A Teheran
Chi era e com’è morto Ismail Haniyeh, ucciso in un attacco di Israele in Iran: eliminato il capo politico di Hamas
L'operazione con un missile guidato. Il capo politico di Hamas era a Teheran per l'insediamento del nuovo presidente iraniano Pezeshkian, da anni viveva in Qatar. Conseguenze imprevedibili
Esteri - di Redazione Web
Appena qualche mese fa, quando in un attacco di Israele a un’automobile nella Striscia di Gaza, vennero uccisi tre dei suoi tredici figli, a Ismail Haniyeh chiesero quale impatto quell’operazione avrebbe avuto sui negoziati in corso per un cessate il fuoco. “Gli interessi del popolo palestinese hanno la precedenza su tutto”. Il capo politico di Hamas è stato ucciso in un’operazione mirata di Israele a Teheran, capitale dell’Iran, dove si era recato per la cerimonia di insediamento del presidente da poco eletto Massoud Pezeshkian. Si trovava in una residenza per veterani di guerra. Secondo le prime ricostruzioni, ancora da accertare, sarebbe stato ucciso da un missile guidato.
È una modalità che apre a interrogativi e a conseguenze imprevedibili, non è chiaro dove potrebbe portare questa operazione in un momento in cui erano in corso negoziati per una tregua e mentre Teheran si appresta a un cambiamento verso un potere più moderato. L’operazione è stata stigmatizzata da Qatar, Hezbollah, Turchia, Russia, Cina. Hamas ha promesso ritorsioni, in una fase già piuttosto delicata mentre continua il massacro nella Striscia di Gaza e mentre la tensione con il Libano sale aprendo alla possibilità di un escalation ulteriore nel conflitto – soltanto ieri un attacco di Israele aveva colpito a Beirut, in un’operazione che aveva per bersaglio un alto comandante di Hezbollah.
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Chi era Ismail Haniyeh
Haniyeh, figlio di genitori fuggiti dalla città di Asqalan dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948, era nato nel campo profughi di Shati, nella Striscia di Gaza. Il padre era pescatore. Studi alle scuole gestite dall’UNWRA, organizzazione delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, laurea in lingua e letteratura araba presso l’Università islamica di Gaza. Aveva aderito nel 1983 al blocco studentesco islamico, un gruppo considerato precursore di Hamas, fondato nel 1987. Era diventato giovanissimo segretario personale dello sceicco Ahmed Yassin, fondatore di Hamas. Sia la famiglia dello sceicco che quella del suo giovane braccio destro provenivano dalla zona di Al Jura, località palestinese a nord della Striscia i cui abitanti furono cacciati dall’esercito israeliano nel 1949 in quella che i palestinesi chiamano la “Nakba”, la catastrofe.
Yassin venne ucciso nel 2004 in un attacco israeliano. “Non dovete piangere. Dovete essere risoluti, dovete essere pronti per la vendetta”, disse Haniyeh alle persone presenti davanti all’ospedale Al Shifa. Haniyeh era stato in carcere in Israele dopo le manifestazioni di protesta tra il 1987 e il 1988, nel 1992 era stato nuovamente arrestato e deportato nel sud del Libano. Nel 1993 era diventato preside dell’università islamica a Gaza. E nel 2006 venne nominato a capo di Hamas nella Striscia, divenne primo ministro dopo la vittoria di Hamas alle elezioni per eleggere il Parlamento palestinese – le ultime elezioni nella Striscia dopo la guerra intestina tra Hamas e Fatah, che venne espulso dalla Striscia. Abu Mazen, a capo dell’Autorità Palestinese, non riuscì a fargli riconoscere gli accordi di Oslo né lo Stato ebraico.
Haniyeh rimase capo di Hamas a Gaza fino al 2017, quando lasciò la Striscia e divenne capo del Politburo dell’organizzazione, un organo di 15 membri con un ruolo politico e diplomatico. Dal 2019 viveva a Doha, in Qatar, dove aveva ottenuto asilo politico. Coordinava attività politiche e diplomatiche del gruppo e in questi mesi era stato anche il più importante negoziatore palestinese per arrivare a un cessate il fuoco, anche in presenza ad alcuni vertici. Le trattative erano appena ripartite nei giorni scorsi. All’interno della Striscia gli era succeduto Yahya Sinwar, ancora a capo dell’ala armata, considerato tra le menti degli attacchi dello scorso 7 ottobre che avevano fatto esplodere il nuovo conflitto in Medio Oriente.
“I morti e il sangue palestinesi servivano alla causa”, aveva detto Haniyeh quando era scoppiata la guerra. Possibile che nei prossimi mesi avrebbe dovuto lasciare Doha, forse per Istanbul, dove sarebbe stato accolto e protetto dal Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Aveva subito duri danni d’immagine per il suo asilo in Qatar mentre nella Striscia di Gaza il suo popolo moriva di stenti e di bombe – secondo il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas sono 39.363 i morti della Striscia al 299esimo giorno di guerra.
La reazione dell’Iran all’uccisione di Haniyeh
“La Repubblica islamica dell’Iran difenderà la sua integrità territoriale, il suo onore, e farà pentire gli invasori terroristi della loro azione codarda”, ha scritto il presidente dell’Iran, Massoud Pezeshkian, sul social X. “Il legame tra le due fiere nazioni dell’Iran e della Palestina sarà più forte di prima, e il cammino della resistenza e della difesa degli oppressi sarà seguito in modo più forte che mai”. Teheran ha promesso che Israele pagherà per l’operazione. “Da oggi il livello e il tipo di sostegno dell’Iran alla Palestina cambieranno”. I funerali di Haniyeh si terranno domani a Teheran.
Non è la prima volta che Israele colpisce in Iran, il Mossad ci era riuscito con diverse modalità e in diverse circostanze dai primi anni duemila. Abu Mohammed Al Masri, alto esponente di Al Qaeda, era stato eliminato nel settembre del 2020. A novembre dello stesso anno era toccato al padre del programma atomico Mohsen Fakrizadeh con una mitragliatrice guidata da remoto. Gli interrogativi che riguardano il futuro dei conflitti nell’area riguardano soprattutto due aspetti: la tempistica e il luogo dell’operazione. Un messaggio forte e un’azione mirata dalle conseguenze imprevedibili.