Il boia di Mitiga
Così Meloni ha organizzato la fuga di Almasri: il boia di Mitiga ‘scappato’ con un volo di Stato italiano…
Ci stava lavorando da sabato, appena ricevuta la notizia della cattura, da parte della Digos di Torino, del latitante ricercato con mandato internazionale Almasri, il boia di Mitiga
Cronaca - di Luca Casarini

Ci stavano lavorando da sabato, appena ricevuta la notizia della cattura, da parte della Digos di Torino, del latitante ricercato con mandato internazionale Almasri, il boia di Mitiga. Uso proprio questo termine, per richiamare ad altri criminali come “il boia di Sebrenica”, Ratko Mladic. È di questo tipo di soggetti che stiamo parlando, artefici di massacri, torture, stupri. Da sabato, il governo italiano, tutto, nella pienezza delle sue funzioni ed articolazioni, ha orchestrato la fuga di un criminale di guerra accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale.
Non ha semplicemente, si fa per dire, scaricato su un giudice, usando un cavillo procedurale, il peso e la responsabilità di qualcosa di vergognoso di per sè, assicurare l’impunità ad un torturatore di esseri umani, ma ha studiato un piano, e poi l’ha attuato: farlo evadere dal carcere, fargli evitare la consegna al tribunale dell’Aja, e poi farlo giungere illeso e sicuro a Tripoli, attraverso un volo di stato. Le conseguenze dirette di questo sono enormi: il processo all’Aja, che potrebbe vedere imputati gli attuali ricercati libici per crimini commessi ai danni di uomini, donne e bambini migranti, senza imputati “in presenza”, non può nemmeno celebrarsi. L’azione criminosa messa in atto per garantire la fuga di Almasri, potrebbe aver pregiudicato per sempre la possibilità di ottenere giustizia da un tribunale.
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Altro che errore procedurale: il governo, per mettere in atto il piano di fuga, ha violato l’articolo 86 del Trattato di Roma, che prevede “l’obbligo di piena collaborazione delle parti dello Stato aderente con la Corte Penale Internazionale”. Che non c’è stata per volontà politica, ed è dimostrabile. Sabato mattina, dopo aver emesso il mandato di cattura contro Almasri, un funzionario della Corte dell’Aja, come da procedura, ha informato l’ambasciata italiana in Olanda, che il boia di Mitiga, diventato da quel momento un ricercato da “Red Notice” dell’Interpol, stava per entrare in Italia in auto, dalla Francia, dopo aver noleggiato il mezzo in Germania. Da quel momento, cioè sabato mattina, il governo italiano era informato. E dunque, tutta la manfrina messa in piedi da Nordio per dire che “non era stato informato”, si scioglie come una neve al sole. Del ricercato, che evidentemente viene attenzionato da altri investigatori, su mandato dell’Aja, si sa già molto: tipo di auto, targa tedesca, tre guardie del corpo al seguito.
Ma perché la Corte Internazionale spicca all’ultimo momento utile il mandato? A parte le esigenze investigative, come ad esempio sapere con chi si incontra, che tipo di affari intrattiene e tutto il resto, vi è sicuramente anche molta cautela ad informare con troppo anticipo autorità, e dunque apparati, che con queste bande criminali libiche, hanno rapporti costanti e di grande collaborazione. Fermare i migranti e profughi, con ogni mezzo lecito o no, è ormai linea politica globale. Ma sabato viene spiccato il mandato, prima che Almasri varchi le frontiere italiane, e viene subito informata l’Italia. La decisione di procedere all’arresto a Torino, sabato nel tardo pomeriggio, probabilmente deriva dal fatto che “qualcuno”, che vuole far rispettare la legge e assicurare alla giustizia un criminale pericoloso, decide di agire: gli investigatori della Corte avevano già informato che Almasri aveva noleggiato l’auto in Germania per poi lanciarla a Roma Fiumicino. Ma decidono di dare un’accelerata. Forse perché avevano “annusato” l’aria che si era fatta pesante in ambienti governativi, poco inclini a “cooperare” per la cattura? Può darsi.
