Il caso dell'azienda a Pisa
Biancoforno, l’oscuro mondo del biscottificio pisano: così vengono repressi i diritti di lavoratori e sindacalisti
La Cgil denuncia: sospensione punitiva per la delegata sindacale che ha osato difendere i diritti dei lavoratori. La questione del foglio di rinuncia alla cassa integrazione, la messa a disposizione
Economia - di Marco Grimaldi

È passato meno di un anno da quando denunciammo in Aula le minacce della Biancoforno di Fornacette (Pisa) ai lavoratori. L’azienda è leader del settore dolciario. Da quando raccontai sui giornali le condizioni inaccettabili a cui i lavoratori e le lavoratrici della Biancofiorno mi avevano raccontato di essere sottoposti.
Dopo una denuncia all’ispettorato del lavoro e la messa a disposizione della Flai Cgil, che intimava la restituzione delle ore prelevate senza consenso, la dirigenza chiamò i lavoratori a uno a uno, chiedendo di firmare un foglio in cui asserivano di restituire volontariamente permessi e ferie all’azienda. Paradosso: dopo la mia denuncia pubblica, la Biancoforno tentò di far firmare ai dipendenti un foglio in cui smentivano tutto ciò che avevo riferito. Ovviamente con metodi minatori e coercitivi, accompagnati da frasi come “se non firmi si chiude”, o “se non firmi sei fuori”. La Biancoforno è già nota alle aule di tribunale per comportamento antisindacale: da ultimo, una sentenza di condanna per l’installazione e l’impiego di sistemi di videosorveglianza.
Ebbene, oggi torna protagonista di un’azione repressiva nei confronti dei dipendenti: come denunciato dalla Cgil, la sospensione punitiva subita dalla delegata sindacale, una sospensione precauzionale che è semplicemente la risposta dell’azienda alla difesa dei diritti dei lavoratori. Tutto nasce in un contesto difficile per i dipendenti, in cui l’azienda ha appena ottenuto l’autorizzazione dall’Inps per accedere alla Cassa Integrazione per i lavoratori. Tuttavia, invece di agire con trasparenza e rispetto per i diritti dei lavoratori, Biancoforno ha fatto circolare un foglio di rinuncia alla cassa, chiedendo ai dipendenti di fare a meno di tale diritto e della “messa a disposizione” (cioè, di rendersi disponibili a non ricevere l’indennità in caso di riduzione dell’attività lavorativa). Questo foglio – ancora una volta – è stato fatto passare dall’azienda come una richiesta spontanea dei lavoratori e delle lavoratrici, mascherando la pressione esercitata su di loro per rinunciare a ciò che gli spetta. Un comportamento inaccettabile, che non solo mina i diritti dei lavoratori, ma cerca di innescare un clima di paura e incertezza tra loro.
L’atto di sospensione nei confronti della delegata sindacale non è altro che una ritorsione per aver esercitato il proprio ruolo con coraggio. Difendere i diritti dei colleghi e delle colleghe non dovrebbe essere considerato un atto punibile. È un atto di giustizia, che andrebbe rispettato e tutelato. Purtroppo, Biancoforno ha deciso di punire chi ha scelto di alzare la testa per difendere la dignità del lavoro, in un tentativo palese di reprimere ogni forma di dissenso e di dialogo, preferendo l’obbedienza cieca alla libertà di espressione e alla giustizia. La strategia dell’azienda sembra essere chiara: cercare di fermare la lotta per i diritti del lavoro intimidendo chi ha il coraggio di contrastare l’ingiustizia. Ma, come ben sappiamo, questi tentativi non fanno altro che rafforzare la determinazione dei lavoratori e delle lavoratrici a combattere per i propri diritti. Per fortuna, benché viviamo tempi oscuri, le minacce e le punizioni non riescono a piegare la volontà dei lavoratori.