Musica
Edoardo Bennato: vita e canzoni del cantautore dell’isola che non c’è, la carriera, il successo, il film “Sono solo canzonette”
Precursore, artista ribelle, pirata del rock made in Bagnoli, per alcuni il primo a portare il rock e il blues nel cantautorato italiano. Nessuno si era mai esibito in15 stadi di seguito nel giro di un mese
Cultura - di Redazione Web

È stato il cantante de L’isola che non c’è, lo hanno accostato a Bob Dylan, lo hanno definito punk, è stato il primo a esibirsi al Montreux Jazz Festival, il primo ad aver pubblicato due album nel giro di soli 15 giorni, il primo a far registrare un’affluenza di oltre 50mila spettatori allo stadio San Siro di Milano. Edoardo Bennato è definito “artista ribelle, pirata del rock made in Bagnoli, punto di riferimento dell’anticonformismo musicale e ideologico, è stato il primo a portare il rock e il blues nel cantautorato italiano”. E lo è stato, con le sue canzoni ancora indimenticabili sarà questa sera protagonista del film Sono solo canzonette, in onda in prima serata su Rai1 mercoledì 19 febbraio.
Il film, racconto della carriera di Bennato, è presentato da Rai Documentari e Daimon Film, diretto da Stefano Salvati e prodotto da Raffaella Tommasi per Daimon Film, con il sostegno dei Fondi europei della Regione Emilia-Romagna, attraverso Emilia-Romagna Film Commission. Un lavoro che fa ricorso anche all’intelligenza artificiale per ricostruzioni visive in assenza di documentazione d’archivio.
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I primi passi li aveva compiuti con il Trio Bennato, composto con i fratelli Giorgio ed Eugenio. La madre Adele fece appassionare tutti i tre. Creò uno stile tutto suo, personale. Significativa la sua esperienza musicale a Londra, dove cominciò a esibirsi come one-man-band con la chitarra, la batteria a pedale, il kazoo e l’armonica a bocca. Ha sviluppato uno stile unico, mediterraneo ma imparentato alla grande canzone d’autore statunitense, folk e rock, attitudine punk, ha fatto ricorso alla musica classica. Dopo quell’esperienza a Londra, si spostò tra Milano, Roma, fece le prime apparizioni televisive.
Altro aspetto da non tralasciare, la sua appartenenza a Napoli, come si legge da una sua frase sul suo sito ufficiale: “Ci sono prospettive di Valparaiso e di Viña Del Mar in Chile che mi sono familiari, essendoci stato tre volte, e così pure, angoli e stradine di Copenaghen, Londra e Zurigo. Anche di Rio De Janeiro e Buenos Aires conosco luoghi, spiagge ed itinerari, e nei Caraibi ci sono stato la prima volta a 12 anni d’età e ci sono ritornato almeno una ventina di volte, tra Cuba, la Jamaica, S. Domingo, Guadalupe, St. Lucia e tutte le isole di sottovento. È stata una fortuna aver visitato ripetutamente e convulsamente tante parti del mondo. Ma la mia fortuna più grande è quella di essere nato a Napoli, che a questo punto, dopo aver visto tanti posti bellissimi, considero la città più bella del mondo. Napoli e Bagnoli le conosco bene, sono mie e ne parlo da sempre anche nelle canzoni”.
Dalla cartella stampa:
Stadio San Siro, 19 luglio 1980. Non era mai successo prima nella storia della musica che un artista si esibisse in 15 stadi di seguito nel giro di un mese. Gianni Minà insegue Edoardo Bennato lungo il tragitto verso il palco di San Siro nella data conclusiva di questo tour da record. “Hai paura?”, domanda il giornalista tra i più amati, cronista di vita. “Ho paura che non si divertano e che io non mi diverta”, risponde l’artista, tra i più grandi cantautori di sempre, ribelle e anticonformista, tra i primi a fare del rock in Italia.
Scena successiva. Riflettori accesi, stadio gremito, Bennato imbraccia la chitarra ed emozionato si avvicina al microfono: “Voi mi vedete su un palco, con l’adesione di tanta gente attorno tra gli applausi e pensate che io sia sempre io, in ogni circostanza sicuro di me. Invece vi assicuro, ve lo confesso, ho un sacco di paure, perplessità, di dubbi, né più né meno. Questa è una canzone di speranza”.
E parte L’isola che non c’è.
Per raccontare la sua traiettoria, il film fa ricorso alle testimonianze e alle opinioni di personaggi e colleghi come Jovanotti, Paolo Conte, il fratello Eugenio, Carlo Conti, Mogol, Ligabue, Marco Giallini, Max Pezzali, Neri Marcorè, Leonardo Pieraccioni, Clementino, Dori Ghezzi, Alex Britti, Leo Gassmann; e, inoltre, gli interventi di Carlo Massarini, Giancarlo Leone, Paolo Giordano e Stefano Mannucci. “Sono solo canzonette è la storia unica di un giovane che non si è mai arreso, ha continuato a inseguire il suo sogno con la chitarra in mano senza piegarsi a nessuna logica, se non la sua, fino a diventare dopo 10 anni di dinieghi da parte di tutte le case discografiche il numero uno del rock italiano, indiscusso precursore, trascinando con sé ‘gli amici di quartiere’, quei ragazzini napoletani che abitavano nel suo stesso palazzo di Bagnoli e che sono rimasti con lui sempre, fino ad oggi: Franco De Lucia, Giorgio Darmanin, Massimo Tassi, ognuno di loro ha ricoperto e ricopre ancora oggi un ruolo fondamentale nella carriera di Edoardo, professionisti e amici, che hanno scoperto mestiere al suo fianco”.