La recensione
Quello che ancora dobbiamo scoprire di Pino Daniele: FEELING, il libro di Gianni Valentino a 10 anni dalla morte
Un backstage infinito, un girato dietro ogni canzone, gli album, tra chicche e aneddoti a dieci anni dalla morte del Mascalzone Latino
Cultura - di Antonio Lamorte

Quando Gianni Guarracino si è lasciato scappare che “ma sì, tanto voi di Pino Daniele conoscete tutto”, Gianni Valentino lo ha ripreso dicendo che no, ma quando mai, e infatti ha scritto e pubblicato per Colonnese Editore il libro FEELING: dodici viaggi, dodici carotaggi per esplorare e scoprire “Pino poeta, Pino musicista, Pino produttore, Pino pacifista, Pino compositore, Pino autore di colonne sonore, Pino esegeta e interprete d’ ‘a parlesia, Pino reporter a zonzo nelle sue parolacce poetiche”. 12 canzoni raccontate a dieci anni dalla morte del mito napoletano in un “inedito jukebox, racconto-calendario magico”, una playlist tutta personale. Che uno dice: ma un altro libro su Pino Daniele, in questo decennale in cui si presume ne arriveranno altri, ma perché?
Gianni Valentino è poeta/performer, giornalista, consulente musicale. “Alleria, se dovessi perdere i documenti, passaporto, patente: prendete quella, così com’è, quello sono io, quella è la mia carta d’identità”. Con Guarracino hanno presentato FEELING all’Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore Elena di Savoia-Diaz, in pieno Centro Storico, ai Tribunali, proprio quello frequentato dallo stesso Pino Daniele: dove si diplomò nell’anno scolastico 1974-1975 come “Ragioniere e perito commerciale e perito specializzato per il commercio con l’estero”. Lo hanno presentato nell’aula dedicata al Mascalzone Latino, dove nella stessa occasione è stato inaugurato il murales realizzato nel progetto “Scuola Viva” in collaborazione con la Fondazione Jorit.
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FEELING, il titolo, è nato prima del libro: questo sentimento alla base della musica, dell’incontro tra le persone, della condivisione. Dodici canzoni come i 12 mesi dell’anno: le 12 “indispensabili” per l’autore, che attraversano un po’ tutta la traiettoria del ragazzo napoletano che raccontava la sua città, i suoi vicoli del Centro Storico, che voleva suonare la chitarra e che sognava di diventare Lucio Battisti e che finì per non avere nulla da invidiargli, musicalmente e letterariamente, e che divenne Pino Daniele. E scusate se è poco.
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Ca calore tra l’errore strampalato e lo sfruttamento del lavoro minorile, una carriera esplosa con una malaparola – e non sarà l’unica – cantata giusta al momento azzeccato, la fòja rapace dei contrabbandieri di sigarette, quella voglia di lasciar perdere il microfono per dedicarsi solamente alla chitarra, gli anni in cui entra in fissa con l’elettronica accompagnato da Fabio Massimo Colasanti, la canzone segreta dedicata ai giovani detenuti del carcere di Nisida, un rap ante-litteram per un amico. Somiglia a un backstage di quelli infiniti, un girato dietro ogni canzone che tiene per mano altre, dietro gli album, con le voci qualche chicca e una manciata di aneddoti di chi ha incrociato e abbracciato, tra cui Tullio De Piscopo, Lino Vairetti, Gianni Guarracino, Claudio Poggi, Phil Palmer, Antonio Capuano, Fabio Massimo Colasanti, Morgan, Peter Erskine, Benedetto Casillo, Luigi Filace, Peppe Galardo, Enzo Canoro, Peppe Lanzetta, Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, Raiz, Agostino Marangolo, Tony Cicco, Enzo Gragnaniello, Franco Faraldo. “Socialmente non bisogna smettere di credere, perché purtroppo questa socialità che stiamo vivendo oggi è frutto di una politica di mercato più che di una politica istituzionale”, una dichiarazione pescata da Radio Italia.
“A me del successo non me ne fotte proprio, io voglio suonare la chitarra”, la citazione riportata dal chitarrista Guarracino – Città Frontale, Saint Just, Alan Sorrenti, Gino Paoli, Mia Martini, Zucchero, Mango, Edoardo De Crescenzo – del giovane Pino. Come succedeva in una grotta della Sanità, quella del progetto Batracomiomachia, dov’è nato tutto come ha ricordato in un passaggio del libro Enzo Avitabile. “Noi veniamo dalle prove infinite delle caverne in gioventù, immagina. Jam interminabili. Con lui ci siamo sempre sentiti compagni di classe. La medesima generazione, i nuovi emergenti della scena napoletana che non mi piace neppure definire Neapolitan Power perché sa di scatola inutile. Nessuno di noi fa musica per corteggiare le donne. C’è la musica, punto, al di là di ogni narcisismo”.
Guarracino ricordando quegli anni: “Allora non c’era bisogno di andare a Londra per fare grande musica, si poteva fare a Napoli. E a lui riusciva facile esprimersi, scrivere le canzoni. Gli riusciva più difficile suonare la chitarra, non so se mi spiego”. Il discorso in pubblico su Pino Daniele, a Napoli, finisce sempre per attorcigliarsi intorno a una questione: i due Pino Daniele, prima e dopo il napoletano, prima e dopo Napoli. C’è una presunzione di superiorità quasi snobistica, un giudizio durissimo sulla cosiddetta “svolta pop”, poca consapevolezza di una traiettoria unica che si è lanciata anche in mare aperto, in territori inesplorati, che ha sperimentato e si è messa in gioco. “C’è una marea di materiale”, la risposta del giornalista a chi chiede di un fantomatico scrigno magico pieno di musica ancora da scoprire. Lo stanno aprendo piano piano gli eredi: come per esempio con l’ultimo inedito Again. Che questo materiale sia alla pubblicazione è tutto da scoprire anche quello, ma si sa come funziona.
Il 27 febbraio il libro sarà presentato alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli con Peppe Lanzetta, Tullio De Piscopo e Claudio Poggi. Alle ore 18:00.