Non è dato saperlo per ora, ma questo caso dimostra proprio che l’immaginazione, anche la più fervida, è spesso indietro rispetto alla realtà. Almasri viene arrestato, la Procura di Torino correttamente informa il Ministro, e poi? Poi comincia il piano. Fonti informate rivelano una regia: il potente sottosegretario con delega ai servizi segreti, Mantovano. Voglia Dio, per lui che è un cattolico di ferro, che non sia vero. Avere sulla coscienza un peccato del genere, sarebbe troppo anche per i non credenti. Il governo va in agitazione: cosa succede se Almasri finisce davanti al procuratore Khaan? Cosa potrebbe rivelare? Che fine fa il patto Italia – Libia contro i migranti? Se comincia un processo, diventa Norimberga davvero, visti i tanti ministri e funzionari implicati in quell’orrore che accade quotidianamente nell’altra sponda del Mediterraneo, e in mare.
La prima indicazione è il silenzio. Bisogna arrivare a Domenica, e grazie all’intercettazione casuale di un messaggio su un sito libico da parte degli attivisti di Refugees in Libya, che parla della cattura in Italia del capo della polizia come di un “oltraggioso errore”, e grazie a due cronisti d’assalto, Nello Scavo di Avvenire e Sergio Scandura di Radio Radicale, si ottiene la prima, balbettante e imbarazzata conferma telefonica dal Ministro Tajani: “Effettivamente ci risulta”. A quel punto la notizia fa breccia, e che breccia, anche in Italia. Piantedosi, Salvini, la Meloni: tutti muti. Tutta la domenica e il lunedi passano così, con una pletora di funzionari e giuristi al servizio di Via Arenula, che cercano il modo per inficiare l’arresto. Il “come liberare” Almasri, altro che Trattato di Roma e rispetto dei diritti umani, è l’obiettivo del governo. In questi due giorni il Ministro della giustizia Nordio, non ha mai trovato il tempo per comunicare con nessuno.
Il Lunedi, interpellato dalla Corte d’Appello di Roma, che ha ricevuto gli atti dalla Questura di Torino lo stesso giorno, non risponde. Questo costringe il giudice Flavio Monteleone, e i consigieri Francesco Neri e Aldo Morgigni, a dichiarare nullo l’arresto e ordinare la scarcerazione del torturatore. Guarda caso su istanza del difensore di Almasri, che sa esattamente perché pretendere la scarcerazione del suo assistito: vizio procedurale. Ma il piano non finisce qui. Entra in gioco il Ministro degli Interni, Piantedosi, che fa trapelare l’espulsione del boia di Mitiga e dei suoi tre scagnozzi, nonostante ad oggi nessuno abbia potuto leggere un comunicato ufficiale del Viminale.
In ogni caso “l’esfiltrazione” del ricercato dall’Italia deve avvenire rapidamente, perché qualche altro giudice potrebbe ordinare, magari sulla base di un esposto presentato da qualche vittima presente sul territorio italiano, il fermo cautelativo del ricercato. Martedi mattina, ore 11.14 il jet Dassault – Falcon 900, con sigla ICARG, di proprietà della “Compagnia Aereonautica Italiana”, società di copertura dell’Aise e Aisi, servizi segreti, decolla da Ciampino in direzione dell’aereoporto Casette di Torino. Atterra nel capoluogo piemontese alle 12.13. Nessuno sa ancora niente. Nordio fa uscire la famosa nota “sto valutando”. Ma la strategia è ormai chiara: non trasmettere gli atti della Corte Penale Internazionale alla Procura generale presso la corte d’appello di Roma, provocando quindi l’accoglimento dell’istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati del generale, adducendo vizio procedurale.
Almasri viene portato dalle Vallette all’aeroporto Caselle poco dopo le 19. Alle 19.51 i Falcon dei servizi si alza in volo, direzione Tripoli, aeroporto Mitiga (proprio dove c’è il lager dell’inchiesta). Atterra alle 21.50. Alle 22.00 il sito ufficiale della polizia giudiziaria libica, pubblica le foto dei miliziani in festa, che portano in trionfo Almasri, che ride tranquillo. Questa è la storia, e se qualche parte è ricostruita per intuizione, state pur certi che la realtà è anche peggio.
Morale: organizziamoci. Usiamo la vergogna che proviamo, noi, perché questi non ne provano alcuna, per costruire e diffondere speranza, con atti concreti. Hanno abusato del loro potere, sono riusciti a far fuggire un criminale, un trafficante dei più pericolosi, ma hanno anche mostrato al mondo, per la prima volta in maniera cosi palese, chi sono veramente. E non è vero che siamo soli, noi che non ci giriamo dall’altra parte. In alto, con ruoli, culture e provenienze diverse e in basso dove siamo noi, ci sono tante brave persone. Che non si rassegnano.