Lo scontro sul caso che scuote il governo

Meloni urla al golpe delle toghe su Almasri e diserta il Parlamento: in Aula ci manderà Tajani

Meloni non ha nessuna intenzione di riferire in Parlamento sul caso del torturatore liberato e riaccompagnato a casa con volo di Stato. Avs e +Europa chiedono lo stop ai patti con Tripoli

Politica - di David Romoli

1 Febbraio 2025 alle 08:00 - Ultimo agg. 1 Febbraio 2025 alle 08:35

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Photo credits: Carlo Carino/Imagoeconomica
Photo credits: Carlo Carino/Imagoeconomica

Lo scontro sul caso Almasri è all’arma bianca e senza esclusione di colpi. Il centrodestra gioca duro e picchia sotto la cintura. Marca a uomo il procuratore generale di Roma Lo Voi con l’accusa di altro tradimento ai danni della Nazione e scusate se è poco. La premier e il vice Tajani non la mandano a dire. Per la prima Lo Voi ha fatto danno alla “Nazione” intera ed è questo che la manda in bestia, mica il caso personale. Per il secondo più sobrio ma solo nei toni “un servitore dello Stato” dovrebbe pensare, prima di agire, se sta facendo l’interesse della solita Nazione oppure no. Lo Voi, conclude l’azzurro, quell’interesse proprio non lo ha fatto.

Sulle motivazioni della coltellata alle spalle dell’Italia la destra non ha le idee tanto chiare. Passa da un maestoso complotto golpista (Alcuni magistrati vogliono governare”, Giorgia dixit) a una ben più meschina ripicca del medesimo procuratore per essersi visto negare l’uso dei voli di Stato. Non è che sia proprio la stessa cosa ma il punto critico non è questo. È che per come la destra è riuscita a mettere le cose, anche per responsabilità del non precisamente accorto Lo Voi, dalla disfida, in onda ormai quotidianamente su giornali, tv e social, è scomparso il protagonista principale, Nijem Osama Elmasri detto Almasri, il “generale” torturatore e direttore di lager, inseguito da mandato di cattura internazionale, liberato e portato al sicuro dal governo italiano. L’intenzione del medesimo governo è palesemente quella di spostare il vero caso nel cono d’ombra, sepolto sotto la zuffa e il clamore di uno showdown con la magistratura che non è inventato ad arte, figurarsi, ma che in questo caso è anche sapientemente usato per parlar d’altro.

Certo all’opposizione che insiste e che ha bloccato sino a martedì prossimo il Parlamento non si potrà negare una solenne informativa. Ma a relazionare non ci sarà nessuno dei diretti responsabili, avendo tutti a disposizione la comodissima scusa dell’indagine a loro carico. Potrebbe sostituirli il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani ma l’opposizione ha già respinto l’offerta e reiterarla sarebbe quasi un insulto. Più probabilmente toccherà a Tajani, che è ministro degli Esteri e vicepremier quindi sulla carta avrebbe tutti i titoli per rappresentare al meglio il governo, anche se tutti i partiti d’opposizione insistono perché indagine o non indagine si presenti la premier in persona. Ma il fatto è che Tajani, che nella vicenda non ha avuto ruolo, parla davvero “per sentito dire”. Insomma, senza i diretti responsabili in aula il dibattito è disinnescato in partenza.

C’è una rimozione ben più mastodontica però: quella degli accordi italo-libici senza tener conto dei quali l’intera vicenda diventa incomprensibile. Perché il governo italiano libera un torturatore? Perché non la premier ma l’intero Paese che governa è sotto ricatto o meglio è ricattato? Cosa rende così potente e così temibile lo sgherro di Tripoli? Appunto quegli accordi con la Libia. Bisognerebbe denunciarli, stracciarli o almeno avviare subito un’inchiesta parlamentare però seria e breve, non una di quelle paludi che si istituiscono apposta per inabissare. In condizioni normali sarebbe un’ovvietà per le opposizioni chiedere sia la denuncia del memorandum che l’inchiesta sui crimini orrendi che sono stati commessi con la tacita approvazione del governo italiano e comunque per conto dell’Italia. Senza chiamare in causa il disegno del quale Almasri fa parte la turpe vicenda che lo ha riguardato è, per così dire, “appesa nel vuoto”.

Invece pochissime e minoritarie forze politiche, Avs e + Europa chiedono di smettere di finanziare i torturatori e trafficanti libici, che questo sono anche se vestono le divise della Guardia Costiera, della Guardia di Frontiera o della polizia, e di far luce sulle responsabilità italiane. Non che ci sia nulla di stupefacente. Il memorandum con Tripoli è stato firmato nel 2017 dall’allora premier Gentiloni, Pd. Lo aveva messo a punto il ministro degli Interni Minniti, Pd. Insisteva perché l’accordo si chiudesse di corsa Renzi, allora segretario del Pd.

Scaduto tre anni dopo il Memorandum è stato rinnovato dal governo Conte 2, fondato sull’alleanza giallorossa tra il medesimo Pd e il M5Ss. L’accordo con i criminali è stato confermato di nuovo nel 2023 dal governo Meloni, con dentro FdI, Lega e Fi. Nessuno ha interesse ad aprire l’armadio della vergogna sulle torture, i lager, gli stupri, gli omicidi e le riduzioni in schiavitù derivati da quell’accordo perché tutti hanno la loro equa parte di responsabilità, anzi di colpa. Ovvio che in questa desolata situazione chi ha restituito di corsa la libertà al criminale Almasri si senta e sia in una botte di ferro.

1 Febbraio 2025

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