Martedì l'audizione decisiva
Perché i socialisti non sostengono Fitto in Europa
Il leader di SeD Glucksmann avverte: “L’italiano non sarà vicepresidente”. Nonostante il lasciapassare del Pd, il meloniano è appeso a un filo
Politica - di David Romoli
Che i Socialisti e Democratici, l’eurogruppo parlamentare del Pse, bruciassero dalla voglia di fare lo sgambetto al commissario Raffaele Fitto giusto per umiliare il governo che lo ha indicato e di cui era esponente di prima fila era chiaro e confessato già da un pezzo. Non ci hanno ripensato, stando a quel che assicura il leader dei socialisti francesi Rafael Glucksmann: “Per quel che mi riguarda Fitto non può essere vicepresidente e per quanto ne so il gruppo non ha cambiato posizione”.
Le audizioni dei commissari di fronte alla commissione del Parlamento europeo. Il turno di Fitto e degli altri vicepresidenti arriverà martedì prossimo, nell’ultimo giorno di audizioni. Socialisti, Liberali e Verdi avevano avvertito da subito che avrebbero fatto il contropelo a tutti i candidati e in particolare a quello proveniente dalla destra radicale, appunto Fitto. L’ex ministro però ha un pedigree democristiano, è davvero scevro da pulsioni antieuropee e conosce il fatto suo. Dall’ “interrogatorio” dovrebbe uscire senza macchia e senza ferite. Glucksmann però pone un altro problema, che prescinde dall’audizione e dal suo esito: “L’alleanza che ha sostenuto von der Leyen a luglio non include Ecr e quindi non c’è motivo di dargli una presidenza. Se von der Leyen e Meloni hanno fatto un negoziato parallelo lo dicano. Ma se la presidente vuole contare sulla maggioranza che la ha sostenuta, gli accordi sono quelli di luglio”.
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Insomma, la posta in gioco è l’ingresso di fatto dei Conservatori europei nella maggioranza e da questo punto di vista il socialista non ha tutti i torti. La presidente aveva spalleggiato, o meglio finto di spalleggiare, la manovra di socialisti, liberali e verdi per mettere ai margini la premier italiana salvo poi spalancarle le finestre appena eletta presidente col voto contrario di FdI. Che Meloni sia preoccupata lo si capisce dalla quantità di volte in cui ha di fatto chiesto aiuto al Pd, l’ultima nell’intervista a Bruno Vespa dopo le elezioni in Liguria nella quale si è detta certa che il Pd voterà a favore del commissario italiano ma che dovrebbe anche spendersi per modificare l’indirizzo del gruppo SeD, del quali il Pd rappresenta la delegazione principale. Elly però ha fatto finta di non sentire. Ufficialmente la delegazione italiana aspetta di sentire cosa dirà Fitto in audizione. In realtà Elly vorrebbe non rinunciare a niente. Votare sì a favore di Fitto, perché in caso contrario il danno d’immagine sarebbe immenso e l’irritazione di Sergio Mattarella pure, ma lasciando mano libera agli agguati delle altre delegazioni del gruppo.
A mettere Fitto al sicuro ci hanno pensato i popolari, gruppo egemone a Strasburgo, lavorando di concerto con i Conservatori. Nell’audizione di martedì Fitto sarà il primo della lista e non l’ultimo, come speravano e volevano i socialisti. In questo modo se SeD boccerà l’italiano scatterà la rappresaglia dei popolari che faranno lo stesso ai danni della socialista spagnola Teresa Ribera, ultima audizione in agenda e principale rappresentante dei socialisti nella squadra, con delega essenziale come quella all’ambiente. La minaccia non potrebbe essere più esplicita. Fulvio Martusciello, capogruppo di Fi, delegazione italiana del Ppe, non la manda a dire: “Simul stabunt, simul cadent. Glucksmann e i suoi minacciano con una pistola scarica, dimenticando che l’audizione di Ribera è fissata dopo quella di Fitto. Insieme stanno e insieme cadranno”.
Glucksmann, in realtà, non prende però di mira l’indicazione di Fitto come commissario ma la sua nomina a vicepresidente e su questo piano le cose sono più complicate. Tra i compiti assegnati al Parlamento europeo c’è infatti l’espressione di un parere, formalmente non vincolante ma di fatto sì, su ciascun commissario ma non sulle vicepresidenze. Quello che i tre partiti alleati del Ppe possono fare è solo porre formalmente il problema, chiedere a von der Leyen di ripensarci e, se non otterranno ascolto, bocciare la Commissione. Non è una strada facile, tanto più che proprio ieri Fitto ha ottenuto la promozione ufficiale del più potente tra i vicepresidenti il lettone Dombrovskis.
Noto falco rigorista, Dombrovskis rispondeva ieri all’interrogazione dell’europarlamentare 5S Pedullà, che chiedeva se l’Italia non rischi di perdere una parte dei fondi del Pnrr per i ritardi nell’attuazione del Piano medesimo. Domanda tendenziosa, dal momento che proprio Fitto era responsabile dell’attuazione del Pnrr nel governo. Il lettone non ha concesso spiragli: “Stiamo registrando buoni passi avanti dell’Italia e la cooperazione con le autorità italiane è buona”. Poi, rispondendo a un’altra domanda: “Lavorerò insieme al futuro vicepresidente esecutivo alla Coesione Fitto come così come ora collaboro con Gentiloni”. Il commissario italiano, insomma, dovrebbe essere blindato. Ma fino alla fine dei giochi, martedì mattina, Giorgia dovrà continuare a tenere le dita ben incrociate.