La presidente di Assopace Palestina
Parla Luisa Morgantini: “Vi racconto l’attivista Aysenur Ezgi, che proteggeva i palestinesi con il suo corpo”
«La violenza dei coloni non è nata con il 7 ottobre. La disobbedienza civile, la resistenza non violenta non è mai stata risparmiata dall’Idf. Tanti i manifestanti feriti, uccisi o detenuti arbitrariamente»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Il martirio di Gaza. I pogrom in Cisgiordania. La parola a chi da sempre ha la Palestina nel cuore: Luisa Morgantini. Già vicepresidente del Parlamento europeo è tra le fondatrici della rete internazionale delle Donne in nero e contro la guerra e la violenza. Ha fondato ed è presidente dell’Assopace Palestina.
Si chiamava Aysenur Ezgi. “Amava la giustizia, uccisa da un soldato israeliano mentre difendeva la terra palestinese”. Così Assopace Palestina l’ha ricordata. Perché quella di Aysenur Ezgi è una storia tragicamente emblematica di ciò che sta avvenendo da anni in Palestina?
L’impunità di Israele è assicurata dalla complicità dei nostri governi alla politica di apartheid, cioè il sistema di insediamenti coloniali e occupazioni militari praticati da Israele, quotidianamente, ed oggi anche dalla complicità con il genocidio a Gaza. Emblematico è il fatto che la solidarietà internazionale della società civile che si esprime nelle piazze, nelle università, in tutti i paesi del mondo, attraverso l’utilizzo dei nostri corpi, oltre che delle nostre idee, ne paga il prezzo. Non vi è nessun eroismo dietro, ma solo la volontà di non lasciare soli i palestinesi e di non essere complici dei crimini che i nostri governi permettono di compiere ad Israele.
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La destra messianica che governa oggi Israele intende andare oltre il sistema di apartheid instaurato in West Bank. L’obiettivo dichiarato è quello di instaurare nei territori occupati il “Regno di Giudea e Samaria”.
E lo stanno facendo, trasferendo i poteri alle amministrazioni dei coloni, che armano e consegnano divise militari ai coloni, annettono la Cisgiordania, vogliono evacuare con la forze (un crimine di guerra) la sua popolazione, e lo fanno nella valle del Giordano, nelle colline a sud di Hebron, nelle zone del nord della Cisgiordania. Per non dimenticare che mettono a ferro e fuoco i villaggi palestinesi e distribuiscono volantini alla popolazione scrivendo che se non se ne vanno faranno la fine di Gaza. Dopo il 7 ottobre la violenza dei coloni è esplosa – ma anche quella dell’esercito israeliano – con le invasioni delle città e dei campi profughi, con l’arresto e la tortura di migliaia palestinesi – ci sono più di 9mila prigionieri, la maggior parte in detenzione amministrativa, in carcere senza nessuna accusa. La disumana condizione dei prigionieri palestinesi è stata denunciata in primo luogo dai palestinesi stessi ed anche da alcuni soldati e dal medico della prigione di Sde Teiman – carcere in cui molti prigionieri sono morti in seguito alle torture subite -, oltre che da rapporto di B’Tselem, l’organizzazione israeliana. Tra le persone al centro di queste denunce già prima del 7 ottobre, c’è anche Francesca Albanese, relatrice per le Nazione unite, che è stata ovviamente accusata non solo di antisemitismo ma di difendere i “terroristi”.
E i palestinesi?
I palestinesi resistono anche solo respirando. Il punto è che anche il respiro gli viene tolto, e non si chiedono neppure più dov’è l’Europa o dove sono le Nazioni Unite. Sanno di essere stati lasciati soli di fronte ad Israele, che oltre all’arroganza del potere delle armi, ha il dono della impunità. All’interno di Israele c’è un movimento di rivolta: da mesi e mesi ci sono manifestazioni contro la dittatura del governo di Netanyahu, in cui si chiede la fine di quella che loro chiamano “guerra”, ma è di fatto un’aggressione, e reclamano un cessate-il-fuoco e i negoziati di scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. Accusano il Primo ministro di essere un dittatore. Mentre i nostri governi continuano a fare commerci con Israele – anche di armi – non si applicano sanzioni contro Israele. Josep Borrell, il nostro rappresentante per gli Affari esteri all’Unione europea, quando ha cercato di introdurre al Consiglio dei Ministri un minimo di sanzioni, non ha trovato il parere positivo del nostro governo e di altri paesi europei. L’autorità palestinese ha cercato la solidarietà dei governi occidentali, ma non l’ha ricevuto, trovandosi oggi a perdere sempre più credibilità tra la popolazione palestinese. A Pechino, 14 delle maggiori forze politiche in campo in questo conflitto – comprese Fatah ed Hamas – hanno firmato un patto di unità che riafferma la scelta di due popoli e due stati, con Gerusalemme est capitale dello Stato di Palestina, governato da un nuovo governo nato da nuove elezioni. Ma tutto è rimasto come prima.
Ma non voglio sparare sui pianisti. È la comunità internazionale che deve intervenire e cessare con la politica di due pesi e due misure.
La disobbedienza civile, la resistenza non violenta della quale Aysenur Ezgi era parte. Anche questo è terrorismo per Israele?
