L'indagine due anni dopo
Qatargate, Francesco Giorgi racconta l’inchiesta-flop belga: “Mia figlia usata per accusare mia moglie Eva Kaili”
Indagini al palo, gli inquirenti che scatenarono il caso costretti alle dimissioni per le accuse di conflitto di interesse, il ruolo ancora oscuro dei servizi segreti: due anni dopo il bilancio del Qatargate è quello di una inchiesta flop.
Ne sa qualcosa Francesco Giorgi, uno degli accusati assieme alla moglie Eva Kaili, ex vicepresidente greca del Parlamento europeo arrestata “in flagranza di reato”. A casa di Giorgi, 37enne milanese ex assistente parlamentare di Pier Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato di Pd e Articolo1 che da principale accusato è poi diventato “collaboratore” degli inquirenti belgi, e poi di Andrea Cozzolino, ex eurodeputato napoletano del Pd costretto per 4 mesi ai domiciliari, furono trovati più di un milione e mezzo in contanti.
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Due anni dopo lo scoppiare dell’indagine sul presunto sistema di ingerenze su alcuni europarlamentari che sarebbe stato alimentato a suon di mazzette dal Marocco e dal Qatar, con l’arresto di Kaili il 9 dicembre 2022, Giorgi racconta quanto accaduto in questi 730 giorni, a partire proprio dai soldi trovati in casa sua e della moglie Kaili, con cui ha una figlia di 4 anni. Una circostanza “insolita ma non illecita”, racconta il 37enne di Abbiategrasso al Corriere della Sera. “Io sono stato assistente di Panzeri per più di 10 anni. Ho continuato ad aiutarlo come volontario nella sua ong Fight impunity. Quando c’è stato il colpo di stato dei talebani in Afghanistan siamo riusciti a far evacuare diverse donne e attivisti in pericolo di vita. Questo tipo di operazioni non si fanno con bonifici tracciati. Tutti i soldi che mi riguardano arrivano solo dal mio stipendio e mia moglie non era a conoscenza delle questioni finanziarie di Panzeri”, spiega Giorgi.
Che poi accusa frontalmente gli inquirenti belgi che hanno portato avanti l’inchiesta, a partire da quel giudice istruttore Michel Claise che diresse le indagini e ordinò gli arresti, poi costretto ad astenersi per conflitto d’interessi. Giorgi cita poi il caso del capo delle indagini, Ceferino Alvarez Rodriguez, che “in un audio registrato da me ha confermato che Panzeri ha confessato per ottenere uno sconto di pena e che tutto l’impianto accusatorio è basato sulle sue menzogne”.
Un modus operandi, quello dei magistrati belgi, che costrinse Giorgi ad ammettere il coinvolgimento nelle attività di Panzeri. In quei giorni, spiega l’ex assistente parlamentare, “mi furono fatte pressioni enormi durante gli interrogatori. Hanno provato di tutto per farmi patteggiare. In assenza del mio avvocato, mi dissero che non avrei più rivisto mia figlia se non avessi accusato mia moglie. Non c’era alcuna prova, ma volevano che dicessi che quei soldi erano frutto di corruzione. Alcuni cedono sotto tali pressioni e ammettono crimini mai commessi. Io ho scelto di difendere la verità”.
Il riferimento è proprio a Panzeri, che ha chiuso un accordo con gli inquirenti: un patteggiamento per arriva, dal rischio di una condanna a 15 anni, ad una pena ridotta a meno di uno. Intesa avvenuta “a scapito della verità”, denuncia Giorgi. Per quest’ultimo infatti Panzeri “ha accusato altri sotto pressione sapendo che la libertà della sua famiglia dipendeva da questo. Le sue ammissioni sono infondate. Per questo il tribunale nonostante siano trascorsi due anni non ha ancora convalidato l’accordo di pentimento. Il fatto che abbiano usato i nostri familiari per minacciarci dimostra la mancanza di credibilità dell’accusa. È normale che nel cuore dell’Europa i bambini vangano usati per ricattare i genitori?”.