Il caso del 19enne a Corvetto

Se Ramy non fosse stato Ramy…

Se avesse avuto un altro nome, una famiglia illustre, non staremmo a questo punto. Non importa a nessuno di cosa fossero colpevoli lui e il suo amico sul motorino. Ragazzi non delinquenti, non armati, raggiungibili con la targa

Cronaca - di Ammiraglio Vittorio Alessandro

15 Gennaio 2025 alle 15:00

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FOTO DA TIK TOK
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Se il ragazzo ucciso a Milano da un fatale inseguimento si fosse chiamato, per esempio, Diego e se fosse appartenuto a una famiglia illustre, probabilmente non saremmo a questo punto. Invece si chiamava Ramy, era un milanese di origine egiziana e non importa a nessuno di cosa fossero colpevoli, quella sera, lui e il suo amico sul motorino.

Così, fra le ricostruzioni dell’inseguimento, dello schianto e delle minacce a un testimone oculare manca proprio la parte più importante della storia: la causa della fuga di due ragazzi non delinquenti, non armati, perfettamente raggiungibili con la targa dello scooter o, alla peggio, mobilitando strategicamente gli inseguitori, piuttosto che imbastendo una caccia mortale contro di loro. Non è in discussione l’intervento in sé (e neppure – figuriamoci – l’integrità dell’Arma dei Carabinieri), ma la logica e l’intelligenza dell’azione, è preoccupante quanto appare sotteso alla concitazione di quei minuti e al tono dei messaggi via radio: tutto improvvisato, mediocre, galleggiante in un clima da thriller di serie B. Niente a che vedere con quello di “Guardie e ladri” del 1952, in cui Aldo Fabrizi, brigadiere impegnato in un faticoso inseguimento, minaccia di sparare a Totò. “Non puoi – risponde il ladruncolo -, puoi sparare solo per legittima difesa, e io non offendo”. “Vabbè, allora sparo in aria a scopo intimidatorio…”, si accontenta Fabrizi, e Totò: “… io non m’intimido, e sto qua”.

Ramy, che non aveva offeso né commesso reati, è morto soltanto per non essersi intimidito. Molto prima di lui, nel 1970, il diciassettenne Antonio Mellino fece impazzire la polizia che non riusciva a bloccare la sua Gilera 125 sfrecciante per il centro di Napoli. Ma Agostino ‘o pazzo – come Mellino fu soprannominato quando erano in auge le imprese sportive di Giacomo Agostini – è ancora lì, antiquario in via dei Tribunali. Di Ramy non importa a nessuno, nemmeno di sguincio il governo e i responsabili dell’ordine pubblico hanno espresso cordoglio alla famiglia, ma la storia non è finita.

Si cercherà, infatti, di salvare i maldestri inseguitori, e di qualche altra sacrosanta protesta approfitteranno gli imbecilli dando esca agli scherani dell’ordine pubblico per un’ulteriore stretta alle libertà civili con l’ennesimo decreto sicurezza. Nuovi reati e sanzioni aggravate non fermeranno Ramy, Totò e Agostino ‘o pazzo. Serviranno piuttosto ad alimentare la logica della guerra al presunto intruso, agli scontenti, agli oppositori. Un servizio che, da sempre, i faccendieri dell’autoritarismo offrono al potere economico.

15 Gennaio 2025

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