Lo scandalo europeo

L’inchiesta Qatargate è morta: via il giudice-sceriffo Claise, Cozzolino torna libero

Di scandaloso resta solo l’evanescenza di una inchiesta mediatica. Ricorda ciò che accadde in Italia. Non a caso il giudice belga era chiamato il “Davigo di Bruxelles”

Giustizia - di Tiziana Maiolo

22 Giugno 2023 alle 14:30

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L’inchiesta Qatargate è morta: via il giudice-sceriffo Claise, Cozzolino torna libero

Il primo giorno d’estate del 2023 comincia con una notizia: l’eurodeputato Andrea Cozzolino è libero, che messa insieme alla rinuncia al mandato per conflitto di interessi del giudice-sceriffo e scrittore Michel Claise, segnala che il “Qatargate” è morto. E che di scandaloso restano non i reati, ma l’evanescenza di un’inchiesta mediatica che somiglia tanto a quel che successe un po’ di anni fa, in Italia. Non a caso il giudice istruttore belga era chiamato “il Davigo di Bruxelles”.

Proprio come il prodotto nostrano, caduto nella polvere con una condanna in primo grado solo il giorno precedente, il giudice istruttore con la fama di grande moralista pareva usare metodi di indagine che nulla hanno da spartire con lo Stato di diritto, la presunzione di non colpevolezza e l’habeas corpus. Ma amava molto l’esposizione mediatica. E si dedicava a dichiarazioni roboanti sulla corruzione politica, tra gli applausi entusiastici di mezza Europa. Sono uomini di successo, questi magistrati con le mani pulite (soi-disant). Sono rassicuranti anche, perché consentono a ogni cittadino, anche quelli che non pagano le tasse o toccano furtivamente il sedere alle cameriere, di sentirsi più virtuosi e migliori della classe politica che li governa.

Michel Claise ha tenuto prigioniera l’ex vice Presidente del Parlamento Europeo Eva Kaili per 28 giorni, le prime ore al freddo e in precarie condizioni igieniche, prima di consentirle di vedere la sua bambina di venti mesi che aveva improvvisamente visto sparire mamma e papà, tutti e due in manette. Quattro mesi di carcere preventivo, senza che fosse mai chiaro che cosa le venisse contestato. Furibondi gli avvocati dell’europarlamentare, i quali, non essendo italiani, non erano abituati, e avevano avanzato il “sospetto” che Kaili fosse stata trattenuta in condizioni di detenzione che somigliavano molto alla tortura, solo come pressione per farla parlare. Altro che sospetto, è il più puro e genuino stile Mani Pulite. Che qui da noi è arcinoto da trent’anni.

Ricordiamo ancora Tonino Di Pietro quando metteva in aria i polsi uno sull’altro, invitando il malcapitato a collaborare. Che poi significava denunciare un gruppetto di amici, colpevoli o innocenti che fossero. Lo stesso Andrea Cozzolino è stato tenuto un bel po’ in graticola, prima ai domiciliari in Italia e poi in stato di fermo a Bruxelles, lunedì scorso, dal giudice istruttore Michel Claise. Il quale è scivolato su una buccia di banana per conflitto di interessi, non senza aver prima confermato il fermo del suo indagato. Ma è bastato cambiare magistrato e così, dopo che la giudice Aurélie Dejaiffe ha sottoposto il parlamentare a un nuovo interrogatorio, gli ha concesso la libertà condizionale.

Uno smacco per il giudice Claise, la cui reputazione è oggi appannata non solo perché è emerso che il figlio è socio in affari del pargolo di un’altra ex europarlamentare, Maria Arena, ampiamente citata nelle carte dell’inchiesta, ma anche perché il conflitto di interessi era chiaro fin dai primi giorni. Tanto che alcuni difensori degli indagati si domandano, in interviste sui giornali, se l’ex deputata non sia stata favorita dal giudice proprio per questa vicinanza familiare di interessi. La famosa logica delle due morali dei fustigatori di costumi altrui.

È un po’ il destino dei Davigo, che sono tanti e le cui mani sono troppo spesso un po’ così così. La caduta di Piercamillo con la condanna di due giorni fa è ben più che simbolica. Con la sua reputazione, pur di fronte a un primo grado di giudizio, se ne va un’intera stagione. Perché non è casuale che l’ex “dottor sottile” sia inciampato non nel furto di una mela, ma nella divulgazione illegittima di atti di indagine che avrebbero dovuto restare segreti. Va all’aria il lavoro di trent’anni di un’intera generazione di pubblici ministeri e di cronisti giudiziari. E il crollo politico di un metodo fuori delle regole di chi si sentiva superiore e intangibile.

Come dobbiamo giudicare la violazione costante delle norme sulla competenza territoriale, per esempio? E il famoso “trucchetto”, che noi giornalisti conoscevamo, ma che è stato così ben raccontato dal giudice Guido Salvini, di usare un solo fascicolo dove buttar dentro tutto, in modo da avere sempre lo sesso gip, Italo Ghitti, evidentemente gradito? I cronisti giudiziari dell’epoca ricordano bene la scoperta da parte di un avvocato, in mezzo alla carte delle indagini, di un bigliettino scritto proprio dal dottor Ghitti, in cui il giudice suggeriva al pm come motivare una certa richiesta.

Al Csm non importò nulla, ed è proprio in quelle stanze che poi approdò, supponiamo per meriti, lo stesso giudice. Ma le reputazioni sono reputazioni, e a volte si fanno i conti. Nessuno salverà nel prossimo futuro il giudice Michel Claise dal sospetto di aver favorito un’esponente politica (Maria Arena è molto amica di Antonio Panzeri, il primo arrestato) a discapito di altri. E questo resterà come macchia più ancora di quei metodi di uso della custodia cautelare che sanno tanto di tortura e ricatto. Così di Piercamillo Davigo si ricorderanno di più le sue battute sui colpevoli che l’hanno fatta franca che, non la sua attività di pubblico ministero.

È il destino di un certo tipo di eroi. Quando la loro reputazione ha piedi di argilla, la polvere che dovranno mangiare quando cadono, sarà particolarmente soffocante. Il giudice Claise ha risolto tanti casi giudiziari? Dimenticato. Di lui si ricorderà una specie di traffico di influenze che lo ha costretto ad abbandonare, anche se non si è mai realizzato, forse. Piercamillo Davigo ha fatto ricorso in appello, pur avendolo lui voluto abolire per gli altri? Ma intanto è inciampato in un processo, e se l’hanno condannato qualcosa avrà fatto. È la logica dei Davigo, bellezza.

22 Giugno 2023

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