La svolta a U dell'ex premier

Renzi diventa fan del campo largo, ma Conte e Speranza lo stoppano: “Non basta una foto”

Il leader di Italia Viva profetizza: “Il voto anticipato si avvicina”. Calenda scettico. Ma l’ipotesi di tornare alle urne non la scarta neppure Meloni...

Politica - di David Romoli

26 Luglio 2024 alle 13:30

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Renzi Schlein abbraccio 22442583_small
Renzi Schlein abbraccio 22442583_small

Un Renzi così unitario, frontista, antifascista (pur senza adoperare il termine) non lo si era mai visto. Un’intervista al giorno, e sempre rincarando. È il primo paladino di Elly candidata premier, il nemico più giurato dei veti, il più magnanimo nel dimenticare il passato (offese incluse) e naturalmente nel chiedere ai recalcitranti di fare altrettanto. Quei recalcitranti ci sono. Avanzano dubbi, come Conte. Chiedono prove tangibili, come fa Speranza: “Non basta una fotografia”. Non andranno da nessuna parte. Elly ha già deciso e darle torto è impossibile. Ieri, l’ex nemico numero uno dei 5S ne ha tirata fuori un’altra, alla quale per la verità aveva già più volte accennato però mai così esplicitamente. “Le elezioni anticipate non sono più un tabù”: insomma la tenuta della maggioranza è a rischio, l’ipotesi del voto l’anno prossimo o all’inizio del 2026 è concreta, urge prepararsi per tempo. Dando vita a un fronte compatto nel quale lui figurerebbe in prima fila.

Ma c’è davvero il rischio di voto anticipato? I calendiani diffondono un’interpretazione dell’allarme rosso maliziosa e diffidente. No, le possibilità di voto anticipato sono più o meno inesistenti. Ma a Renzi lo spauracchio torna utile per garantirsi l’ingresso nel fronte anti Meloni, per mettere a tacere borbottii e mal di pancia, per giustificare la svolta a U della sua strategia e dei suoi obiettivi. È possibile che Calenda e seguaci abbiano ragione: la loro lettura delle parole di Renzi è senza dubbio sensata. Però sottovalutare le profezie dell’ex premier è sempre sconsigliabile. Quando avvertì che era partito il conto alla rovescia per il governo Conte 2 (che peraltro aveva creato lui) la presero a ridere. “L’uomo più impopolare d’Italia vuole sfiduciare il più popolare”, ironizzò D’Alema. Qualche settimana dopo il popolarissimo, al secolo Giuseppe Conte, sloggiava da palazzo Chigi.

Non che ci sia bisogno di andare così lontano. Qualche mese fa il profeta di sventure (altrui) dissertava su come la maggioranza in quel momento granitica di destra sarebbe entrata in crisi dopo le europee. Nella situazione di allora, pochissimo tempo fa, sembravano allucinazioni. Invece dopo le europee e in seguito alle europee la baldanzosa premier ha cominciato ad avvertire ovunque scricchiolii minacciosi: in Europa le hanno fatto terra bruciata intorno e gli equilibri europei dettano legge su quelli dei singoli Stati, a destra la guardano con sospetto per adoperare un eufemismo o come una mezza traditrice per aderire maggiormente alla realtà, nella maggioranza granitica hanno cominciato a comparire crepe che non rassicurano affatto, col capo dello Stato i rapporti sono passati da freddamente pessimi a brucianti. Se un attacco come quello di due giorni fa parte da un presidente cauto, ponderato, portato per temperamento e per ragionamento a evitare scontri con il governo il segnale è tempestoso davvero.

Basta a giustificare la profezia di Renzi? No. Salvini è entrato in modalità guerriglia permanente. Se Trump sarà presidente premerà sull’acceleratore a tavoletta, salvo frenare se il rischio di crisi si affacciasse davvero all’orizzonte. Piersilvio, che di Fi non è il leader però è il proprietario e il particolare pesa, vagheggia sconquassi centristi, quanto poco sopporti l’attuale premier lo si avverte a pelle. Ma prima che FI spinga fino a provocare la crisi, nelle condizioni date, l’erede dovrà passare su parecchi corpi, primo fra tutti quello di Tajani. Renzi queste cose le sa perfettamente. Pensa piuttosto a una crisi pilotata dall’alto, da Giorgia stessa, con l’obiettivo di domare e imbrigliare gli alleati prima che diventino pericolosi e gli avversari prima che riescano a compattarsi davvero. La tentazione Meloni ce l’ha davvero. Ma si tratta solo di una suggestione senza possibilità di concretizzarsi. Il rischio sarebbe altissimo, una nuova vittoria tutt’altro che certa. Il possibile guadagno sarebbe in compenso esiguo anche nella migliore delle ipotesi. Sempre alle prese con gli stessi alleati, magari un po’ ridimensionati ma neppure troppo, la presidente dovrebbe vedersela con le stesse perturbazioni di oggi.

La sola variante potenzialmente esplosiva è il referendum. In questi giorni Meloni ha provato a far sentire agli alleati il fiato bruciante del drago, facendo agitare da alcune voci del suo partito l’ipotesi appunto delle elezioni anticipate. Non si sono spaventati. I leader della Lega e di FI sono di lungo corso: sanno benissimo che la prima a rischiare sarebbe proprio la minacciante. Col premierato le cose cambierebbero, a quel punto le armi per minacciare, sottomettere e imbavagliare ci sarebbero. Mediaset fa già capire che certo appoggerà il premierato nel referendum ma senza sprecarsi troppo, lasciando il compito alla sola Rete4. La Lega ha mille modi per approvare la riforma in aula e poi far capire alla propria base che una sua bocciatura sarebbe conveniente. La temperie economica non promette un futuro prossimo rosa e anche questo potrebbe danneggiare, così come l’ostilità del capo dello Stato, che in Italia ha più ascolto e seguito di chiunque altro. Con il premierato a rischio e il sospetto di fronda degli alleati, Giorgia Meloni il banco lo farebbe saltare davvero. E in fondo proprio questo profetizza già da un pezzo il solito Renzi.

26 Luglio 2024

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