La Benemerita esclusa dai posti di potere
Carabinieri fuori dai servizi segreti, Meloni si affida a Del Deo e scatena la rabbia dell’Arma
Ribollono gli alti gradi dell’Arma e anche i sindacati. Soprattutto grande ostilità verso il generale Giuseppe Del Deo, schizzato a numero 2 dei servizi
Politica - di Paolo Comi
La decisione da parte della premier Giorgia Meloni di far fuori i carabinieri dalla direzione dei Servizi ha lasciato il segno ai piani alti di viale Romania. Come abbiamo ricordato l’altro giorno, si è trattato di uno smacco senza precedenti in quanto i carabinieri, forti della loro plurisecolare esperienza nel controllo del territorio e nel servizio delle informazioni, avevano sempre avuto ruoli di primo piano e responsabilità nei Servizi. “Evidentemente in questo momento non siamo nelle grazie della premier e del suo potente entuorage”, fa sapere all’Unità un alto ufficiale del comando generale che, per ovvi motivi, preferisce l’anonimato. Esporsi in questo momento è infatti quanto mai rischioso.
Ne sanno qualcosa i vertici del sindacato Unarma, gli unici che hanno ufficialmente preso posizione con un duro comunicato contro le recenti nomine del governo, che ieri sono stati deferiti davanti al ministro della Difesa Guido Crosetto per aver osato esprimere il mese scorso delle perplessità sulla volontà di affidare i controlli anti caporalato alle stazioni dell’Arma quando sono già di competenza dei Nuclei ispettorato del lavoro. “E’ mai possibile che fra tanti ufficiali d’esperienza che l’Arma può annoverare non ce ne fosse uno in grado di ricoprire un incarico al vertice dei Servizi?”, prosegue l’ufficiale del comando generale. Nel “mirino”, in particolare, il generale dell’esercito Giuseppe Del Deo, promosso numero due del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). Una carriera rapidissima quella di Del Deo che solo pochi mesi prima era stato nominato vice direttore dell’Aisi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna. Molto stimato dalla premier, Del Deo ha dunque preso il posto lasciato libero da Bruno Valesise, nominato la scorsa primavera direttore dell’Aisi al posto del generale dell’Arma Mario Parente.
La giovane età per entrambi, Del Deo ha 50 anni, Valensise 54 anni, lascia intendere che per molto tempo non ci saranno scossoni al vertice dei Servizi. Se questo può essere un bene, dall’altro è una pessima notizia per i carabinieri visto che per i prossimi anni non si libereranno posti. Ma non è che altrove gli scenari siano migliori. Da quando si è insediato il governo di destra, i carabinieri vengono infatti puntualmente esclusi da tutte le nomine che contano. Il posto di presidente di Fincantieri, lasciato libero dopo il tragico suicidio del generale Claudio Graziano, è stato subito assegnato all’ex ragioniere dello Stato Biagio Mazzotta. Nulla da fare a Leonardo dove dallo scorso anno ci sono due meloniani di stretta osservanza: Stefano Pontecorvo e Roberto Cingolani. E nulla da fare anche all’autorità per la Cybersicurezza dove è ben saldo il prefetto Bruno Frattasi. L’Arma in questa debacle ha comunque le sue responsabilità.
A differenza della polizia e, soprattutto, della guardia di finanza, che appena possono piazzano un loro uomo, a viale Romania si dilettano nel mettere ostacoli di ogni tipo. Il risultato di questa linea di condotta è che i carabinieri, come detto, sono completamente tagliati fuori dai posti che contano. Fra gli incarichi di prestigio c’è sempre il Consiglio di Stato. Ma dopo la nomina lo scorso novembre del generale Enzo Bernardini è escluso che a breve ci possa essere spazio per un altro appartenente alla Benemerita. Ci sarebbero, allora, dei posti nelle prossime informate di commissari per le varie emergenze. Per il contrasto al terribile granchio blu il governo ha però nominato questo mese l’ex prefetto di Ravenna Enrico Caterino. E per l’edilizia carceraria fonti di via Arenula hanno invece fanno sapere che sicuramente sarà un magistrato. Non resta, dunque, che concentrarsi sulla nomina del prossimo comandante generale. L’incarico di Teo Luzi terminerà il prossimo novembre.
L’ultima volta volarono i colpi bassi. Qualche giorno prima della nomina di quest’ultimo, avvenuta a dicembre del 2020, un articolo del Fatto Quotidiano stroncò l’allora comandante in pectore, il generale Gaetano Maruccia. Il giornale di Marco Travaglio aprì con un titolo molto sobrio: “In pole per il comando dei carabinieri il fedelissimo dell’imputato Del Sette”. Maruccia, mai indagato, aveva la “colpa” di essere stato molti anni prima uno dei più stretti collaboratori dell’allora comandante generale Tullio Del Sette, finito impigliato, con l’accusa di rivelazione del segreto nell’ambito nell’indagine Consip. Accusa da cui poi, per la cronaca, era stato completamente assolto insieme al coimputato Luca Lotti. Ma ciò fu sufficiente per stoppare la sua corsa.