Pugilato
Tyson Fury annuncia il ritiro dalla boxe: l’addio del Gipsy King dei pesi massimi: “È stato fantastico, ho amato ogni singolo minuto”
La notizia dopo la seconda sconfitta in carriere, sempre per mano di Oleksandr Usyk, per le cinture da campione del mondo
News - di Antonio Lamorte

Arriva dopo settimane di silenzio: settimane dopo la seconda sconfitta contro Oleksandr Usyk, seconda sconfitta della sua carriera. Tyson Fury non aveva parlato più, non si era fatto vedere, non compariva nemmeno nella foto dello scorso weekend con lo sceicco e nuovo signore della boxe mondiale Turki Alalshikh alle premiazioni di Ring Magazine con il gotha del pugilato mondiale. Si era vociferato di un ritorno al ring per almeno un doppio incontro con Anthony Joshua, una sfida epocale tutta britannica che avrebbe generato attenzione mediatica e introiti enormi: sfida ormai però ridimensionata nelle gerarchie dei pesi massimi dominati dallo straordinario campione ucraino.
Questo pomeriggio, si può dire a sorpresa, con un brevissimo video messaggio condiviso sui suoi canali social, il Gipsy King della boxe mondiale, ex campione del mondo dei pesi massimi, personaggio dentro e fuori dal ring, non estraneo a sparate fuori luogo e al trash talking troppo esasperato, ha annunciato il ritiro. “Ciao a tutti, sarò breve e dolce. Vorrei annunciare il mio ritiro dalla boxe. È stato fantastico, ho amato ogni singolo minuto. Dio benedica tutti, ci vediamo dall’altra parte. ALZATEVI!”, ha detto Fury. Anche se non è la prima volta.
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A pensare male si fa peccato, certo: e però parliamo di un personaggio istrionico, sopra le righe, capace di trovate mediatiche grottesche e sorprendenti. Alla conferenza stampa per la sfida mondiale con Wladimir Klitschko si presentò vestito da Batman. Quel match lo vinse e divenne per la prima volta campione mondiale. La licenza gli venne sospesa per doping, le analisi positive alla cocaina. Un periodo buio, oscuro, provato da eccessi e autodistruzione. “Si dipinge sempre il successo come una storia meravigliosa, come l’apice della felicità – ha scritto nella sua autobiografia Dietro la maschera, edita in Italia da Piano B – , ma nella mia esperienza provai solo un grande senso di vuoto, e allo stesso tempo sembrava che tutti volessero ottenere qualcosa da me”.
Quasi si schiantò con la sua Ferrari a 260 chilometri orari quando ancora era campione del mondo: da campione del mondo ha toccato il fondo. Si risollevò nel giro di qualche anno e definitivamente con una specie di resurrezione sul ring: colpito dal diretto destro più potente dei pesi massimi degli ultimi anni, quello di Deontay Wilder, in una trilogia che ha segnato questi tempi. Un pareggio e due vittorie per il Gipsy King. Qulla volta si rialzò, complice un conteggio ancora oggetto di dibattito, con una forza d’animo e corpo da portento. Riprese in mano il match, quasi lo vinse. Un successo soltanto rimandato di qualche mese.
Alla fine della trilogia era di nuovo campione mondiale. Dopo ogni vittoria, sul ring, ha regalato una canzone a cappella al suo pubblico. Si è messo comodo, ha girato una serie tv sulla sua vita quotidiana in famiglia: sette figli, un padre ancora più su di giri di lui, l’ostentata fede cristiana, un equilibrio mentale sempre in bilico. Aveva annunciato il ritiro – “l’ho promesso a mia moglie” – prima di tornare con una serie di match trascurabili anzi acchittati. La prima sconfitta era arrivata nel maggio scorso a Riyadh, nuova capitale del pugilato mondiale grazie ai petroldollari del Regno Saudita. L’incontro che a 25 anni da Lennox Lewis aveva sancito la riunificazione di tutte le cinture della categoria Regina del pugilato. Sembrava in controllo fino a un nono round in cui Usyk quasi lo aveva buttato giù. Era stato contato in piedi. Split-decision.
Non aveva mai riconosciuto la sconfitta. Stesso epilogo il 21 dicembre scorso: match meno spettacolare ma verdetto perfino più netto, unanime, ancora a favore del fenomeno ucraino. Fury non aveva accettato neanche questo risultato: aveva dichiarato in conferenza stampa che si considererà sempre vincitore di entrambi i match. Tyson Fury vanta oggi un record di 34 vittorie, 24 per ko, 2 sconfitte e un pareggio, una serie di incassi stratosferici, una carriera sulle montagne russe che lo ha salvato quando lo ha rovinato, erede di una boxe dal sapore antico, dalle mani sporche dei suoi antenati combattenti di bare knuckles e della tecnica della tradizione gitana irlandese da cui discende. Questo ennesimo turning point, promessa o trovata pubblicitaria del pugile di origini pavee, omone enorme di oltre due metri che si muove come un medio, furbo quanto esperto, è ancora difficile da decifrare. Certo è che oggi si mordono i pugni un po’ tutti da Ryiadh a Londra: ci sarebbero un bel po’ di quattrini ancora da fare.
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