Quest’estate va il rosso Donald...
E in Italia spuntano i trumpiani rossi in estasi per il “discorso di sinistra” del duo Trump-Vance
Ci mancavano solo i trumpiani rossi, nella malandata Italia. Assai diffusi in rete, obnubilati dal risentimento verso quella che chiamano “la sinistra Ztl”, credono alla favola di un Trump raccoglitore del rancore operaio da altri abbandonato
Esteri - di Michele Prospero
Ci mancavano solo i trumpiani rossi, nella malandata Italia. Assai diffusi in rete, obnubilati dal risentimento verso quella che chiamano “la sinistra Ztl”, credono alla favola di un Trump raccoglitore del rancore operaio da altri abbandonato. Li ha scovati lo storico Mauro Canali, imbattutosi in una pagina Facebook dove penne un tempo accasate in via dei Taurini e intellettuali con un passato nel Pci sono caduti in estasi per il “discorso di sinistra” del duo Trump-Vance. Canali li ha paragonati a quei settori del mondo del lavoro “ipnotizzati da Mussolini che sventolava davanti ai loro occhi il mito del corporativismo”. Questi cosacchi diventati marines, incapaci di prendere le misure alla solita destra capitalista con riverniciatura protezionistica, abboccano all’esca rappresentata dalla retorica “socialisteggiante” del vice J. D. Vance, il “figlio della classe operaia” che – a detta loro – grazie alla sua lacrimosa elegia finalmente introduce nella battaglia politica istanze keynesiane e diritti sociali.
Nella convention del “movimento” che ha soppiantato il Gop i creduloni del web intravedono infatti la riscoperta del ruolo attivo dello Stato nel contrasto alle diseguaglianze. Ma fu The Donald, nella prima esperienza alla Casa Bianca, ad annichilire qualsiasi velleità di assistenza sanitaria minima. E il tycoon in persona reclutò 13 miliardari per incarichi di potere, atteggiandosi per giunta a regista di ampie concessioni fiscali per i ricchi. Il vecchio Marx viene lodato dagli allocchi per Trump perché, lui sì, aveva esortato i proletari inglesi a lottare contro gli irlandesi dalle mani callose i quali, proprio come gli stranieri di oggi, abbassavano i salari. A che giova ricordare che il rivoluzionario di Treviri sposò la causa irlandese arrivando addirittura ad auspicare una rottura del tradizionale Regno Unito?
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Un saggio del 2023 dello scienziato politico Andrew Kolin (Trump and Trumpism, Lexington Books) documenta che la base sociale del trumpismo è il larga parte composta dagli strati medio-alti della popolazione: il magnate newyorkese pesca alla grande tra i bianchi benestanti che guadagnano più di 75mila dollari all’anno e abitano in località tutt’altro che degradate. Il sostegno preminente, da castigatore artificiale delle élite, lo registra fra quanti intascano cifre che vanno dai 100mila ai 200mila dollari e, in ossequio al supremo condottiero, si mostrano disponibili all’azione violenta. Il recente libro di un repubblicano all’antica come Robert Kagan (Rebellion, New York, 2024) apre una interessante luce interpretativa: “la issue che ha portato avanti Trump è stata la razza, non l’economia”. Non soltanto gli operai meno scolarizzati nel 2016 si espressero in maggioranza per la candidata democratica, ma “tra gli elettori che negli exit poll hanno affermato che l’economia era la tematica fondamentale, la Clinton ha vinto di 11 punti, 52 a 41. Tra coloro che hanno dichiarato che l’immigrazione era l’aspetto di maggior rilievo, Trump ha sfondato con un margine di 31 punti, 64 a 33”. La discesa nello status economico, insomma, quasi per niente incide sulle fortune di un “outsider” che ha sedotto bianchi di ogni ceto inventando la formula magica anti-migranti: “build the wall”.
Una tendenza di lungo periodo vede negli Usa la contrazione dell’elettorato bianco, che era l’81% nel 2000 ed è calato al 67% quattro anni fa. “Sebbene abbia perso contro Biden nel 2020, Trump – scrive Kagan – ha comunque prevalso con 17 punti tra i votanti bianchi, 58 a 41”. L’oltraggio di un afroamericano nello Studio Ovale aveva acutizzato la salienza della questione etnica nelle scelte di voto. Secondo Robert Kagan, “la presidenza Obama ha risvegliato un razzismo latente in molti elettori, compresi quelli che optarono per Obama nel 2012 ma poi passarono a Trump nel 2016. Anche se alcuni analisti, come di consueto, vogliono spiegare questo fenomeno come una risposta all’insicurezza economica, una lettura più attenta rileva che gli elettori operai bianchi transitati da Obama a Trump lo hanno fatto principalmente per ragioni di etnia, non di classe”.
A tal proposito, Andrew Kolin rammenta che il tentativo di colpo di Stato del 6 gennaio 2021 fu guidato da cospiratori di estrazione sociale media motivati da passioni mobilitanti con una forte carica etnico-religiosa: “Lo sciamano di QAnon indossava un costume che costava centinaia di dollari, pagato col suo impiego di contabile. Gli insorti armati potevano permettersi di sborsare più di 1.000 dollari per un fucile AR-15. Questi guerrieri del fine-settimana, con l’assalto al Campidoglio, rivelavano una identità, quella bianca e virile”. E chi glielo dice ora ai nostri ingenui di sinistra che i loro eroi, arrabbiati giacché sfruttati, sono in realtà bianchi, cristiani e facoltosi che covano odio per le istituzioni democratiche? E che, quale convinto supporter trumpiano, figuri persino il giurista Richard A. Epstein, esponente di spicco della “Hoover Institution”, cantore della sacralità della proprietà privata e teorico del “small government”?