Lo sterminio di rom e sinti

Qualcuno ricorda lo sterminio del Porrajmos e degli zingari?

Noi eravamo ad Auschwitz, noi nella Resistenza, noi gli unici che si sono ribellati nel lager, armati di bastoni. Noi, oggi, ancora perseguitati: da voi

Editoriali - di Dijana Pavlovic

26 Gennaio 2025 alle 11:00

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Qualcuno ricorda lo sterminio del Porrajmos e degli zingari?

Vi prego, il 27 gennaio non lasciate cadere lacrime mentre ascoltate le testimonianze o mentre guardate un film su Auschwitz. O almeno, se lo fate, sappiate che agli occhi di 12 milioni di rom e sinti europei siete solo ipocriti.

Noi non abbiamo bisogno del riconoscimento del nostro genocidio per ricordare, ce lo ricordiamo anche senza, sempre, è nel nostro DNA, ricordiamo da generazione in generazione che ad Auschwitz c’eravamo anche noi, nello Zegeunerlager, che siamo stati sterminati su base razziale, per la “sola colpa di essere nati zingari”, esattamente come dice Liliana Segre per gli ebrei. E ricordiamo anche che siamo stati internati nei campi fascisti Italiani, e da quelli siamo stati spediti ad Auschwitz e in altri campi di sterminio. Ricordiamo che abbiamo partecipato alla Resistenza e che abbiamo contribuito alla liberazione dell’Italia dal fascismo. Ricordiamo che anche dopo la seconda guerra mondiale, mentre il mondo scopriva gli orrori della Shoah e mentre viveva la rivoluzione dei diritti, in alcuni Paesi europei, quelli più civili (Svezia, Svizzera, Danimarca, ecc.), fino al 1979!, sterilizzavano le nostre donne e portavano via i nostri figli. In altri ci segregavano nelle scuole, e nei campi, come in Italia. Certo che lo ricordiamo.

Del riconoscimento abbiamo bisogno perché forse potrebbe spezzare una persecuzione secolare, perché così almeno una parte degli italiani di quel 78 per cento che ha pregiudizi nei nostri confronti, si sentirebbe in imbarazzo a dire e pensare che siamo tutti ladri, che bisogna toglierci i figli, che bisogna mandarci a casa anche se la nostra casa è l’Italia. Forse qualche giornalista come Del Debbio rinuncerebbe alla grande popolarità della sua trasmissione e smetterebbe di affibbiarci una volta alla settimana il timbro di nemici della patria, parassiti, quelli che rubano tutto, soldi, case, cani, bambini, quelli che non hanno diritto a niente. Per questo, il 27 gennaio mentre siete al binario 21, o in Quirinale, o programmate trasmissioni televisive, o organizzate eventi, o pronunciate le parole “perché non si ripeta mai più”, o guardate sul vostro divano per l’ennesima volta il documentario su Auschwitz, sappiate che siete ipocriti, che omettete consapevolmente un pezzo della storia e con questo silenzio calpestate la vostra stessa civiltà.

E la prossima volta, mentre ascoltate il politico o il giornalista di turno raccontarvi la solita storiella dello zingaro cattivo che vi rassicura tanto, provate a pensare che qualsiasi popolo che ha subito quello che abbiamo subito noi, e anche molto meno, a un certo punto della sua storia si è ribellato e si è opposto alla persecuzione. Noi ancora no. Non abbiamo armato eserciti né fatto terrorismo per conquistare la terra di qualcun altro così da avere un nostro paese e un nostro governo che ci proteggessero, non abbiamo mai neppure cercato vendetta. Sì, ogni tanto, qualcuno di noi rubacchia qualche portafoglio (come tanti altri, per non parlare di chi non si accontenta di così poco), ma prendetelo come una manifestazione di pacifismo di un popolo che potrebbe essere molto più arrabbiato, e siate contenti.

26 Gennaio 2025

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