Ribadisce di non aver alcuna intenzione di fare un passo indietro, respingendo l’ipotesi dimissioni, e anzi passa al contrattacco mettendo nel mirino le opposizioni che chiedono a lei e alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di firmare le dimissioni da ministro.
Daniela Santanché si difende con le unghie nel suo intervento alla Camera dove si vota la seconda mozione di sfiducia contro la ministra del Turismo per i due procedimenti giudiziari che la riguardano, da quello sui conti della società Visibilia per cui è stata già rinviata a giudizio a quello sulla presunta truffa allo Stato sulla cassa integrazione Covid, per cui rischia il processo.
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Nel suo discorso l’esponente di Fratelli d’Italia dice di “non sentirsi sola” e in effetti accanto a lei ci sono diversi ministri: il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati, il ministro della Salute Orazio Schillaci, la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, il ministro per l’Istruzione Giuseppe Valditara, il ministro dello Sport Andrea Abodi, il ministro per la Cultura Alessandro Giuli, il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti. Assenti invece la premier Giorgia Meloni e i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini.
Ma alla vicinanza fisica non corrisponde una vicinanza politica: nella dichiarazione di voto i partiti di maggioranza non schierano alcun “big”, lasciando gli interventi non ai capigruppo bensì ad Andrea Pellicini per Fratelli d’Italia, Ingrid Bisa per la Lega ed Enrico Costa per Forza Italia.
Santanchè nell’intervento ricorda di essere costretta a rispondere a una seconda mozione di sfiducia che “ha ad oggetto fatti, tutti da accertare, antecedenti al mio giuramento da ministro”. Quindi ribadisce di sentire la vicinanza degli alleati: “Non mi sento sola, anzi, ringrazio i tanti colleghi che sono oggi qua al mio fianco. Non è un ringraziamento dovuto, è un ringraziamento sentito. Non mi sento sola neanche nell’Italia, perché nella battaglia per il garantismo e per lo stato di diritto credo che ci sia la maggioranza degli italiani”.
La ministra se la prende con le opposizioni e i giornali parlando di “gogna mediatica” contro di lei, di “paginate sui giornali” che “devastano ancora prima del processo la vita delle persone con cicatrici che non si rimarginano. L’ergastolo mediatico rimarrà per tutta la vita, viviamo al tempo dei social, è un fine pena mai”, le parole della ministra.
Un intervento che ha provocato anche la reazione furibonda dei parlamentari di opposizione quando Sanntachè si è definita “l’emblema, rappresento plasticamente, di tutto ciò che detestate: sono quella che porta i tacchi da 12 centimetri, quella del Twiga e Billionaire”. “Voi – ha quindi aggiunto la ministra – non volete combattere la povertà, volete combattere la ricchezza”.
Quanto alla seconda inchiesta su cui rischia un nuovo rinvio a giudizio, quella sulla presunta truffa allo Stato delle sue aziende sulla cassa Covid, Santanchè ha spiegato il suo coinvolgimento nella vicenda “si è limitato a decidere, come praticamente quasi la totalità delle aziende italiane, di accedere a tale beneficio a tutela della salvaguardia dei posti di lavoro. Comunque non toccherà a questo Parlamento decidere, io ho fiducia nella magistratura e vedremo il prosieguo”.
Santanchè ha comunque aperto uno spiraglio a possibili dimissioni, da valutare nella prossima udienza preliminare per il caso della cassa integrazione Covid: la ministra ha ammesso che “è giusto che io faccia una riflessione per valutare le mie dimissioni”, ma anche sottolineato che lo farà “da sola, con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura, guidata solo dal rispetto per la presidente del Consiglio e per il mio partito, per il quale non voglio mai diventare un peso ma restare una risorsa”.