Non solo per Israele, ma anche per la maggior parte dei nostri media. Le invasioni e le distruzioni di Tulkarem, Jenin, Nablus, dei campi profughi di Nur el Shams, dei villaggi nel nord della Cisgiordania, gli assassinii di giovani, le esecuzioni sommarie, vengono presentati tutti come degli attacchi ai terroristi di Hamas. Certo, ci sono giovani armati che rispondono all’invasione e alla distruzione delle loro città con la forza, e, secondo la legalità internazionale rispondere ad un esercito invasore, non è terrorismo ma diritto alla resistenza. Aysenur faceva parte del movimento International solidarity, che abbiamo fondato nel 2002 a Beit Sahour con Neta Golan, israeliana, Ghassan Andoni, palestinese, ed io, italiana. Ism è un movimento nonviolento fondato per la protezione della popolazione civile palestinese che è costantemente target dell’esercito israeliano, sia nella Cisgiordania che a Gaza, e che in questi ultimi anni è stato preso di mira anche dai coloni, che – bisogna ricordarlo – erano 150 alla firma degli accordi di Oslo, ed oggi sono più di 700mila, compresi quelli che vivono a Gerusalemme est. I volontari di Ism non hanno mai tirato pietre, la loro attività si basa sul monitorare la situazione, stando accanto alle famiglie le cui case vengono demolite, accompagnando i pastori e i contadini, che oggi vengono aggrediti sempre più spesso dai coloni, fanatici e fondamentalisti messianici, che ritengono quella terra sia loro per diritto divino. Di Ism faceva parte Vittorio Arrigoni, che ha raccontato al mondo l’operazione militare israeliana “Piombo fuso” in un’operazione durata 22 giorni – a partire dal 27 dicembre 2008 – dove sono state uccise 1396 persone di cui 64 miliziani, 320 bambini, 111 donne e tutti gli altri civili, case distrutte, scuola Unrwa, ancora ben lontani dal genocidio in atto a Gaza e dalla distruzione quasi totale di tutte le infrastrutture e luoghi pubblici.
E Aysenur?
Aysenur è stata assassinata con un colpo alla testa, mentre era a Beita, un villaggio dove dal 2021 si organizzano ogni venerdì delle manifestazioni per protestare contro la costruzione dell’ennesima colonia israeliana. Aysenur, come Rachel Corrie e Thomas Hurndall, è stata uccisa senza pietà. A partire dalla costruzione del muro di annessione coloniale nel 2002, il movimento di resistenza popolare non violento si è dispiegato nei vari villaggi, ogni venerdì, per contrastare la repressione dell’esercito israeliano che si è manifestata in tutta la sua durezza, con manifestanti feriti, assassinati, arrestati e condannati da giudici militari. Oggi, di fronte alla violenza dei coloni e dei soldati, i comitati popolari, insieme ad altre forze palestinesi, hanno lanciato la campagna internazionale “Faz3” alla quale Assopace Palestina insieme ad Arci, Pax-Christi, Mediterranea, Spin Time ed altri, partecipano invitando volontari a recarsi in Cisgiordania per proteggere la popolazione civile palestinese. Ciò che dovrebbero fare le Nazioni unite.
“Mentre Israele è impegnato in una devastante guerra di vendetta, riconoscere lo Stato di Palestina – è un’assunzione di responsabilità non solo verso il popolo palestinese, ma per ridare una chance ad una pace giusta, duratura. Una pace tra pari”. È l’appello lanciato dalle pagine de l’Unità dal ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese, Riyad al-Maliki. “Occorre fermare il genocidio in atto – sottolinea al-Maliki – prima che la Palestina sia cancellata e il suo popolo annientato”.
Dovranno essere i palestinesi liberi di autodeterminarsi a decidere come vogliono vivere. Non mi appassiona la discussione sulla soluzione a uno stato o a due stati. Personalmente vorrei che non ci fossero bandiere o nazionalismi, il mio sogno è un mondo senza frontiere, dove i diritti sono praticati da tutte e tutti. Ritengo però sia importante riconoscere lo stato di Palestina. Trovo indegno che il governo italiano non l’abbia ancora riconosciuto e mi auguro che il suo riconoscimento sia una battaglia di tutti. Il problema è come fermare Israele, come impedire l’annientamento del popolo palestinese. Dobbiamo andare avanti e far si che le decisioni della Corte penale e della Corte internazionale di giustizia siano applicate.
Le parole hanno un peso. Oltre 40mila morti a Gaza, in maggioranza donne e bambini. La Cisgiordania “giudeizzata”. Eppure, chi osa parlare di genocidio, di violenza genocida, viene subito tacciato di “antisemitismo”. Un marchio d’infamia.
Basta con questi ricatti, basta usare l’Olocausto come strumento per annientare un altro popolo e soprattutto per giustificare la conquista di un territorio abitato e vissuto da un altro popolo. L’Olocausto ricade interamente sulla responsabilità europea e per salvarci la coscienza, invece di riconoscere le nostre responsabilità, stiamo facendo pagare al popolo palestinese l’orrore di cui siamo stati responsabili. Si ascoltino le voci di quei sopravvissuti all’Olocausto che oggi accusano Israele di voler fare la stessa cosa con i palestinesi. In realtà, basterebbe ascoltare le parole del Presidente israeliano Herzog, per rendersi conto non solo della violazione dei diritti e della legalità internazionale, ma della totale disumanità, espressa senza alcun pudore, da parete dei leader israeliani al potere. Herzog sostiene che non ci siano civili a Gaza, che anche i bambini non siano innocenti. Ciò che Israele vuole portare a compimento è la cacciata del popolo palestinese dalla sua terra, il suo annientamento totale.